mercoledì 18 dicembre 2013

5 DOMANDE A: FLAVIO BRAGALONI


Flavio Bragaloni è un artista internazionale, conosciuto per i suoi lavori di pittura decorativa, affresco e stucco veneziano. Vive a New York. Nell’anno 2010 è e stato inserito nella lista degli artisti del Moma Ps1.
Mosca, Dubai, Montecarlo, Washington Dc …e ora New York. Sei partito da Albano Laziale (luogo di nascita) ed hai girato il mondo per il tuo lavoro di affreschi, pittura decorativa, stucco veneziano, foglia d’oro… quanto ha influito su di te l’essere venuto in contatto con realtà così differenti tra loro e così distanti da dove sei cresciuto …

 Viaggiare ha fatto di me quello che sono … ha contribuito alla mia formazione artistica e spirituale … soprattutto in ragione delle disuguaglianze e delle discriminazioni che ancora oggi vivono e prolificano sul pianeta terra 


"2 poliziotti NYPD cui ho regalato la mia tshirt il giorno della parade ..."

Come inizia la tua pittura artistica?


Fin dall'infanzia ho sempre visto mio padre dipingere per hobby ed ero affascinato nel vedere lui che creava dei bellissimi dipinti .
Nell’adolescenza decisi, così, che i miei studi dopo le medie sarebbero continuati in un istituto d'arte.
Ho sviluppato sin da piccino una passione per i musei. Rimanevo ore incantato nel vedere opere di grandi pittori allora e maestri ora; guardavo, cercavo di capire e viaggiavo con la fantasia … e la mia passione per l'arte cresceva ogni giorno di più.
Dopo la scuola iniziai subito a lavorare, ma volendo, e dovendo, apprendere ancora decisi di frequentare una scuola in Roma di decorazione pittorica, imparando ulteriori tecniche pittoriche e decorative; ci restai per quattro anni.
I miei primi lavori ad olio su tela li ho eseguiti all'età' di 16 anni e sono tuttora conservati nella soffitta di casa ad Albano Laziale.

Ho selezionato alcune cose che mi hanno particolarmente colpito per una certa crudezza nella rappresentazione, “paid sex ” in particolare, e “perfume paradise”. Riguardo al primo, è una tua idea di realtà che hai voluto imprimere su tela o è una estremizzazione dello squallore che si  cela nei rapporti contro denaro? Nel secondo, vuoi dirci che il paradiso è un artificio del nostro io e che noi siamo così limitati da non poter immaginare altro che profumi come un “arbre magique”?
  
paid sex




Il mio dipinto Paid Sex ad olio con vera carta di credito inserita … si è molto forte, ma ho trovato nelle persone che l'hanno visto molti riscontri positivi … e anche qualche critica, ma, ovviamente, ben accetta!
Mi piacciono le critiche negative sui miei lavori, mi danno forza per dipingere giorno dopo giorno ancora meglio.
Credo che viviamo in un mondo, almeno per quello che io ho potuto, e posso, vedere nel percorso della mia vita ,avendo girato molto per lavoro, che a volte è molto squallido.
Ed squallido constatare che ci persone che vendono il proprio corpo, e non parlo solo di chi lo vende per sopravvivere, esclusivamente per raggiungere un loro obbiettivo in carriera o per farsi notare vicino a persone importanti.


perfume paradise



Nel dipinto Perfume on Paradise, ho voluto rappresentare la scena della crocefissione sul monte calvario dipingendo le croci sopra ai 3 alberelli magique.
Chiudendo gli occhi ho immaginato quello scenario brutale; il profumo per me, in quel momento, rappresentava l'amore che Dio aveva nelle persone, e in quel mondo brutto fatto di violenza il profumo sembrava potesse alleggerire il dolore e rappresentava, ancora una volta, il perdono di Dio a quella gente per la brutale crocefissione … e nel risorgere ho immaginato che nel profumo c'era l'amore che lui avrebbe portato in Paradiso ...
Le tue immagini appaiono fanciullesche, elementari, con tratti semplici seppur decisi nei loro contorni e assolutamente esplicite nel loro messaggio di denuncia sociale … pensi di aver trovato la tua forma espressiva ideale? 
Esprimo quello che sento nella forma che più mi rappresenta nel momento creativo … si, da qualche anno i miei dipinti sono molto, molto critici e lavoro su problemi sociali di tutti i tipi …
"un paio di settimane prima del gay pride in New York ho prodotto le maglie , la foto con la donna è stata scattata a dentro la comunita' gay lesbo in west village in manhattan, ne ho donate a loro 5, sono rimasti molto felici ..."
Gay marriage mi entusiasma … sembra così banale … ma è così potente nel suo impatto visivo da lasciare senza fiato … l’articolo su di te di Martina Federico del 24 luglio 2011 su la Repubblica titola “La premonizione del matrimonio gay”: credi che viviamo ancora in una forma societaria arcaica sottomessa a primitivi postulati?
gay marriage

Il dipinto del matrimonio Gay Marriage è uno dei miei dipinti preferiti.
Una sera ero seduto ad un bancone di un bar di un ristorante bevendo il mio vino rosso preferito …mi sono ritrovato in mano un foglio ed una penna … senza nemmeno accorgermene ho buttato giù' una bozza di quello che sarebbe divenuto poi il quadro …due uomini che entrano in una chiesa camminando non sopra al comune tappeto rosso ma su di un tappeto con i colori della bandiera Gay; tutto intorno, su di un sfondo rosso, colore che per me rappresenta l'amore, ho dipinto degli spermatozoi bianchi.
Sulla testa dell’uomo posizionato a destra ho messo un velo e su entrambi gli uomini sulla zona dei genitali ho applicato 2 preservativi veri a simboleggiare la prevenzione.
Ho dipinto quest'opera dopo aver partecipato a molte manifestazioni gay, nelle quali reclamavano i loro diritti e la possibilità' di unirsi in matrimonio …
Mi spaventa l'idea che nel mondo, ancora oggi, c’è gente che schiva e odia queste persone.
Nel 2011 in New York hanno approvato l'uguaglianza e i diritti per i Gay e la possibilità' di unirsi in matrimonio; mi piace pensare che il mio dipinto ha contribuito a ciò... su questo ho avuto come hai detto l’articolo su America oggi di Repubblica .

