giovedì 31 agosto 2017

BIANCA (english version)


The room was melancholyly empty as I walked around distracted ... the paintings hung on the wall had never been so lacking in interest to me ... empty ... unable to communicate ... dehydrated by appeal.

The exegesis of the author's poetics hanging on the original wall was still, if possible, more melancholic than the works of the same, all painted in an indefinite penumbra which, in my own way, could not at all know the light that might have been proposed while were dashed; or perhaps I was to find myself in my dark part and could not grasp the splendor; however they were in fact, I was alone in this exhibition at Palazzo Braschi and it was the thing that most of all attracted my attention.

I sat on a bench in the middle of the room for contemplation use of the proposal, and I began to look for an explanation of why I found myself alone; I kept silent for a long time without arriving at any rational conclusion and ended up miserably to fate it.

So I got up and down my head and started to go to the exit; after two steps, a question sprung from a female voice broke the silence in which I seemed to be immersed: "do not you like it?"
 
I turned around, on the doorstep of a side door at the open room there was a minute woman with long black hair, round eyes, a long, terrible, orange dress and flip-flops at her feet; if he had a dark skin instead of diaphan, I would take it for a saint who came from India devoted to a God of that sub continent. 

"No, actually not now, but maybe this was not the right day to come and see them," I said, almost embarrassed.

"It seems to me a good word to be kind to the one who painted them ..." she replied in a loud voice, lowering his gaze at the same time, as if to conceal an emerging shyness.
 
 "The paintings are you, all right?" I managed to say in an incredible embarrassment that flared on me,  lighting on my face a red tint to envy a postcard sunset.

"Yes", she whispered, finding the courage to look into my eyes this time.

"I'm sorry, I did not want ... that is, I really do not think I can be in a moment to express any judgment ..." I said, looking for an unlikely retrieval of the conversation, which actually closed at the end of my sentence along with the door where he stopped to talk to me. 

So, I went out, and made myself move away from that place, where everything that had happened to me seemed so unreal that it was not in reality.

After a few passages in the penumbra of the light of a surreal sunset, incredibly the works I saw returned to my vision, revealing what they really wanted to communicate; it was the same light and who had been able to catch it had to have a feeling beyond common, I thought.
 
I turned to go back, took a few steps, and an Indian boy with a rose in his hand came out of a bar; he offered it and I bought it. 

I paid the entrance ticket again. I crossed the distracted room again. I came to the door. I knocked. I put the rose behind her back. The door opened. That ethereal presence came out again. He lowered his eyes again to the ground. With my left hand I lifted my chin. With the right I offered him the flower. He smiled at last. The room suddenly turned overhead.

"You are good Bianca, and you are also beautiful ..." are the last words I remember saying in a day that changed my life forever ...

