venerdì 30 dicembre 2016

MEZZO SECOLO

Fra trentasei giorni per uno strano volere del destino festeggerò il mio cinquantesimo compleanno, 18.250 giri del pianeta Terra attorno alla sua stella.
Per una qualche ragione a me sconosciuta sono sopravvissuto a due incredibili incidenti stradali: un cappottamento multiplo in un freddo mattino domenicale sulla via Appia Antica di ritorno da una discoteca con frattura della scapola e macchina (Micra) distrutta, circa 25 anni fa, e una caduta in motocicletta (la mia amata Honda custom) sulla Roma - Napoli all'altezza di Cassino, con svenimento (mi sono svegliato in ospedale), frattura del gomito e moto distrutta (in entrambi i casi le riparazioni mi sono costate quasi come l'acquisto del nuovo), nella primavera del 2006 mentre, ironia della sorte, mi recavo a Barletta per il funerale della madre di mio cognato.
Oltre a ciò, già di per se alquanto stupefacente visto che si può perdere la vita per incidenti autostradali molto meno invasivi, molte altre volte mi sono trovato in situazioni al limite dal quale sono uscito miracolosamente senza un graffio o danni collaterali ai mezzi sui quali viaggiavo: tra i miei ricordi vive un viaggio in un area carretta a sei posti che feci da Caracas alle isole Los Roques in Venezuela alla fine del quale, dopo oltre mille chilometri di sorvolo dell'oceano praticamente in apnea (il velivolo era privo di aria condizionata, di cinture di sicurezza ed, ovviamente, di qualunque altro oggetto per un ipotetico salvataggio) atterrammo miracolosamente su di un lembo di spiaggia in quanto il presunto pilota probabilmente sbagliò la manovra di atterraggio su quella che dall'alto dei cieli appariva come una pista di atterraggio di un ipotetico scalo aeroportuale privo, tra le altre cose, di una torre di controllo; qualche anno dopo, fece notizia la morte di due persone di Ariccia, in viaggio di nozze credo di ricordare, che perirono nella caduta nell'oceano dello stesso modello di aereo (magari era il medesimo) nello stesso percorso.
Mi sono trovato molte volte a riflettere su questi accadimenti senza essere riuscito, ovviamente, a darmi una risposta convincente sul perché io sia riuscito ad uscirne vivo; resta, quindi, il fatto che il fato ha voluto che io continuassi il mio percorso, di cui ora sto raccontando alcuni episodi, che lo hanno, inevitabilmente, segnato.
Ho sempre creduto, sin dall'infanzia, che pur se apparentemente artefici del nostro destino questo, nella realtà, sia predeterminato pur non avendo alcuna idea né sul perché questo assunto mi sia sempre appartenuto né, tanto meno, sul perché io gli faccia piena professione di fede.
Mi ritengo, a torto o ragione, un essere biologico senziente e razionale, lontano da ogni deriva trascendente e spirituale, profondamente immerso nella convinzione che l'essere vivo è fine a se stesso, ovvero che essendo l'uomo perituro, per l'appunto, il meglio che può avere lo debba ricercare nel breve, o lungo a seconda dei punti di vista, periodo della sua esistenza corporea. 
Non posso però negare a me stesso che il mistero che avvolge la nostra, mia, esistenza contenga qualcosa di irrazionale che sfugge ad ogni possibile considerazione dell'intelletto; perché io sia ancora vivo nonostante quello che mi è successo, anche a causa della mia imprudenza, ed altri, che magari abbiano posto maggiore attenzione alle loro azioni, no destabilizza sempre più le mie radicate credenze su come in realtà debba essere considerata l'esistenza dell'uomo (ammesso che questa sia a tutti gli effetti la realtà fattuale).
Il quattro di febbraio 2017, quindi, dovrei festeggiare i miei cinquanta anni, ammesso che il fato voglia ciò ... nel frattempo continuerò a pormi domande di cui non avrò mai una risposta, pur se questo, e lo dico sottovoce, non è quello che in verità sono convinto che accadrà ... 