GAY MARRIAGE sarà esposto, dal 16 al 25 gennaio 2014 in BARCELLONA , dove Flavio sarà ospite del “II° International Prize Don Quijote de la Mancha".
Flavio racchiude in se un essenza direi primordiale di approccio con le cose della realtà di tutti i giorni…questo mi porta a considerarlo una specie di neosurrealista per alcune sue estremizzazioni… la sua pittura cattura l’occhio, ti inchioda e ti fa porre domande … è scarna, senza fronzoli, un iperrealismo mascherato direi … ha tratti decisi, fermi, che traggono energia dal suo animo puro ed onesto coagulando il tutto con idee bizzarre e geniali.
Mi piace, e piace a chi lo va a vedere.
Vi consiglio di farvi un giro su:
 flaviobragaloni.com

 



lunedì 9 dicembre 2013

HOTEL REBIBBIA RELODED








Venerdì 13 dicembre, alle ore 17.30, presso la Sala Millepiani, Via Nicolò Odero 13 (Garbatella), col patrocinio del Municipio VIII (ex XI), presentazione del libro



“Hotel Rebibbia”



Fotografie: Gaetano Pezzella

Testi di: Tatiana Antonova

Maurizio Centi

Ulrico Del Curatolo

Paolo Izzo

Cristobal Munoz

Gaetano Pezzella

Grafica: Danilo Rosati





Si può raccontare il carcere senza conoscerlo? La scommessa degli autori dei racconti inseriti in questo libro fotografico, anziché giudicare ciò che può condurre un uomo dietro le sbarre di una prigione, è stata quella di proporre il resoconto immaginario di persone segregate che desiderano la libertà.



Nella narrativa convenzionale prevale in genere l’immagine del carcere come luogo di violenza e di sopraffazione, di lotta per il potere tra detenuti e guardie carcerarie, a cui consegue un’ansia che si può placare solo con l’idea di sorvegliare e di punire. Il detenuto ‘non può mai migliorare’, come gli animali è incapace di ragionare e di elaborare poi le proprie riflessioni, possiede come unico strumento di comunicazione la violenza. Eppure uno sguardo diverso non è impossibile.



L’idea di scrivere i racconti è nata dalle stupende fotografie di Gaetano Pezzella e dal resoconto informale del lavoro che alcuni di noi svolgono nel carcere.



Si voleva comprendere per quale ragione i detenuti di Rebibbia avessero accettato che gli venisse ‘rubata’ l’anima per presentarla poi davanti a un pubblico di sconosciuti del tutto estranei al loro mondo chiuso, dimostrando di essere disposti a venire una volta ancora giudicati.

Alla fine ci è sembrato di aver compreso che nonostante i muri alti, le sbarre alle finestre e l’assillo dei pensieri circolari, l’esistenza dentro il carcere scorre comunque e assume i suoi significati.

Vicina, vicinissima, a un soffio dalle nostre.



Oltre gli autori saranno presenti:



Andrea Catarci, Presidente del Municipio VIII;

Luisa Giustiniani, Responsabile Area Pedagogica C. C. Rebibbia N.C.;

Stefano Anastasia, fondatore Associazione Antigone;

Angiolo Marroni, Garante dei Diritti dei Detenuti del Lazio;

Cosimo Rega, Attore;

Gregorian Garagin, Architetto;

Alessandro Pepe, Associazione Il Viandante;

Roberto Boiardi, Direttore Herald Editore.



Letture di Giovanna Conforto.

Musiche dal vivo di Canio Loguercio e Alessandro D’Alessandro.

Proiezioni in sala su foto di Gaetano Pezzella.



martedì 29 ottobre 2013

LA LEZIONE DI CEZANNE AL NOVECENTO ITALIANO


Roma, Vittoriano, fino al 2 febbraio 2014

a cura della Storica dell'Arte Maria Teresa Benedetti

L'affermazione di Trombadori su Cézanne, vergata nel cartellone all'ascesa fra il primo ed il piano terra del complesso del Vittoriano dove sono esposte le circa cento opere visibile in questa rassegna,  racchiude il senso dell'esposizione e come l'arte pittorica del secolo scorso sia stata attraversata e corrotta dal "sacerdote dell'arte":

Il fenomeno più complesso, straordinario e suggestivo che sia apparso nel cielo dell'arte in Europa.

L'itinerario nel quale si snodano le opere esposte al Vittoriano, articolato in quattro sezioni tematiche e iconografiche: nature morte, nudi, paesaggi e ritratti, traccia l'influenza che il "padre dei moderni" Cézanne, come riconosciuto, tra gli altri, da Matisse e Picasso, ha avuto in tutti i movimenti nati nel post-impressionismo e celebra una delle più fiorenti ed intense stagioni pittoriche del nostro Paese.

Sono esposte opere, tra le altre, di Giorgio Morandi, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Gino Severini, Mario Sironi, Fausto Pirandello, Corrado Cagli, Giuseppe Colagrossi e Francesco Trombadori.