martedì 29 agosto 2017

BIANCA

 
La sala era malinconicamente vuota mentre l'attraversavo distratto ... i quadri appesi alla parete non erano mai stati così privi di interesse per me ... vuoti ... incapaci di comunicare ... disidratati di appeal. L'esegesi della poetica dell'autrice appesa alla parete iniziale era ancora, se possibile, più malinconica delle opere medesime, tutte dipinte in un chiaroscuro indefinito che a mio modo di vedere non aveva saputo in nulla cogliere la luce che forse voleva essere proposta mentre venivano tratteggiati; oppure forse ero io a trovarmi nella mia parte oscura e non ne sapevo cogliere lo splendore; comunque siano state in effetti le cose, mi trovavo da solo in questa esposizione a Palazzo Braschi ed era la cosa che più di tutte attirava la mia attenzione.
Mi sedetti su di una panca nel mezzo della sala ad uso contemplazione della proposta, ed iniziai a cercare una spiegazione al fatto del perché mi ritrovassi da solo li dentro; rimuginai a lungo senza arrivare ad una qualunque conclusione razionale e terminai per affibbiarla miseramente al fato.
Così mi alzai e a testa bassa e feci per avviarmi verso l'uscita; dopo due passi una domanda che prorompeva da una voce femminile ruppe il silenzio nel quale mi sembrava di essere immerso: "non ti piacciono?".
Mi voltai, sulla soglia di una porta laterale alla sala ora aperta c'era una donna minuta, con lunghi capelli neri, occhiali tondi da vista, un lungo, e terribile, vestito color arancio e ciabatte infradito ai piedi; se avesse avuto una pelle scura anziché diafana l'avrei presa per una santona proveniente dall'India devota ad un qualche Dio di quel sub continente.
"No, in effetti ora no. Ma forse non era questo il giorno giusto per venire a vederli", risposi quasi imbarazzato.
"Mi sembra una buona frase per essere cortese con chi li ha dipinti ...", rispose in un filo di voce abbassando contemporaneamente lo sguardo a terra, come per nascondere una emergente timidezza.
"Sono tuoi vero?", riuscii a dire in un incredibile imbarazzo che mi avvampò accendendo sul mio viso una tonalità rossa da far invidia ad un tramonto da cartolina.
"Si", sussurrò trovando il coraggio di guardarmi negli occhi stavolta.
"Mi dispiace, non volevo ... cioè credo davvero di non essere in un momento da poter esprimere un qualunque giudizio ...", dissi cercando un improbabile recupero della conversazione, che in effetti si chiuse al termine della mia frase assieme alla porta dove sostava per parlarmi.
Uscii fuori, e feci per allontanarmi da quel posto, in cui tutto ciò che mi era accaduto sembrava fosse così irreale da non esserlo nella realtà.
Dopo alcuni passi nel chiaroscuro della luce di un tramonto surreale, incredibilmente le opere viste mi tornarono in visione palesandomi ciò che in effetti volevano comunicare; era la medesima luce e chi era stato capace di coglierla doveva senz'altro avere una sensibilità fuori dal comune, pensai.
Mi voltai per tornare dietro, feci alcuni passi e da un bar uscì un ragazzo indiano con una rosa in mano; me la offrì ed io la comprai.
Pagai di nuovo il biglietto di ingresso. Attraversai di nuovo la sala distratto. Arrivai alla porta. Bussai. Misi la rosa dietro la schiena. La porta si aprì. Uscì di nuovo quell'eterea presenza. Abbassò di nuovo lo sguardo a terra. Con la mano sinistra gli alzai il mento. Con la destra gli offrii il fiore. Sorrise, infine. La sala sembrò improvvisamente capovolgersi.
"Sei brava Bianca, e sei anche bella ..." sono le ultime parole che ricordo di aver detto in un giorno che cambiò per sempre la mia vita ...
 
 
 


sabato 26 agosto 2017

PLIMPTON 322


Su Repubblica del 25 agosto 2017 (il link che segue) è stato pubblicato un articolo riguardante una tavoletta matematica di origine sumera (1800 A.C. circa) restata indecifrata per il lungo tempo dal suo ritrovamento (1922); è larga circa 13 cm, alta 9 cm e di 2 cm di spessore ... un tablet ...

http://www.repubblica.it/scienze/2017/08/25/news/svelato_il_mistero_della_tavoletta_sumera_furono_i_babilonesi_a_inventare_la_trigonometria-173831262/



 
 
 
Il contenuto principale di Plimpon 322 è una tabella di numeri, con quattro colonne e quindici righe, in notazione sessagesimale babilonese.

I colonnaII colonnaIII colonnaIV colonna
(1:)59:00:151:592:491
(1:)56:56:58:14:50:06:1556:071:20:252
(1:)55:07:41:15:33:451:16:411:50:493
(1:)53:10:29:32:52:163:31:495:09:014
(1:)48:54:01:401:051:375
(1:)47:06:41:405:198:016
(1:)43:11:56:28:26:4038:1159:017
(1:)41:33:45:14:03:4513:1920:498
(1:)38:33:36:368:0112:499
(1:)35:10:02:28:27:24:261:22:412:16:0110
(1:)33:45451:1511
(1:)29:21:54:02:1527:5948:4912
(1:)27:00:03:452:414:4913
(1:)25:48:51:35:06:4029:3153:4914
(1:)23:13:46:40561:4615