mercoledì 28 dicembre 2016

MAINFRAME

Tutto quello che viviamo potrebbe essere in realtà virtuale, ovvero predeterminato da relazioni matematiche sviluppate in codici di programmazione inseriti in un mainframe che a sua volta li ridistribuisce in stazioni operative periferiche che a loro volta li ridistribuiscono in stazioni operative locali nelle quali la presunta realtà viene in effetti visualizzata.
Si, lo so, è la tesi sostenuta nella celeberrima trilogia di Matrix, chi non l'ha vista gli consiglio di farlo, che partendo da un punto di vista religioso, l'attesa dell'Eletto (ovvero il Messia), rappresenta un mondo che viene apparentemente vissuto tramite, appunto, l'elaborazione continua di "matrici matematiche", ma che nella realtà vede gli umani come esseri biologici coltivati da macchine al fine di usarli come fonte di energia per la loro stessa sopravvivenza.
Per quanto possa sembrare paradossale è forse però la tesi di quella che definiamo "fantascienza" che più si avvicina alla realtà, se così ci possiamo permettere di chiamarla.
Se proviamo a considerare con estrema attenzione lo sviluppo tecnologico della nostra società non possiamo non prendere atto di come le rappresentazioni di "realtà virtuali" siano sempre più presenti nel nostro quotidiano, e di come noi le stiamo sempre più metabolizzando come contigue alla realtà che crediamo tale.
Viviamo in un mondo di "immagini"riprodotte continuamente sulla tecnologia che crediamo di saper controllare in virtù del fatto che la possediamo, ma di cui, in realtà, non sappiamo nulla e che usiamo forse per l'uno per cento delle capacità che la stessa può consentire.
Compriamo sofisticati computer, che usiamo come telefoni, che possiedono più microchips dell'elaboratore che, dicono, ci ha portati sulla Luna (ho forti dubbi in proposito); esercitiamo una leggera pressione sul vetro dello schermo per "premere" una "app" (c'è un app per tutto ...) e visualizziamo immagini che accettiamo come reali per il solo fatto che queste appaiono e che se ci piacciono condividiamo con i nostri contatti facendole diventare "virali", senza chiederci se quello che vediamo appartenga effettivamente alla realtà che crediamo di conoscere.
La riproposizione di queste senza soluzione di continuità crea un mondo parallelo virtuale nel quale siamo profondamente immersi tanto da crederlo, appunto, reale, né più né meno come nella profezia celebrata nel film di presunta "fantascienza" Matrix.
La "rete" assurge così al ruolo di mainframe, convogliando quello che vuole nelle ramificazioni periferiche sino a raggiungere ogni singolo individuo dell'apparente mondo reale, proiettandolo, invece, in una realtà precostituita nella quale emergono all'improvviso figure  che assumo, per una qualche oscura ragione, ruoli di megafoni di quello che esplode successivamente come pensiero dominante sul pianeta.
Si, lo so, è fantascienza. Si, lo so, esiste il libero arbitrio. Si, lo so, possiamo sempre tenerla spenta la nostra stazione periferica. Si, lo so, ma lo facciamo? ...



martedì 27 dicembre 2016

L'ARROGANZA DELL'INETTITUDINE

Quella che mi appresto a fare è un'amara considerazione sulle conseguenze dell'assunzione di potere da parte di persone che tutto dovrebbero avere ricevuto dalla vita tranne assurgere a ruoli istituzionali nel nostro apparente sistema democratico.
Prima di ricevere, per una qualche oscura ragione, una qualunque investitura popolare queste persone conducono le proprie campagne elettorali sulla presunta inettitudine di chi anelano a sostituire, puntando il dito sui ripetuti errori, tralasciamo per quieto vivere le accuse di disonestà su cui si fondano oramai tutti i variopinti programmi elettorali che prorompono dai vari partiti e/o organizzazioni che compongono il nostro sistema politico, che questi avrebbero commesso nel corso della durata dell'incarico ricevuto.
Ricevuto quanto richiesto dall'elettore i presunti novelli dioscuri di quella che è stata definita, a torto o ragione, una scienza ovvero la politica, non fanno altro che sostituirsi ai precedessori cercando di imporre in tutti modi consentiti la "propria" idea del concetto di amministrazione, fregandosene di cercare la necessaria condivisione delle magnifiche idee che partoriscono negli anfratti delle loro diaboliche menti.
Quello che poi rende tutto veramente paradossale è che quando l'inettitudine a ricoprire l'incarico ricevuto per grazia si palesa inequivocabilmente, queste persone trovano rifugio nell'arroganza dell'imposizione al popolo bue delle loro presunte magnifiche idee.
L'altra assurdità che si manifesta ciclicamente, poi, per difendere il proprio indifendibile operato è la scusa della ferrea opposizione al presunto rinnovamento dei così detti "poteri forti" che trascorrerebbero, a loro parere, il tempo a cercare di denigrare quanto di buono questi novelli dioscuri della politica italiana starebbero tentando di fare.
Non, quindi, una severa autocritica sulle proposte emanate accompagnata da una diffusa ricerca di consenso, ma un arroccamento sull'impossibilità di fare in quanto ostacolati dalla fantomatica, quanto potente, organizzazione dei "poteri forti", che avrebbe come compito primario quello di ostacolare chiunque cerchi di deviare da un certo percorso prestabilito.
Una nazione non può crescere culturalmente basandosi su questi ridicoli e pretestuosi presupposti, ovvero sulla continua ricerca di giustificazione di quanto chi è stato incaricato per investitura popolare non è in grado di fare per deficienze di conoscenze e, sopratutto, di personalità.
Una classe dirigente solida non si crea dal nulla e, soprattutto, non parla al popolo con "slogan pubblicitari" indegni a certi livelli; non postula il futuro di una società procedendo a tentoni, e, soprattutto, non crede di avere certezze sul quanto si appresta a fare ma, bensì, spera che quanto sta cercando di proporre produca risultati in un futuro prossimo.
Una classe dirigente vera non è arrogante perché sa bene che è proprio nell'arroganza che può decadere da essere tale, in quanto considerare un popolo "bue" non ti rende più forte ma molto, molto fragile.
Ho avuto la fortuna di conoscere persone molto importanti ed quello che ho potuto constatare è che tutte queste sono molto umili pur possedendo straordinarie capacità intellettive, e questa è una cosa di cui ho fatto tesoro ed è anche la spiegazione che mi sono dato per gli arroganti che popolano il sistema politico italiano ... 