Al di là, appunto, di ammirare comunque un'icona della pittura come Cézanne, il vernissage del Vittoriano regala al visitatore la possibilità di vedere opere in maggioranza appartenenti a collezioni private di artisti italiani di enorme spessore e che raramente è possibile gustare dal vivo:

gli entusiasmanti  "IL VIALE GRANDE A VILLA STRUHL" e "PAESAGGIO CAMPESTRE",   di Trombadori,  luce e colore di straordinaria intensità, che sembra scendere direttamente dal cielo; l'ossidante "PAESAGGIO DI MONTAGNA" di Sironi, il suo "ADAMO ED EVA", nudo scultorico picassiano di intense ed audaci volumetrie (313 x 193) ed il "NUDO CON FRUTTERIA" in un convincente seppur asfissiante gioco di chiaro scuri; la tenerezza della donna nuda con il viso coperto mentre attraversa uno spogliatoio di uomini nudi del "IL VESTIBOLO", di Colagrossi; i ritratti di Boccioni "SILVIA" e "RITRATTO DELLA SIGNORA CRAGNOLINI FANNA", pittura armonica e violenta dai colori strepitosi.

Un appuntamento da non perdere assolutamente, nel quale immergersi e nuotare in apnea, per riaffiorare all'uscita beneficiati di tanta capacità espressiva esplosa nei primi del novecento in un Paese che sembrava incapace, in quel momento, di essere ancora fertile terra di inarrivabili artisti.

(vedi post novembre 2011 -  Cèzanne, Palazzo Reale, Milano)

 

 
 

 
 

sabato 12 ottobre 2013

FEMMINICIDIO - volume due

... e così, dopo tanto vociare l'italiettanonpiùdesta s'è data una legge sul FEMMINICIDIO.
Dunque d'ora in poi lo stalking (chissà poi perché si continui ad usare questa parola per identificare un qualcosa che è sempre esistito, come a volergli imprimere una sorta di modernità?) e le violenze domestiche in generale hanno un nuovo riferimento normativo per le corti giudicanti i reati penali.
EVVIVA!!!!
querela (ovvero denuncia) irrevocabile
arresto obbligatorio in flagranza di reato
parametro della "relazione affettiva" (sic! ovvero la relazione tra due persone " a prescindere...")
e, dulcis in fundo,
controlli con il braccialetto elettronico: queste sono le gagliarde misure prese dal governo fantoccio attualmente operativo in italia, sud d'europa, confine continentale, porta d'Africa.
senza giri di parole e inutile ironia tutto questo è solo uno spot su un grave problema che affligge il nostro non più così amato paese. i numeri impressionanti riguardanti questo fenomeno sono stati snocciolati nel precedente post FEMMINICIDIO ed evidenziavano un problema reale e estremamente diffuso.
le leggi ci sono sempre state (l'italia è il paese campione mondiale per numero di leggi attualmente in vigore); i reati erano già contemplati dal codice penale. uno spot per dire "ci siamo, state tranquille italiche donne, chi vi guida vi ama e vi protegge".
questa cosa riafferma l'incredibile situazione di un paese che naviga a vista e in preda a "convulsioni da massa" epilettiche.
che ogni volta si debba fare una legge speciale per le donne è assurdo (vedi le incredibili e vergognose quote rosa) in un paese civile.
il problema esiste ed è grave; ma è un problema culturale che origina da lontano e che è ben lungi dall'essere risolto con una legge e con delle sanzioni.
inutile discutere la validità o meno del prodotto legislativo se ancora si pensa alle donne come femminine e non come persone...perché è questo che avviene ancora oggi nell'anno di grazia 2013...ben lungi, quindi, da essere considerate dei PARI nell'oligarchico e autoreferenziale mondo dei maschi....

sabato 28 settembre 2013

HOTEL REBIBBIA di Maurizio Centi

 
Ciao Andrea,
eccomi di nuovo sul tuo blog con un paio di belle novità, dopo le tue “5 domande” del 20 febbraio 2012. Ricordo che in quell’occasione accennai al libro fotografico Hotel Rebibbia, che contiene tra l’altro tre miei racconti sul tema del carcere, definendolo incautamente in corso di stampa.
 
 
 
Provo a rifare in sintesi la storia di questo volume.
Oltre quattro anni fa un gruppo di lavoro eterogeneo e ben affiatato, composto dal fotografo romano Gaetano Pezzella, da una manciata di scrittori dalle origini più disparate, da un eccellente grafico e dal musicista Canio Loguercio, autore di una bella postfazione, si misero assieme per lavorare ad un progetto che sembrava loro piuttosto originale, nonostante il tema abusato. L’idea era di scrivere dei racconti basati esclusivamente su un’enorme quantità di foto scattate nel carcere di Rebibbia, con l’intento di sottolineare la vitalità dei rapporti all’interno di quella struttura anziché, come accade in genere, il diffuso scoramento (come ti dissi allora… una realtà più vicina alla nostra di quanto non ci sembri, un’esistenza in vita nonostante). E secondo me siamo riusciti.
 
 
         
È giusto precisare che del progetto fanno parte anche personaggi organici al carcere romano, ivi compresi un educatore carcerario e un mediatore culturale di lingua latino-americana.

La Herald Editore, casa editrice romana che possiede una collana editoriale dedicata a questi temi (Quaderni dal carcere), apprezzò il nostro lavoro e dopo una serie infinita di rimaneggiamenti venne firmato ad agosto 2011 il contratto di edizione. Tuttavia, a causa di una sequenza incredibile di contrattempi di varia natura, che per la loro singolarità meriterebbero una pubblicazione a parte, il libro ha rischiato di non vedere più la luce.
Fortunatamente di recente, proprio mentre ci dibattevamo già da tempo tra una serie di alternative editoriali pur di dare la chance che meritava al nostro lavoro, la Herald ha ripreso miracolosamente a respirare e finalmente, dopo tanto penare, sta per dare alla stampa il libro.
 