 
Sembra, ora, che finalmente sia stata decifrata dagli scienziati della dell'Università del Nuovo Galles del Sud (UNSW Sydney);  sembra, inoltre, che abbiano scoperto che lo scopo di quella che è considerata la tabella trigonometrica più antica e più precisa del mondo è che probabilmente "veniva utilizzata in passato per calcolare come costruire palazzi, templi, piramidi e costruire canali di irrigazione".
L'articolo si conclude con una affermazione di uno dei ricercatori, sullo scopo del tavoletta (tablet) : "La nostra ricerca rivela che Plimpton 322 descrive le forme di triangoli ad angolo retto usando una nuova tipologia di trigonometria basata su rapporti, non angoli e cerchi. È un lavoro matematico affascinante che dimostra un indubbio genio"  ...
Scritta 3600 anni circa orsono, alla scienza moderna ci sono voluti quasi cento anni per decifrarla; le conclusioni cui poi è arrivata lasciano sbalorditi: una nuova (?) tipologia di trigonometria basata su rapporti, non angoli e cerchi ...
Ogni nuova scoperta ci sta indubbiamente rilevando che quelli che abbiamo sempre considerato popoli primitivi erano in realtà molto, molto evoluti, forse, addirittura, ad un livello migliore del nostro. Molte delle convinzioni (e direi convenzioni) della scienza moderna, in particolare di quella meno scientifica di tutte, l'archeologia, si stanno sgretolando svelando cose di cui noi non siamo ancora oggi venuti a conoscenza e/o non siamo di grado di spiegare né, tanto meno, replicare.
La storia del pianeta Terra, o come in qualunque altro modo si voglia chiamare, e dei suoi abitanti resta a tutti gli effetti un mistero, e ciò che crediamo di sapere, ovvero che crediamo possibile razionalmente, non corrisponde quasi mai alla verità (che forse resterà insoluta ancora per un tempo molto lungo).
Quello che mi affascina più di tutto quando vengono rivelate le scoperte effettuate è lo sbalordimento dei ricercatori e scienziati, ovvero del mondo così detto accademico, che vive e prospera nell'auto determinazione di essere depositari di alcune verità non accessibili ai più.
Come ho avuto già modo di chiudere il post sul mito delle piramidi, ovvero con il sorriso beffardo del capo mastro che le ha costruite (secondo il predetto mondo accademico, ) mentre scrivo cerco di dare un volto al matematico (o matematici) che ha scritto la tavoletta (tablet) e, per una qualche oscura ragione, l'unica cosa che mi appare è lo stesso sorriso di un primitivo egiziano ai piedi della più grande costruzione mai eretta sul pianeta terra, o come in qualunque altro modo si voglia chiamare ...
 
 
 
 
 

lunedì 21 agosto 2017

IUS PRIMAE NOCTIS

La locuzione latina ius primae noctis (in italiano: "diritto della prima notte") indica un preteso diritto che sarebbe esistito in capo a un signore feudale, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, il poter trascorrere la prima notte di nozze con la sposa.
Talvolta è indicato, in modo improprio, con l'espressione
francese "droit du seigneur", cioè "diritto del signore", la quale, in realtà, fa riferimento a un'ampia gamma di diritti riconducibili al signore feudatario, inerenti quindi anche la caccia, la riscossione di tasse e tributi, l'agricoltura.
Non vi sono testimonianze della reale esistenza e diffusione di tale diritto nell'
Europa medievale. In particolare, nelle fonti storiche di epoca medievale non ne è rintracciabile alcuna menzione, né da parte delle autorità laiche (re, [[Sacro romano impero|imperatori), né da parte di quelle ecclesiastiche. Ogni riferimento conosciuto risale, infatti, ad epoche successive. Questo ha portato parte della moderna critica storiografica a derubricare lo ius primae noctis a una sorta di "mito" moderno relativo all'epoca medievale, la cui fondatezza non si basa sul alcuna fonte
 
(FONTE: documentata.https://it.wikipedia.org/wiki/Ius_primae_noctis)
 
Oggi ho incontrato il mio amico Enrico che non vedevo da qualche tempo e fra le altre amenità che sono uscite dalle parole che ci siamo scambiati, al termine di una celere analisi di ciò che stiamo vivendo e di come noi lo stiamo subendo nella maturità dei nostri cinquanta anni, salutandomi mi ha detto: "Ci manca solo che ripristinino il "diritto di prima notte!" ...; se mai fosse stato possibile riassumere in una frase il periodo che stiamo vivendo la  locuzione da lui proferita mi è subito apparsa efficace, nonché geniale e, purtroppo, concreta.
Non so come gli sia uscita, forse una rimembranza di studi giovanili, o forse qualcosa in cui si è imbattuto mentre scriveva un articolo per il Messaggero di Roma, comunque sia mi ha profondamente colpito e fatto sorridere nello stesso tempo.
Ho più volte sottolineato nei post che scrivo su questo blog di come sia in corso un forte depauperamento dei diritti faticosamente acquisiti e di come questo sembra sia passivamente accettato dalla nostra società, nella quale gli individui che la compongono guardano esclusivamente a ciò che li riguarda strettamente e sono sempre meno propensi a lotte collettive, ovvero a sostenersi a vicenda in uno qualunque degli aspetti che permettono, più o meno, una convivenza che possa definirsi accettabile; così che in questa disgregazione progressiva dei valori condivisi proliferano ed assurgono a ruoli istituzionali "signori medioevali" tesi esclusivamente alla protezione del potere conquistato.
E' sempre complesso articolare pensieri per esporre un argomento di cui si ha voglia di dire qualcosa, scrivere resta un esercizio faticoso ed il più delle volte completamente inutile, vista la quantità di informazioni, che possono essere reperite sulla rete e alle quali, francamente, è impossibile stare dietro, tanto meno a tutti gli articoli correlati scritti nella disponibilità di chiunque avesse un minimo interesse a leggerli; per questo, e per tanto altro che sarebbe troppo lungo da esporre, la chiosa di Enrico a ciò che ci stavamo dicendo "Ci manca solo che ripristinino il "diritto di prima notte!" mi è apparsa subito una mirabile, illuminante sintesi di questo periodo storico.
A volte non serve dire molto, se si sa quello che si deve dire ... non credete ... ?
 