giovedì 22 dicembre 2016

IL GORMITA SENZA NOME

Nell'epico scontro che vide contrapposti Leander e Drakonius un anonimo Gormita recitò un ruolo che si rivelò, infine, decisivo, seppur questi non fu mai menzionato nell'epopea del misterioso popolo che visse sull'isola di Gorm.
"Il Gormita senza nome" non possedeva alcuna speciale qualità, né era dotato di una particolare intelligenza, aveva fama, oltretutto, di essere un pavido e protendere sempre e comunque per soluzioni accomodanti; evitava, fin dove gli fosse possibile, di prendere posizione su questo o quello.
Viveva isolato, per quanto gli fosse concesso, e cercava in ogni modo di passare inosservato, trastullandosi nel suo pacifico approccio alle cose della vita, scevro da elucubrazioni filosofiche, religiosi e politiche, attività di cui non riteneva essere degno.
Nel susseguirsi degli eventi lui cercò, riuscendovi, di restare in disparte, come spettatore non pagante mentre il suo popolo combatteva l'eterna battaglia fra bene e male, la quale nel momento che il suo intervento si rivelò decisivo, vedeva alla guida della contrapposte fazioni Il Sommo Luminiscente ed Obscurio.
Passeggiando indisturbato in una zona remota dell'isola di Gorm incontrò per caso il Vecchio Saggio, che seduto all'ingresso di una oscura caverna meditava su cosa fosse possibile fare affinché il bene prevalesse sul male in via definitiva.
Il Vecchio Saggio, preso dai suoi alti pensieri, non lo degnò neanche di uno sguardo, cosa che lasciò completamente indifferente il Gormita senza nome, in quanto aveva fatto l'abitudine ad essere ignorato dal suo popolo; si avvicinò comunque al Vecchio Saggio chiedendogli cosa stesse facendo lì, lontano dall'epicentro della battaglia che vedeva, al momento, il bene soccombente alla furia del male.
Il Vecchio Saggio, infastidito dalla sua presenza, non rispose. Il Gormita senza nome, non affatto sorpreso dalla sua reazione, riprese così la sua passeggiata; fece alcuni passi per allontanarsi, poi, ripensandoci, tornò indietro.
Ripeté la domanda usando un tono più deciso, quasi di sfida, sorprendendosi egli stesso per l'autorità che aveva inferto alla sua espressione più di quanto ne fu sorpreso il Vecchio Saggio.
Ci fu un lungo momento di silenzio, che fu rotto dalla sincera ammissione del Vecchio Saggio di non avere idea di quale strada intraprendere per ribaltare la situazione che appariva alquanto compromessa.
Il Gormita senza nome ascoltò quanto il Vecchio Saggio ebbe a dire, poi sorrise e gli disse di affidare gli Occhi della Vita al dinosauro Razzle e di farli portare sulla terra; ci fu ancora un momento di silenzio, poi Il Gormita senza nome salutò e riprese il suo cammino.
Il Vecchio Saggio comprese all'istante le potenzialità della proposta ricevuta e decise di attuarla senza remore, cosa che comportò, alla fine, la vittoria del bene sul male.
Nel momento dei festeggiamenti per la vittoria il Vecchio Saggio cercò ripetutamente il Gormita senza nome, ma non riuscì più a trovarlo e così il merito dell'idea fu ascritto per sempre al suo nome, come oggi è noto nei racconti sull'epopea dei gormiti ...