Voglio inoltre approfittare dello spazio che mi concedi per preannunciare anche l’uscita, tre anni e mezzo dopo quella precedente, di una mia nuova raccolta di racconti, accompagnati questa volta dai disegni. L’antologia, a cura della casa editrice maremmana Effigi, si chiamerà Lampi al magnesio e uscirà entro quest'anno.

Per finire, a nome di tutti i partecipanti a questo progetto, voglio ribadire il concetto che espressi nella tua intervista dello scorso anno: questo è un libro in cui crediamo molto e nel quale hanno contato le emozioni. Hanno contato i visi, le espressioni, gli oggetti quotidiani, le storie personali conosciute un po’ per caso; ma soprattutto ha contato la sorpresa, quando le impressioni suggerite dalle immagini facevano presumere storie personali che si sono rivelate di frequente senza fondamento. Come a dire: l’apparenza inganna.
Ciao Andrea, ti aspetto alla presentazione.
 
La presentazione del libro Hotel Rebibbia, con annessa mostra fotografica, si terrà – col patrocinio del Municipio VIII (ex XI) - venerdì 13 dicembre, alle 17.30, presso la sala Millepiani (http://www.millepiani.eu/lo-spazio-gallery), Via Nicolò Odero, 13 (neanche a dirlo alla Garbatella… ancora lei).
 
“Nora guardava il mare d’inverno, col cielo sgombro di nuvole. Onde impercettibili, onde silenziose, mare rabbonito come se dormisse.
Io alle sue spalle la osservavo silenzioso, non era affatto facile parlare.
Nora stava immobile, assorta dentro i suoi pensieri. Guardava il mare dalla riva con le braccia lungo il corpo come una bambina. Se solo in quel momento me l’avesse domandato mi sarei tuffato dentro l’acqua gelida di quel mare calmo.
- Nora…
Lei non si voltò neppure, però sapeva della mia presenza. Forse si struggeva di fronte alla distesa immensa d’acqua levigata.
Se fosse stata sola sulla spiaggia vuota, pensava, prima o dopo sarebbe di sicuro capitata un’onda spaventosa e inaspettata. Poi, venendo fuori dal suo ventre molle, una mano dalle dita spumose l’avrebbe sollevata dalla terraferma e trascinata a tutta forza a pelo d’acqua chissà dove verso l’orizzonte. Nora si chiedeva come si può vivere con quell’angoscia.
- Nora…
Feci un passo avanti e la presi tra le braccia, Nora sobbalzò. Tremava per il freddo.
- Allora te ne andrai? - mi domandò con una strana calma, seguitando a non voltarsi.
- Devo farlo - sussurrai - e tu lo sai.
- Devi farlo – ripeté tra sé.
- Però ritornerò, te lo prometto.
Le circondai le spalle, volevo che avvertisse il dispiacere. Ma Nora seguitava noncurante a guardare il mare d’inverno, col cielo sgombro di nuvole.“
Dal racconto “Mare calmo”, Hotel Rebibbia.


 
 

venerdì 16 agosto 2013

FEMMINICIDIO

Il Ministro dell'Interno Alfano, in occasione della tradizionale conferenza stampa di Ferragosto ha comunicato i seguenti agghiaccianti dati:

"Circa il 30% degli omicidi commessi in un anno in Italia, 515, ha come VITTIMA LE DONNE. Dall'entrata in vigore della legge sullo stalking sono state presentate 38.142 denunce, di cui 9.116 dal primo agosto del 2012 al 31 luglio del 2013. A denunciare nel 77% dei casi sono donne".

Dunque, riepiloghiamo; in un anno ( agosto 2012 luglio 2013) in Italia:
150 donne sono state uccise
9.116, ovvero 24 donne al giorno, hanno denunciato casi di stalking.

Dove viviamo? Come sono possibili questi dati in un Paese Occidentale? E' successo qualcosa di cui non siamo a conoscenza?
Ogni giorno aprendo i giornali si leggono truci storie legate a donne, che in molti casi sono sfociate in tragedia.

E' inaccettabile questa cosa. Come si può pensare di vivere in un paese civile? Come è possibile presumersi  idonei alla vita in comune in un contesto del genere?

Appare come una affermazione apodittica, irrazionale.

In molti dei casi, se non in tutti, alla matrice del delitto c'è una separazione non accettata. Uno scioglimento unilaterale del rapporto che comporta generalemente minacce, ritorsioni, sfregi (oggi, incredibilemente ha preso piede una nuova moda: quella di sfregiare il prossimo con ACIDO!) e, in ultimo, l'OMICIDIO.

Non ci sono parole per deprecare questa stato di arretratezza culturale, questo antico retaggio di presunta mascolinità tendente a "pulire l'onta", l'ONORE di siciliana memoria (DIVORZIO ALL'ITALIANA, memorabile film di denucia su come il delitto d'onore fosse un rituale - in Italia, all'epoca, il divorzio non esisteva così come sembrerebbe essere ancora oggi ... -  accettato finanche dal Codice Penale che lo contemplava al fine delle attenuanti ... sic!!!).

Si cerca di legiferare in proposito, litigando come sempre; tutto ciò è assurdo. Nel Paese dei divieti che non vengono rispettati da nessuno se ne cercano di aggiungere altri così da  cercare di tenere pulita la coscienza e ridurre tutto, magari, ad un comma di una articolo normativo.

La verità è che la nostra società continua ad avere un approccio terzomondista, talebanesco, ai fatti della vita; vive prigioniera del proprio passato e di moderno vernicia solo i cancelli che proteggono proprietà vetuste e polverose, allucchettati ad idologie consunte e patetiche.