 
 
 
 

martedì 1 agosto 2017

NO ONE HERE GETS OUT ALIVE

 
five to one
one in five
no one here gets out alive 
 
 ... sospirò Talia lasciando che la parole pronunciate si diradassero nell'aria assieme al fumo del tabacco che stava fumando in maniera compulsiva come per fare da contraltare all'esasperante lentezza di ciò che stava sussurrando a Manuel; la notte stava volgendo al termine mentre le prime luci dell'alba faticavano ad emergere dalla bruma che saliva dal mare.
Tutto era sfumato ai loro occhi in debito di riposo dopo aver frugato nel nulla del buio notturno ammalinconito dalla risacca marina che aveva accompagnato tutto ciò che erano stati capaci di dirsi in quelle lunghe ed interminabili ore trascorse seduti sulla spiaggia a fumare gangia giamaicana.
Erano trascorsi quaranta anni dall'ultima volta che era accaduto. Avevano lasciato appena il college e stavano per fiondarsi nel mondo del lavoro, e festeggiarono la fine degli studi facendo un falò con tutti i libri che avevano dovuto studiare per completare il loro percorso di studio, ed avevano fumato erba tutta la notte, alternando lo sballo con il sesso, senza soluzione di continuità, finché non si addormentarono esausti nel sole nascente.
 
no one here gets out alive
 
.. continuava a ripeter Talia, come se fosse un mantra che l'avesse mandata in una sorte di trance spirituale dalla quale non riusciva ad emergere. Manuel piangeva e restava in silenzio, guardando fisso verso l'impenetrabile orizzonte che stava lentamente appalesandosi in quello che si definisce infinito.
Poi Talia si adagiò sulla spiaggia, fissò per un attimo il cielo che sbiancava e chiuse gli occhi, come per cercare un riposo meritato per la fatica che aveva sin li sostenuto.
Manuel restò ancora per qualche minuto seduto a cercare quello che non comprendeva, poi anche lui si adagiò sulla spiaggia, continuando a cercare una risposta stavolta nel cielo che iniziava a manifestare l'azzurro per il quale lo conosciamo ed ammiriamo.
 
no one here gets out alive
 
... stavolta fu Manuel a sospirare a se stesso quelle parole apparentemente senza senso; Talia sembrava si fosse addormentata. Le lacrime ripreso ad irrigare il suo volto scivolando fra le rughe che lo avevano riempito come ad evidenziare fisicamente il dolore che lo stava divorando. In un lampo ripercorse tutta la notte trascorsa con lei quaranta anni prima nella quale si giurano amore eterno danzando attorno al falò di pagine indottrinate come in un ancestrale rito tribale.
 
no one here gets out alive
 
... rimbombò solo nella sua testa, come un tuono che spacca l'aria lacerando timpani ed incutendo paura. Prese la mano di Talia, inerte sulla sabbia. La strinse. Poi la portò sul suo cuore che batteva impazzito. Il pianto divenne dirotto. Il sole spuntò violento sull'acqua del mare che sembrava ferma come in un segno di rispetto.
 
no one here gets out alive
 
... fu l'urlo che Manuel emise perforando lo straziante silenzio che accompagna ogni morte.
 
Addio Talia, compagna di tutta la mia vita ... incredibile con te al mio fianco ... se mai avessi potuto avere una fantasia su come avrebbe dovuto essere quella che ho vissuto con te al fianco è stata mille volte meglio ... addio Talia ... nessuno uscirà vivo da qui ...