mercoledì 21 dicembre 2016

ACCATTETEVILLE

C'è qualcosa di perverso che permea il nostro parametro di valutazione riguardo alle capacità individuali di chi opera nelle istituzioni, alieno e indifferente alla necessaria astrazione dalla provenienza politica della persona stimata.
I giudizi, così drogati, risultano del tutto inaccettabili in quanto carenti della dovuta serenità nella valutazione di quanto ci si appresta a commentare; se continuiamo ad arrocarci su posizioni precostituite non sarà mai possibile un confronto costruttivo su quello che occorrerebbe fare e sul come procedere una volta stabilito l'obiettivo da raggiungere.
Un'idea dovrebbe essere valutata in quanto tale e non in base alla fonte di provenienza, che non può mai essere considerata aprioristicamente detentrice del sommo sapere in quanto scelta individualmente.
Se non riconsideriamo il nostro approccio al bene comune ed alla sua amministrazione continueremo ad essere sommersi da polemiche continue senza soluzione di continuità, dovute non alla necessaria discussione di quanto proposto ma alla fonte della proposizione, che rappresenta, inequivocabilmente, lo scoglio culturale più arduo da valicare.
La dicotomia destra/sinistra, seppur sepolta dagli eventi storici che si sono susseguiti, continua a essere la pietra miliare del metro di valutazione da adottare nel giudizio da profondere essendo assurta nel nostro Paese al livello dell'eterno scontro teologico fra bene e male.
Seppur con interpreti e forme rappresentative nuove e diverse, nell'immaginario collettivo queste vengono, forse inconsciamente, riallineate alle ideologie imperanti nel secolo scorso, causando quello che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Il sistema partitocratico è divenuto obsoleto, questo dovrebbe essere chiaro seppur non lo è, e l'esplosione del movimento 5 stelle come associazione politica, oltre tutto vietato dalla Carta Costituzionale, rappresenta l'emblema delle tesi che sto cercando di esporre.
Libere associazioni di cittadini sono già state costituite a vari livelli da molto tempo, qualcuna per necessità si è poi trasformata in partito (Lega Nord), altre sono restate nel limbo indefinito nel quale le pone, appunto, la Costituzione ma tutte stanno li a testimoniare l'inadeguatezza del sistema politico italiano fondato sui partiti.
Quello che occorrerebbe, ora, è la necessaria e dovuta regolarizzazione costituzionale di queste associazioni al fine di reindirizzare il sistema istituzionale regolatore della vita pubblica.
Se non si prende coscienza di ciò nel futuro sarà sempre più difficile eleggere governi stabili che possano attuare un programma teso a mantenere l'Italia nel livello del contesto mondiale nel quale oggi si trova.
Se non si trova il coraggio di rompere il muro e passargli attraverso, che ve devo dì ... questo c'è ... accattateville ....


martedì 20 dicembre 2016

L'ANACORETA

E' possibile nell'invasiva attuale società occidentale praticare un anacoresi che possa definirsi tale?  Ovvero, è possibile vivere ponendosi fisicamente al di fuori della stessa?
Da un punto di vista strettamente pratico certamente no, il bisogno di produrre un minimo di reddito che possa permetterti di vivere non può consentirtelo, quindi se ci atteniamo pedissequamente al significato etimologico del termine, ovvero "ritirarsi in un luogo solitario", appare completamente fuori luogo il suo utilizzo per definire una situazione di distacco dalla realtà fattuale nella quale viviamo.
Se però riconduciamo, estendiamo, tale concetto al ridurre al "minimo indispensabile le relazioni sociali", il termine potrebbe essere usato per l'esperimento che sto cercando di attuare da qualche tempo.
Quello sto tentando di fare può apparire come la follia degenerativa di una mente malata, è forse in parte lo è, ma l'idea mi si è insinuata dentro tempo addietro e dopo vari tentativi falliti credo di aver finalmente trovato la convinzione per attuarla.
Non potendo abbandonare il lavoro, per ovvi motivi, ho deciso di rarefare la mie frequentazioni sociali fino al minimo che mi consenta di non perdere del tutto i contatti con le persone che fanno parte da tempo della mia vita, distaccandomi, nel contempo, da tutte le attrattive che la socialità può propormi per trascorre il mio tempo libero; ho, inoltre, deciso di non utilizzare più il telefono portatile come mezzo di comunicazione, ovvero l'ho chiuso in un cassetto.
Le mie uniche apparizioni pubbliche, se così è possibile definirle, le pratico tramite questo blog e facebook, piattaforme pseudo relazionali che non possono in alcun modo sostituire un contatto fisico reale.
L'esperimento è teso a verificare la mia capacità di sopportazione di una situazione di auto esclusione da quella che definiamo vita reale, al fine di ricercare un equilibrio interiore scevro dalle interferenze esterne derivanti da obblighi sociali ai quali mi sono reso conto di dover continuamente sottostare.
Non come una fuga, quindi, da una pressione costante dovuta alla manutenzione di rapporti di varia natura, ma bensì come una necessità individuale di, appunto, benessere spirituale e contemplativo di ciò che in realtà sono.
Ovviamente ciò non interessa nessuno se non me stesso, e lo scrivo solo, ed esclusivamente, al fine di auto sostenermi in questa prova che può apparire, e forse lo è, nonsense ...