Brucierà nella propria pazzesca vanità questo stivale modaiolo, aspettando un Vate che non arriverà mai ...

Forse stasera una donna verrà minacciata, un'altra palpeggiata, ad una ancora arriverà acido negli occhi, una morirà.

l'Assemblea, nel frattempo, gode di meritate ferie ...  


 


martedì 25 giugno 2013

IL BENE SOMMO

... e poi con il tempo tutto diviene più chiaro ... s'allinea alla nutrice cosmica dell'ordine ed entra, in punta di piedi, nella scia che ti conduce nell'universo, dispensando virtù.
E il tuo divenire assume contorni più chiari, lucenti, nel nero profondo delle vie che attraversano lo spazio infinito che ci circonda. L'etereo diviene palpabile, e si modella, nell'autoaccrescimento spirituale che è (dovrebbe essere) proprio dell'uomo, e che conduce (dovrebbe condurre) alla ragione. Che, ora pronta, si divide dall'anima e acquista una vita propria, razionalizzando il nostro essere.
Usciamo dallo stato di minorità iniziale e iniziamo a guardare al tutto, e non più al particolare, assumendo decisioni che riguardano l'intera vita e non più il solo giorno, il solo fatto, accadimento; i dubbi che si manifestano, i consigli che vorremmo avere, hanno sempre più lo sguardo al futuro più lontano; il prossimo ne sarà solo una conseguenza. E tutte le nostre decisioni iniziano ad essere prese sempre tenendo a mente il bene sommo: l'onestà.
La virtù ci fortifica e ci rende più consapevoli; ci conforta e da sostegno nei momenti di dolore, ci fa compiacere e rallegrare dei momenti di serenità. Quello che abbiamo, o non abbiamo, è la diretta conseguenza del nostro agire: la forza interiore, la capacità di sorridere, di amare, la fermezza, la certezza delle nostre facoltà, il possesso non ossessionato dei beni materiali, la calma, pur apparente, nella tempesta, l'elegia stessa del giorno che nasce, l’amicizia, derivano tutte dall'onestà che propugniamo nella nostre azioni quotidiane.

Essere onesti, con se stessi e con gli altri, è quello che ci rende veramente liberi. Che ci conduce nella quiete del nostro vivere, dandoci la capacità di prendere quello che viene per quello che è. Senza le affettazioni necessarie al mascheramento della propria identità, che ci condannano all’isolamento, alla ricerca compulsiva della sublimazione materiale di quello che non possediamo; la virtuosità.
E’ un percorso tortuoso, denso di ostacoli, tentazioni, primitive necessità di soddisfazione, di godimento, di avere. E’ faticoso, impervio, e apparentemente senza fine. È umano, però, ed è raggiungibile. Forse non è possibile condurre tutta una vita improntandola sull’onestà, ma se solo cerchiamo di starci dentro il più possibile, tra le inevitabili precipitazioni dell’anima che si corrompe negli umani sentimenti, la nostra vita sarebbe sicuramente migliore. E potrebbe contagiare positivamente quella degli altri, che contagerebbero altri ancora, e altri ancora …
… e poi con il tempo tutto diverrebbe più chiaro


(pubblicato il 16 marzo 2011)










sabato 8 giugno 2013

GENDER PARITY

Ora, nella mia profonda ingenuità credevo che alcuni equilibrismi "politically corrret" pirotecnici fossero stati possibili solo nel nostro vituperato bel paese, ma stavolta, e non senza soddisfazione, ho dovuto ricrermi.
Mi sono imbattuto in questi giorni in un articolo di Repubblica che prendeva spunto da una iniziativa intrapresa da una delle più quotate università tedesche, quella di Lispia (ex Germania Est), ovvero quella che "i titoli accademici verranno espressi solo al femminile, anche per i docenti maschi. Per tutti si dovrà dire (e scrivere su carte intestate, biglietti da visita, siti web) Professorin, Assistentin, Wissenschaftlerin o Rektorin, cioè professoressa, assistente (ma in tedesco il maschile e il femminile sono diversi), ricercatrice e rettrice.
L'iniziativa, a mio modo di vedere, è ridicola, checché ne dica l'estensore dell'articolo (il quale sostienene, in pratica, meglio questo che nulla...); ridicola e non sense.
Statuire la Gender parity (parità di genere o come comunque la si voglia chiamare) con un editto del genere non fa che acuire la discriminazione fra uomo e donna, come qualsiasi altra iniziativa ricollegabile, ad esempio, alle incredibili "quote rosa" legiferate nel nostro paese.
E' vero, occorre riconoscere che purtroppo nell'anno del signore 2013 questa discriminazione di genere resiste anche nella civiltà occidentale, che dovrebbe stare vivendo il suo periodo aureo.
Eppure  apparteniamo, uomo e donna/maschi e femmine/ trasgender, alla massa biologica di questo pianeta; ci insegnano a parlare, leggere e scrivere allo stesso modo. Gettate le basi per un approccio razionale all'esistenza iniziamo il nostro cammino con il medesimo approccio di curiosità, sul quale costruiamo la  personale legenda della nostra vita, basata su quello che siamo capaci di produrre, inteso come parto dello sviluppo delle capacità intelletive.
Angela Merkel, di fatto, non è la donna più importante del pianeta, ma è una delle persone più potenti in senso assoluto, e questa forza non scaturisce dal fatto che è donna, ma che è, probabilmente, visto che non ho il piacere di conoscerla, una persona molto dotata e di spiccata personalità che è stata capace di divenire ciò che è adesso.
Margaret Thacher, la "Lady di ferro" non è stata la donna più importante della storia inglese, se mai questo titolo il popolo sovrano inglese abbia voglia di riconoscerglielo, ma una delle persone più determinati del '900.
Probabilmente in un contesto di gender parity statutito da una qualche parlamento non sarebbero esistite, perché magari deliberando, ad esempio, una "quota rosa" di una qualche percentuale sarebbero restate fuori.
Medesima considerazione potremmo farla per Mr. Obama, il quale non è quello che è ora perché non bianco, ma perché è sicuramente una persona in grado di convogliare consenso, essendo dotato di un forte carisma.
E così, via.
Credo che tutti i tentativi di stabilire la parità di genere per editto siano non solo patetici, ma ancora più discriminanti. La GENDER PARITY è statuita in natura. La diversità biologica è legata alla riproduzione. Di fatto non saremmo qua a  parlarne se non fosse così. quello che siamo e che siamo in grado di fare è legato alle nostre capacità e a come siamo stati in grado di veicolarle accrescendole, espandodole, ed impiengadole, infine, nel nostro quotidiano.
Esistono persone. Distinguere uomo e donna nel contesto sociale è una assurdità, oltre che controproducente.  Dopo secoli di battaglie (si pensi solo, per ricordarne una, a quella per il diritto di voto per le assemblee parlamentari) ancora siamo invischiati un questa fantozziana distinzione. Siamo ancora a discutere di percentuali, pari opportunità e quanto altro.
Credo che sarebbe ora si smetterla e considerarci tutti delle persone con capacità più o meno spiccate, ed è di questo che dovremmo discutere. Di cosa uno/una è capace di produrre dall'alto della sua istruzione, razionalità, capacità emotiva, determinazione. Il resto è fuffa.
Credo che quando i ragazzi, all'entrata del loro professore in aula all'università di Lipsia dovranno dire: "Guten Tag, Herr Professorin!", cioè "Buongiorno, signor professoressa", a stento tratterranno un sorriso ironico...
 
