martedì 24 maggio 2016

SPIRITUALITA' E TRASCENDENZA - di Andrea Vona

Pubblico, con grande piacere, il contributo ricevuto da Andrea Vona sull'argomento, cui spero ne seguiranno altri ...

Spiritualità e trascendenza sono concetti archetipici, che si radicano in un passato così remoto da non poter essere forse nemmeno immaginato. In ognuno di noi sembra albergare il desiderio che tutto quello che vediamo e sperimentiamo sia solo una infinitesima parte di quello che in realtà esiste. E che il nostro corpo non sia niente altro che una macchina diretta e governata dalla nostra parte spirituale, alla quale abbiamo dato l’appellativo di anima e concesso tutto il nostro interesse. 

Dall’inizio, il quando non è importante, ci siamo sorpresi alla ricerca di “Dei” atti a spiegare il senso di una esistenza che evidentemente non siamo mai riusciti a comprendere completamente. Fatto salvo, naturalmente, per quello che riusciamo a percepire coi nostri sensi. 

Essere persone spirituali, secondo il mio modesto e personale parere, esula dal bisogno di sentirsi protetti e governati da un Dio. Non importa se tale entità, che va mutando da antropomorfa ad astratta per via delle scoperte scientifiche che decennio dopo decennio progrediscono, sia reale o inventata per disperazione o perfino convenienza. Per quello che si evince dalla storia conosciuta, la figura di Dio si incarna laddove hanno luogo eventi che non si riescono a spiegare. Il Sole, non a caso, è stato una delle prime divinizzazioni a cui gli uomini si sono dovuti assoggettare. 

Se è vero che l’ignoto ci affascina, è altrettanto vero che ci spaventa. Per questo motivo alle divinità sono sempre associati i loro antagonisti. Satana, nel nostro caso, ha una doppia funzione. Infonde una giusta quantità di paura e rende alla visione religiosa una coerenza narrativa, permettendo il perpetuarsi dell’eterna lotta tra il bene e il male secondo la nostra visione dualistica dell’universo. 

Tuttavia la spiritualità e il concetto di trascendenza, come dicevo, non c’entrano col bisogno di sentirsi protetti e, ahimè, deresponsabilizzati dalla figura di un Dio che ci tiene al sicuro dai suoi antagonisti. La spiritualità è sicuramente personale e si sviluppa o atrofizza in funzione del livello culturale di una persona o dell’ambiente in cui è cresciuta. 

Una religione organizzata nasce quando una corrente di pensiero fideistica si aggrega per mezzo di un carismatico leader religioso, spontaneamente o a tavolino, e si rende manifesta tramite precisi rituali simbolici. Purtroppo Il filo conduttore ed effetto collaterale di molte di queste organizzazioni è usare il concetto di spiritualità per fini che paiono esulare totalmente dal bisogno sincero di trovare un senso all’esistenza. 

Così, col passare degli anni, si sono divise nella mia testa due figure che abbracciano ognuna vari modi di approcciarsi alla faccenda. Il libero pensatore e il religioso. (L’ateismo, pure se ammorbidito dal suo aspetto agnostico non m’interessa. Si fonda, allo stesso modo della religione, su concetti opposti ma pur sempre fideistici). 

Il libero pensatore si pone domande in continuazione, senza l’assillo di una risposta. Esplora il pensiero umano in tutte le sfumature che può cogliere e ne cerca i significati nascosti. Individua in ogni alternativa una possibile strada verso una verità che, tuttavia, gli appare più come un’astrazione che come una realtà tangibile. Il religioso, da parte sua, convive con un disperato bisogno di risposte ai misteri dell’esistenza. Il pilastro delle sue convinzioni è la fede. E’ di conseguenza più portato al rispetto di un dogma che a un’apertura verso gli innumerevoli modi di porsi alla vita. 

Ognuno abbraccia la corrente di pensiero che più gli si addice secondo le proprie esperienze di vita vissuta. 

Penso che spiegare la realtà tutta con un Dio che si è messo a edificare l’universo in poco tempo sia troppo comodo. Per questo considero Ia visione religiosa semplicistica. A essa si contrappone il modello scientifico. Ma anche la scienza, strano a dirsi, manifesta comportamenti fideistici. Per ironia della sorte, col passare dei secoli e per contrapporsi alla visione religiosa, è andata ad assomigliare sempre di più a una religione che a un insieme di discipline olistiche e possibiliste. Difatti, credere e quindi dare per scontato a priori che la materia si organizzi in forme sempre più complesse per una proprietà insita della materia stessa, non è forse come credere in un Dio? 

La storia, inoltre, ha dimostrato e dimostra ancora oggi, che affidare ciecamente la propria esistenza addosso a un credo può essere molto pericoloso. La fede, infatti, per sua natura genera conflitto. Chi l’abbraccia è convinto di essere nel giusto, e non ammette alternative o possibilità alle sue credenze di base. Così non c’è bisogno che io stia qui a elencare tutto quello che è successo nel corso dei millenni e che continua ad accadere oggi a causa di convinzioni religiose estreme, soggette peraltro a raggiri e manipolazioni con secondi, terzi e quarti fini, ma sempre di lucro.

A volte mi metto a fantasticare, perché per ora sembra non si possa fare molto altro, sul fatto che tutto ci risulta così difficile e frustrante perché siamo capitati in uno spazio di universo disabitato. Così, sentirsi soli e abbandonati al cospetto degli immensi spazi siderali, non è certo una bella sensazione. E’ per questo, forse, che tendiamo a divinizzare ogni cosa che non riusciamo a capire o decifrare. Una grande sensazione di solitudine.

Parole sante quelle di chi ha sostenuto che una fede può servire anche a migliorare la vita di qualcuno. Va coltivata nel tempo e rafforzata, a patto che non venga spacciata per la verità. 



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