lunedì 19 dicembre 2016

IPOTESI DI POSTULATO

Se fondiamo nel concetto di "onestà" il presupposto ineludibile per una "buona condotta politica" a cosa dovrebbe sottintendere il medesimo?, ovvero quando il comportamento politico che ci apprestiamo a sindacare può definirsi tale?
E' onesto chi non prende soldi per avvantaggiare questo o quello oppure è onesto chi ricava da comportamenti condannabili dalla legge un acclarato bene comune? 
Se il fine giustifica i mezzi, e se, quindi, il politico che finisce sotto processo e viene condannato ha però ottenuto quello che aveva promesso in campagna elettorale, il giudizio del popolo deve essere necessariamente negativo?
Viceversa, se il medesimo politico facendo riferimento alla stella polare dell'onesta non ottiene ciò che il popolo ritiene ineludibile, il giudizio sul suo operato deve intendersi ugualmente necessariamente negativo?
Nel momento in cui la sovranità popolare concede ad un tizio di poter disporre della cosa pubblica affinché questo possa poter raggiungere gli obiettivi sbandierati prima delle elezioni, cosa ritiene che lo stessa debba fare per accontentare i suoi elettori?
Nel momento decisionale chi tiene l'istituzione è solo; si sarà consigliato, avrà ascoltato, avrà valutato tutte le possibili alternative ma, comunque, arriverà un momento in cui dovrà necessariamente assumere una decisione definita su quanto sta per promulgare.
Se nel vaglio delle possibilità quella che appare la più giusta in relazione alle aspettative sociali potrebbe comportare un rischio giudiziario da assumere sulla propria persona, quale sarebbe la scelta giusta da fare? Optare per una soluzione sicura ma mediocre oppure correre il rischio e protendere per quella in cui potrebbe ritrovarsi difronte ad un giudice per giustificarla?
Quante scelte che poi si sono rivelate corrette hanno avuto per presupposto un comportamento non in linea con il dettame legislativo?
Quale è il vero significato del potere politico? E può questo essere alieno alle regole prestabilite in virtù della "Ragion di Stato" che gli e propria?
La persona che ha guidato sette governi italiani, conducendola in quello che è passato alla storia come il "boom economico", giudicata in un tribunale come mandante di un omicidio, avrebbe potuto avere come attenuante, qualora ciò fosse stato vero, che la decisione sarebbe stata presa in forza dell'allora "Ragion di Stato"?
E se nel collegio giudicante ci fosse stati voi, qual'è la decisione che avreste preso in proposito? 
Il fine giustifica sempre i mezzi fino a quando produce un diffuso benessere o i mezzi non giustificano mai un fine pur se ritenuto socialmente apprezzabile?




domenica 18 dicembre 2016

IL CAPO COMICO

Che questo sia uno strano Paese è cosa nota, acclarata, ineludibile, ma quello che sta accadendo nel sistema politico italiano è qualcosa di veramente incredibile.
La sfiducia nelle istituzioni ha raggiunto livelli impensabili fino a qualche tempo fa e ciò ha comportato un disorientamento nel popolo in quanto ha eroso certezze che sembravano consolidate, causando, nel contempo, la frantumazione delle ideologie dominanti sulle quali tutto il sistema era stato edificato.
La fine della Prima Repubblica causata dallo scoperchiamento di una diffusa corruzione e lo sdegno che ne è seguito ha aperto una voragine che non si riesce più a chiudere; l'intoccabile classe dirigente politica non è stata più tale dopo "mani pulite" ed è finita costantemente nel mirino della magistratura, tanto da esserne, oramai, completamente succube.
L'ascesa politica di Silvio Berlusconi, che per primo comprese il vuoto che si era creato nel nostro sistema politico, fondatore del "partito di plastica", ha cambiato radicalmente il concetto di politica al quale gli italiani erano abituati; il famoso "discorso del predellino" ha segnato, inequivocabilmente, un tratto distintivo tra il prima ed il dopo.
L'idea che potesse nascere e proliferare un associazione politica completamente estranea ai modelli esistenti all'epoca ha prodotto una reazione a catena di cui oggi si stanno manifestando chiaramente gli effetti.
L'idea di produrre nel tempo una classe dirigente dedita all'attività politica, allevando giovani in apparenza promettenti e legati all'ideologia nella quale avrebbero costruito le loro carriere, è svanita nel momento in cui il concetto che potesse  "fare politica" chiunque ha preso piede e si è radicata nel pensiero comune.
Il modello esistente, da quel momento, è evaporato senza che ce ne fosse uno pronto a sostituirlo, creando quella diffusa incertezza di cui oggi stiamo verificando gli effetti.
Il popolo, in cerca di nuovi orientamenti, ha iniziato ad affidarsi più all'istinto che ad un ideologia creando disorientamento anche in una classe politica non all'altezza delle pretese di una nazione che sta cambiando il suo modo di pensare.
In questa mancanza di riferimenti chiari e certi un Capo Comico ha trovato il suo spazio facendo emergere un movimento teso alla salvaguardia di valori chiave predeterminati di facile presa sulla popolazione.
La costante crescita ha comportato, poi, una necessaria assunzione di responsabilità istituzionali nelle quali il predetto movimento sta muovendo i primi incerti passi, facendo assurgere l'uomo qualunque a ruoli qualche tempo addietro inaccessibili.
Quello a cui occorre porre attenzione, a mio modo di vedere le cose, sono i dogmi sui quali il Capo Comico muove le sue pedine; le rivoluzioni populiste possono essere efficaci, ma possono anche avere derive incontrollabili. 
Il senso democratico non può risiedere in un unica volontà, per sua natura. Ho sempre diffidato dell'uomo solo al comando, ed ora più che mai. Forse sono in errore a considerarlo tale, ma prestare attenzione all'evolversi dell'attuale situazione politica non può non essere preso in considerazione da parte di un popolo che voglia definirsi tale.



mercoledì 14 dicembre 2016

IL PRODOTTO "CALCIO"

(vedi anche soccer league serie A)