 


giovedì 2 maggio 2013

SIPARIO

Lentamente cala il sipario
Mentre il pubblico assorto defluisce...
È stata l'ultima replica di uno spettacolo infinito
E come tutte le cose che muoiono
Lascia nel fondo dell'anima una profonda tristezza...
Ma così deve essere e così sarà.
Si accendono le luci
Mentre una lacrima sgorga
E il guitto si sente sopraffatto
Ma nulla può...
Nella vita reale un profondo e rutilante silenzio ti assale
Mentre nella finzione del palcoscenico
L'eco profondo dell'ultimo applauso
Per sempre serrerà i ricordi
Nel profondo di un cuore infranto...




giovedì 25 aprile 2013

EUTANASIA DELLA REPUBBLICA

 
La storia, generalmente ignorata dal paradosso sociale italiano, scrive sempre verità. Non quella che viene impressa sui libri di chi pretende di raccontarla a modo proprio, come generalmente è avvenuto in questo paese, ma la corretta e distaccata (nel senso che non di parte e/o ideologica) analisi di quello che è accaduto nel passato prossimo e remoto può condurre ad ipotesi future più probabilistiche di quanto sia possibile pensare. Non tanto nei corsi e ricorsi tanto cari a Vico quanto nello sviluppo di una strategia basata, per l'appunto, sulla fredda disamina dei fatti accaduti in un determinato contesto sociopolitico.
Il periodo di confusione collegato alla perdita di una identità univoca che il popolo italico sta vivendo nasce da un lungo periodo, che muove dalla cosìdetta fine delle prima repubblica, passando per l'entrata nell'euro zona, per la perdita di sovranità nazionale ceduta parte, di fatto, a gruppi di potere economico operanti nel pianeta che speculano sui popoli al fine di un tornaconto personale, parte alla germania, che non fidandosi dei paesi europei dell'area mediterranea ha cercato, cerca e cercherà di essere la voce del padrone che risuona nella vecchia europa (come ha sempre cercato di fare sviluppando la maggior parte delle guerre che si sono combattute nel vecchio continente e, di certo, le due più sanguinose...), per la mediocrità di una classe dirigente nata delle ceneri di ideologie contrastanti e antitetiche che hanno regnato (regnano...) nel nostro paese, per la ferrea e assurda convinzione che comunque il "mio pensiero è migliore del tuo" al di là di ogni ragionevole dubbio, per il crescente disinteresse del cittadino agli affari politici, per l'assoluta demagogia dei centri di informazione, che nel caso italiano non vedono alcun editore puro, per la negligenza nell'affrontare enormi problemi nazionali che si trascinano da tanto, troppo tempo.
E potremmo continuare, facendo sì che la lista diventi insopportabile da leggere.
Ma questi fatti nella nostra storia recente sono impressi a fuoco ed ogni persona sana di mente e scevra da conclusioni di parte può e deve riconoscerli. Il declino del modello di vita italiano è iniziato con quella che è ricordata come tangentopoli, ovvero la disastrosa e rovinosa caduta di quella che oggi viene commemorata, appunto, come prima repubblica.
Da quel preciso momento ne inizia un altro, che sta adesso muovendo i primi passi da persona adulta, dopo il necessario rodaggio dell'età infantile e dell'adolescenza. I cambiamenti non avvengono con un giorno; sono lenti, devono necessariamente essere percepiti come tali dal popolo, essere poi assorbiti, metabolizzati, digeriti e finalmente compresi.
Tra questi fasi prolificano momenti di estrema confusione, dovuta, appunto ad una perdita di identità nazionale e personale; ci sono cose in cui le persone credono fermamente e vedere sbriciolate le proprie convinzioni giorno dopo giorno conduce, dovrebbe condurre, ad uno smarrimento, che porta al disordine in quanto genera ansia, paura.
Ora, che sul suolo italico stesse avvenendo una mutazione pochissimi sono stati in grado di interpretarlo, meno che mai la classe politica e, agganciata a essa, quello che le ruota attorno, dai sindacati alla pubblica amministrazione in senso lato, ovvero come amministrazione del bene pubblico (troppo lungo considerato privato da quelle pubbliche associazioni appellate come partiti).
Questo non sense ha paralizzato l'italia, restia ad uscire dal proprio passato settario e conservatore nel suo contesto dell'élite  burocratica, e ancora imberbe nel coraggio di voltare pagina nel suo contesto di volgo.
E la paralisi ha prodotto frammentarietà, disordine, angoscia, riluttanza, incertezza, demagogia e guru. Del resto la storia racconta di aggregazioni spontanee attorno a personaggi seducenti e calamitanti nei momenti di buio, alla ricerca di una guida per uscire dallo stato di caos apparente seppur palpabile. Che hanno prodotto risultati contrastanti ed, in genere effimeri, se non disastrosi.
Ma tutto questo rientra nel naturale evolversi verso l'età adulta, ovvero quella della comprensione di un fatto, del giudizio da formare, della soluzione da trovare. Accantonare cioè gli ardori giovanili e rivoluzionari che ci hanno condotto fino a qua (anche, se, a mio avviso, abbastanza inconsapevolmente) e affrontare la realtà odierna col senso del "buon padre di famiglia", ovvero obiettivamente e pensando a cosa sia giusto nel momento e nel futuro prossimo per assicurarne uno degno ai propri figli.
Occorre, quindi, razionalità fredda, non molestata da antichi ed obsoleti pensieri ideologici, ma che guarda all'obiettivo di mantenere e migliorare lo status quo acquisito, nel senso di benessere e pace sociale.
E' l'ora. Il dado è tratto. la coscienza lentamente acquisita. L'impossibilità di far sopravvivere un modello oramai consunto acclarata. Occorre essere cinici e pervasi dall'istinto dell'autoconservazione, imporre un new deal fatto di pensieri e occorrenze diverse, semplicemente diverse e chiare, molto chiare.
Occorre parlare, proporre, discutere, e fare. Nell'ottica di ragionamenti diversi che devono però proporsi il medesimo fine. Se la democrazia è il minore dei mali per governare un popolo, cerchiamo di renderla vera e fruibile questa forma di governo che è costata tanto in tutto il pianeta per essere faticosamente raggiunta. E' ora di evolverla e riconsiderarla, cercando tutti insieme una strada per renderla più consona alle esigenze del terzo millennio, così profondamente diverse già solo dal secolo appena trascorso.
Tutto può essere cambiato, nulla è immutabile. Proprio perché cambia l'uomo stesso, che diviene altro pur restando nella forma da noi conosciuta. Se      mai nulla fosse cambiato oggi forse saremmo, che ne so, al cinquecentesimo imperatore del sacro romano impero; ma così non é perché ad un certo momento il modello che l'uomo viveva non era più soddisfacente e lo ha cambiato. Lentamente, con il tempo che occorreva. Nulla è subito: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si riproduce. Nel tempo e nello spazio.
Occorre, però comprendere il momento nel quale la trasmigrazione sta avvenendo.
E l'ora è scoccata. Nell'eutanasia della repubblica italiana, destinata a divenire altro pur restando se stessa.
Muovere uniti renderà le cose più semplici pur nella loro enorme difficoltà, ed essere coscienti che i risultati che si produrranno avranno effetti in un prossimo futuro (certo non domani) renderà tutto più granitico ed efficace.
Succederà...la storia è lì a ricordarcelo...