Rifletto oramai da molto tempo sul "prodotto calcio", offerto oramai quotidianamente dalle due pay per view che operano sul territorio nazionale, e più lo faccio tanto più me ne distacco.
La visione della partita è preceduta dalle interminabili analisi degli esperti, quasi sempre ex calciatori, che producono banalità senza soluzione di continuità oltre tutto molte volte sconfessate dall'andamento della partita.
Gli altrettanto interminabili post partita, analizzati dai medesimi esperti del pre, arricchiti, per così dire, dalle interviste ai protagonisti, ovvero calciatori e allenatori (lasciamo stare i presidenti), sono ancora più stucchevoli e surreali; se fossero mandate in onda le immagini di una partita della giornata precedente e la facessimo seguire dalle immagini del post partita di quella appena visionata ascolteremmo le medesime parole vuote e di circostanza.
Le partite poi, nonostante l'enfasi profusa dai commentatori, oramai più venditori che cronisti, la maggior parte delle volte offrono uno spettacolo desolante, in stadi quasi sempre vuoti nei quali oramai è anche proibito tifare (non riesco a capire, in proposito, come si possa vietare la libertà di espressione sancita dalla Costituzione Italiana, di gran moda in questo momento).
Esistono e sopravvivono nel nostro Paese tre quotidiani sportivi, quasi tutti interamente dedicati al calcio, e tutti i maggiori quotidiani nazionali contengono almeno due pagine di cronaca sportiva; cosa trovino da dire ogni giorno resta per me un mistero.
A Roma, ma anche in altre città italiane, ci sono poi trasmissioni radiofoniche dedicate interamente ad una squadra, che ogni giorno propongono un fiume di parole accompagnate dalle opinioni telefoniche di esperti e finanche ascoltatori, che devono essere comunque un numero elevato visto che queste trasmissioni vivono della raccolta pubblicitaria che è legata agli ascolti.
A quanto ne so, poi, seppur per pochi intimi, sussistono ancora programmi televisivi su canali locali storici che propongono fiumi di parole, magari anche immagini di repertorio, accompagnate, pensate un po, dalle opinioni dei medesimi esperti dei network nazionali e delle radio e finanche dalle telefonate degli spettatori.
Se fosse possibile sommare tutte le parole che vengono dette e scritte giornalmente sui media sul "prodotto calcio" arriveremmo, credo, a numeri a nove zeri,  che se moltiplicati per i restanti 364 giorni produrrebbero un numero mostruoso.
Se facessimo lo stesso calcolo per argomenti culturali (escludo la politica da questo discorso in quanto oramai la dialettica, una volta elitaria, è  stata ridotta ad una rissa quotidiana dalle persone che la frequentano senza avere alcun merito in proposito) cadremmo nello sconforto più totale, in quanto le parole dette e scritte sarebbero davvero poca cosa rispetto al "prodotto calcio" ed, oltretutto, dovremmo anche prendere atto che i numeri di chi le legge od ascolta potrebbero risultare statisticamente ininfluenti.
Tutto questo, a mio modesto avviso, rappresenta inequivocabilmente lo specchio di un Paese che crede di essere all'avanguardia mentre nella realtà fattuale è divorato dall'insipienza nonché da una radicata pigrizia dell'apprendimento.
Non è possibile cambiare un modello socialculturale se prima il cambiamento non sopravviene negli interpreti che dovranno poi attuarlo, e per far ciò che questo accada occorre una ferrea volontà di migliorarsi.
Credere di sapere resta il più grande difetto degli italiani e la migliore testimonianza in proposito è quanto sta producendo il movimento apparentemente rivoluzionario "5 stelle", che per una qualche oscura ragione ha in mano il cerino per accendere la miccia di un'esplosione nucleare, ma che non sfregherà mai per accenderne la fiamma perché, come ho più volte ripetuto, a dire "no" non ci vuole nulla ma per dire "potremmo fare" anziché "faremo" occorre una sensibilità sconosciuta a queste latitudini ...





lunedì 12 dicembre 2016

ARCHIVIO AKASHICO - parte seconda

Esiste veramente un archivio universale dove è depositato tutto lo scibile apprendibile? E, se si, come è possibile accedervi? La domanda, apparentemente senza risposta, trova un suo fondamento nella nostra storia evolutiva, ovvero di progresso tecnologico e di sviluppo delle capacità umane ancora oggi non completamente conosciute, quindi limitate.
Rileggendo attentamente quanto l'uomo è stato capace di creare non possiamo non notare come ci siano stati lunghi periodi di stabilità di conoscenza alternati da periodi di grande espansione della stessa, ovvero salti temporali che ci hanno condotto a dove siamo oggi.
Se prendiamo in considerazione solo gli ultimi 70 anni, ovvero dalla seconda guerra mondiale in poi, non possiamo non stupirci di quanto l'uomo è stato in grado di sviluppare come tecnologia e di come questa abbia notevolmente influenzato il nostro modo di vivere.
Se pensiamo che nel breve periodo intercorso fra la prima e la seconda guerra mondiale, nel quale era facile ipotizzare una grande stasi dello sviluppo atteso che l'europa occidentale, culla del sapere scientifico e del progresso tecnologico (la rivoluzione industriale inglese ha segnato l'inizio di una era completamente diversa da tutte le precedenti con l'imposizione di nuovi modelli scientifici, culturali e societari), era tesa alla sua completa ricostruzione, è esplosa una tecnologia di cui ancora oggi ignoriamo l'origine, quasi tutta completamente pensata e realizzata nella Germania che poi si sarebbe ritrovata sotto l'egida nazista, non possiamo non porci la domanda di partenza di questo post.
I salti evolutivi umani, andando a ritroso nel tempo, si sono concentrati tutti in periodi più o meno lunghi ovvero non sono stati lineari e progressivi; si sono alternati periodi di oscurità e periodi di luce, nei quali grandi menti hanno sostituito completamente i modelli scientifici conosciuti con altri migliori che hanno condotto a livelli di vita superiori permettendo, nel contempo, di far accedere grandi masse di persone ad un livello di conoscenza prima impensabile.
In questi periodi lucenti si sono verificati anche strane situazioni di scoperte e invenzioni simultanee, tra le quali, che citiamo solo a titolo esemplificativo, il telefono e la corrente elettrica, cosa che ci conduce di nuovo al punto di partenza, ovvero la domanda se può esistere o meno un archivio universale dove è depositata tutta la conoscenza che si sviluppa, appunto, nell'universo alimentato da forme di vita biologiche senzienti mentre scrivono il loro libro della vita.
A questo archivio, o registro akashico, potrebbe poi essere concesso l'accesso a forme di vita biologica superiori, ovvero dotate di particolari capacità intellettive (predestinati) a cui sarebbe stato assegnato un ruolo di sviluppo della forma di vita di appartenenza; gli accessi sarebbero prestabiliti in base alla metabolizzazione di quanto proposto in precedenza ovvero dell'assorbimento della razza delle novità e del sua grado di apprendimento.
Si, lo so, tutto ciò può sembrare alquanto irreale, per non dire surreale, ma le testimonianza elencate nella prima parte di questo post potrebbero condurre al ragionamento che sto proponendo in questa seconda parte, tesa esclusivamente a proporre un argomento di riflessione su ciò che in realtà siamo e di come in realtà ci sviluppiamo.
L'attuale comunità scientifica mondiale è molto in fermento sulle possibilità dell' esistenza del registro Akashico, che viene, quindi, considerato, non  da un punto di vista spirituale, ovvero immanente, ma come ipotesi reale di studio basato su criteri accettati dalla scienza ...






sabato 10 dicembre 2016

ARCHIVIO AKASHICO - parte prima


(fonte: http://www.innernet.it/larchivio-akashico-il-libro-della-vita)

Esodo 32:33

31 Mosè ritornò dal Signore e disse: "Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. 32 Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato ... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!".
33 Il Signore disse a Mosè: "Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me". 

Rudolf Steiner (1861-1925), filosofo, pedagogista e fondatore della Società Antroposofica.

"… l’uomo è in grado di penetrare alle origini eterne delle cose che svaniscono con il tempo. In questo modo egli amplia la sua facoltà cognitiva se, per quel che riguarda la conoscenza del passato, non si limita alle evidenze esteriori. Poi egli può vedere negli eventi non percepibili ai sensi quella parte che il tempo non è in grado di distruggere. Egli passa dalla storia transitoria a quella non-transitoria. È un fatto che questa storia sia scritta in caratteri diversi rispetto a quella ordinaria. Nella gnosi e nella teosofia viene chiamata la Cronaca Akashica ... Al non iniziato, che non è ancora in grado di fare l’esperienza di un mondo spirituale separato, è facile che l’iniziato sembri un visionario, se non qualcosa di peggio. Chi ha acquisito la capacità di percepire il mondo spirituale arriva a conoscere gli eventi passati nel loro carattere eterno. Questi ultimi non stanno di fronte a lui come la morta testimonianza della storia, bensì appaiono pieni di vita. In un certo senso, ciò che è avvenuto ha luogo davanti a lui".

H. P. Blavatsky (1831-1891), mistica e fondatrice della Società Teosofica.

"Akasha è uno dei principi cosmici e un soggetto plastico, creativo nella sua natura fisica, immutabile nei suoi principi più elevati. È la quintessenza di tutte le possibili forme di energia, materiale, psichica o spirituale; inoltre, contiene in sé i germi della creazione universale, che fiorisce sotto l’impulso dello Spirito Divino".

Edgar Cayce (1877-1945), mistico cristiano e fondatore della A.R.E.