giovedì 18 aprile 2013

ANATOMIA DI UN DISASTRO

Il treno è lanciato in una corsa contro il tempo ma, oramai, fuori controllo.
La gente è accorsa fuori, lungo i binari a vedere come finirà.
Ognuno ha la propria teoria, il proprio "problem solving", la propria incorruttibile convinzione,
il proprio ego da soddisfare.
Intanto il treno corre lungo i binari dell'inevitabile.
Persone si accalcano, sudano, sbuffano, sbraitano, filosofeggiano, brindano, piangono...
In un clima surreale, anzi, surrealista. In una iperbole di confusione, caducità, omertà, pensieri incoffessabili, ideologie archeologiche, tornaconti personali, faide, affari di famiglia, ignoranza,
cultura contraffatta, smerigliatrici da usare contro il prossimo.
Intanto il treno corre lungo i binari.
Nella primavera che nella storia è simboleggiata da quella di Praga, anche qui si fa la nostra di storia.
In una schizofrenia collettiva che ci sprofonda in sabbie mobili sarcasticamente immobili.
In un tutti contro tutti che sembre scritto e sceneggiato da mr. woody allen, che proprio qui ha forse ambientato il suo film più brutto e non-sense che abbia mai pensato di realizzare.
Intanto il treno corre.
E la ricerca di un "metodo" copre il nulla di una classe dirigente e di chi l'ha prodotta, sovvenzionata, sorretta e alimentata. Coercizioni, imposizioni, editti, deliri di innopotenza derivati dalla mistificazione di internet, afferamando sicurezze basate sul nulla, appunto, di chi le ha teorizzate.
Nel paese del sospetto, dell'inerzia, dell'invidia, della divisione sociale, dell'avidità, di chi si arroga di essere sempre comunque  migliore del suo vicino, assuefazioni che si contrappongono violentemente e misticamente  alla bellezza naturale del posto nel quale vivono prolificando parassitariamente a spese della collettività.
Ma la collettività non esiste se non metaforicamente. E' un concetto astratto come il bene comune, la condivisione dei valori, il rispetto delle idee, la libertà.
E intanto il treno continua a correre lungo i binari dell'inevitabile.
La domanda non'è come ci siamo saliti sul treno.
La domanda da porsi  è perché lo abbiamo fatto.
E la risposta è nella nostra storia che ignoriamo profondamente. E' in quello che siamo, che abbiamo voluto essere. Ci siamo lasciati trascinare nel fiume dell'agiatezza, della comodità, del benessere materiale, del possedimento. Abbiamo smesso di guardare dentro di noi come persone, preferendo guardare all'esterno come numeri di riferimento. La crescita esponenziale, l'accumulo, la necessità del ricambio, il dover stare ai tempi.
Tutti dogmi della società occidentale, tesa verso un punto di non ritorno, invisibile fino a ieri. La sua struttura inevitabilemente doveva arrivare ad un punto di collasso, e le parti che cedono per prima sono quelle più deboli. La storia, appunto, lo insegna.
E intanto il treno continua a correre.
Il modello che viviamo è destinato ad eclissarsi, defluendo in un nuovo medio evo occidentale. Dovremmo prenderne coscienza ed autoregolarci di conseguenza.
La dialettica, inesistente nella moderna comunicazione basata sugli slogan, sulla presunzione e sul sentito dire, dovrebbe tornare ad avere lo spazio di cui necessita per riallineare l'uomo alle sue esigenze, alla sua natura, a quello per cui ha ragione di esistere.
Una profonda presa di coscienza non più di massa, ma dell'IO, dell'individuo, che deve crescere per liberarsi dai demoni che lo circondano offuscandone la vista verso l'orizzonte. Non più parassitario, come oggi, teso allo sfruttamento continuo ma di reinvestimento verso il prossimo. Il bene comune non è il bene di pochi. Né il bene di molti. Dovrebbe essere il bene di tutti. Ma non ci può essere bene se la società è regolata dal denaro. Questo, oramai, dovrebbe essere chiaro. 