"Vedo me stesso come un piccolo punto fuori dal corpo fisico, che giace inerte davanti a me. Mi sento oppresso dall’oscurità e provo una solitudine terribile. Sono consapevole di un fascio bianco di luce. Da piccolo punto che sono, mi dirigo verso l’alto seguendo la luce, sapendo che devo seguirla, altrimenti sarò perduto. Man mano che percorro questo cammino di luce, divento gradualmente consapevole di vari livelli sopra i quali c’è movimento. Sopra il primo livello esistono forme indistinte e orribili, figure grottesche come quelle che si vedono negli incubi. Andando avanti, cominciano ad apparire da entrambi i lati figure deformi di esseri umani con alcune parti del corpo ingrandite. Di nuovo, avviene un cambiamento e divento consapevole di figure grigie incappucciate che si muovono verso il basso. Gradualmente, il loro colore si fa più chiaro. Poi, la direzione cambia e queste figure si muovono verso l’alto, mentre il colore delle loro tuniche si schiarisce rapidamente. In seguito, cominciano ad apparire da entrambi i lati profili indistinti di case, muri, alberi ecc., ma ogni cosa è priva di movimento. Andando avanti, appaiono quelle che sembrano normali città, con più luce e movimento. Quando quest’ultimo aumenta, divento consapevole dei suoni: inizialmente strepiti confusi, poi odo musiche, risate e canti di uccelli. C’è sempre più luce, i colori diventano bellissimi e si sente il suono di una musica meravigliosa. Le case restano indietro, davanti c’è solo un insieme di suoni e colori. Improvvisamente mi imbatto in un archivio. Si tratta di una sala senza muri né soffitto, ma sono consapevole di vedere un uomo anziano che mi porge un grande libro, una documentazione dell’individuo per il quale sto cercando informazioni" ... "L’archivio che l’entità stessa scrive pazientemente sopra la matassa del tempo e dello spazio. Esso viene aperto quando il sé è sintonizzato con l’infinito, e può essere letto da coloro che si stanno armonizzando con tale consapevolezza".

martedì 6 dicembre 2016

POST SCRIPTUM - "NO"

Cosa porta con se il "NO" decretato dal popolo sovrano alla presunta riforma costituzionale che è stata proposta e sbandierata come ineludibile?
Non è facile di sicuro una analisi certa degli effetti collaterali che si dipaneranno dalla bocciatura emersa dal referendum, in primis  in quanto l'elettore italiano è volubile per natura, ovvero molto di quello che produce nelle urne è dettato nella grande maggioranza delle volte dalla spinta emotiva della situazione storica che vive.
Poi, quasi mai l'aggregazione politica sui temi referendari può essere replicata nelle votazioni politiche, o amministrative, in quanto le ragioni che muovono queste alleanze vivono solo ed esclusivamente in ragione del momento, ovvero della convenienza che sembra emergere nell'appoggiare una tesi piuttosto che un'altra.
Inoltre, la situazione economica europea, riflessa in quella mondiale, incide profondamente nelle politiche degli stati moderni, influenzandone, in ragione degli scopi, la formazione dei governi in virtù della possibilità di ricatto, più o meno velata, che possiede in ragione della probabilità di effettuare investimenti e creare, di concerto, occupazione, temi dominanti, oramai, di tutti gli indirizzi socio politici delle sovranità nazionali (e sovranazionali).
Tutto quello che verrà detto, in proposito, sarà, per forza di cose, molto aleatorio e condizionato, per l'appunto, dagli scopi che verranno proposti da chi in possesso della forza economica per farlo.
Ragionare sulle percentuali virtuali in possesso di questo e di quello appare, in conseguenza, un gioco sterile fine a se stesso, buono per occupare spazio sui media che, nonostante tutto, veicolano ancora oggi l'informazione verso quello che l'editore, non più puro ovvero con lo scopo di fornire solo ed esclusivamente informazione tout court, ritiene utile in relazione della causa da sostenere.
Ritengo, comunque, che qualcosa sia emerso dalla votazione del quattro dicembre, al di là di quanto è risultato dalle urne, perché reca con se, a mio avviso, un messaggio nuovo che non è possibile sottovalutare, ovvero la necessità di un ampio consenso condiviso nelle scelte degli indirizzi che determineranno il futuro del nostro Paese.
Continuare a considerare ininfluente il pensiero sociale reale credendo di possedere una verità assoluta non è più accettato in quanto tale; ignorarlo conduce solo a nuove fratture che presto diverranno insanabili. 
Il sistema politico così come è attualmente strutturato è inadeguato ad affrontare le nuove sfide che il futuro ci proporrà senza soluzione di continuità, e la vera riforma da affrontare dovrà essere, per forza di cose, quella per sostituire l'odierno modello cui si fa riferimento.
Le dicotomie ideologiche che ancora sussistono nel nostro Paese appaiono, allo stato attuale, dinosauri preistorici inconciliabili con le necessità della moderna società "liquida" (Zygmunt Bauman docet) che viviamo, disancorata dai blocchi di pensiero che hanno regolato il secolo scorso; non comprenderlo sarebbe l' errore più grave che si possa commettere.
Come un errore altrettanto imperdonabile, se non maggiore, sarebbe quello di cercare, o aspettare, un messia in grado di rivoluzionare questo modello desueto ed inefficace; l'aggregazione attorno ad una figura simbolo è essa stessa un retaggio culturale antiquato di acclarata minorità e sottomissione che conduce, inequivocabilmente, all'annientamento del libero pensiero per il mantenimento di status quo acquisiti.