Intanto il treno continua a correre, nell'attesa che l'eterogenesi dei fini assuma quello più corretto per la natura umana.


martedì 15 gennaio 2013

5 DOMANDE A: PAOLO CATAPANO



Paolo Catapano è nato a Roma nel 1960, dove vive tutt'ora. Lavora per L'Agenzia delle Dogane ed è impegnato nel sociale. E' alla sua prima pubblicazione.



Come nasce la pubblicazione di "DIARIO DI UN VIAJE"?

 Il grosso del “Diario”, ovvero le mail che mandavamo ai parenti ed agli amici quando eravamo in Colombia per adottare Alejandra e le loro contestuali risposte, non nasce espressamente per essere pubblicato. L’idea della pubblicazione è nata, però, già da qualcuno di questi parenti/amici che, assolutamente coinvolti anche loro nella straordinaria esperienza che stavamo vivendo così lontano, ce l’hanno già iniziato a suggerire negli ultimi giorni “sudamericani”. C’è da dire, però, che senza il tuo determinante stimolo e incoraggiamento, cui si è aggiunto anche dopo quello di qualche altro amico, Maurizio Centi in particolare, il “Diario” sarebbe potuto rimanere anche per sempre nel mio personale cassetto dei sogni, insieme a quello infantile e molto banale, ovviamente ormai irrealizzabile, di diventare un calciatore di serie A.

 

"Mancanza, deprivazione"; sono, per chi è nato in una famiglia "normale", concetti con i quali non è abituato a fare i conti e che percepisce, forse, in un contesto di "sfortuna" comunque lontano da lui/lei...la tua esperienza conferma questa impressione dal di fuori?

Le mancanze e le deprivazioni cui ti riferisci, di un genitore, di un’attenzione, di amore, di essere genitore, di amore filiale, generano in chi le ha provate sicuramente tantissima sofferenza, che determina conseguenti danni in proporzioni diverse tra il bambino, non ancora strutturato ed a cui l’amore e l’educazione genitoriale sono assolutamente indispensabili, ed i “mancati” genitori biologici, i quali, a seconda del loro vissuto e della loro forza interiore, riescono comunque in qualche modo, chi più, chi meno, a superare questa sofferenza. Che poi questo possa essere percepito, all’esterno, come una “sfortuna” è assolutamente vero. Il problema, a mio parere, è che la “diversità” di nascita, così come la “diversità”  di pelle, così come la disabilità, così come tutte le “diversità” sono scarsissimamente accettate da questa società così fortemente competitiva che pretende sempre di stare al “top”. E così tutto ciò che questa società ci indica come diverso, non conforme, ci fa paura, va allontanato… è soprattutto un problema di ignoranza e di solitudine individuale.

 
"Il processo di riparazione", l'incontro. Le tue parole sono molto toccanti in proposito. Ti, vi sono mai venuti dubbi dopo aver completato l'iter per l'adozione di aver forse imboccato una strada sbagliata?

La risposta è categorica : NO, mai. Mi reputo un genitore adottivo convinto. Le sofferenze cui accennavamo prima, quando non ti fanno soccombere, ti danno una forza ed una determinazione incredibili, ma soprattutto l’unione di queste sofferenze, e maggiormente l’unione di questi bisogni, produce, una volta superate le legittime diffidenze del bambino che ha già subito una deprivazione ed ha generalmente delle pessime esperienze con gli “adulti”, un AMORE SENZA PARI. E poi, come dice sempre il nostro bravo Don Giampaolo, conosci qualcosa di veramente bello, intenso, puro cui tu possa arrivare senza lottare, senza soffrire… le cose belle sono sempre difficili da ottenere.

 
La pubblicazione del "Diario" cosa rappresenta per te e la tua famiglia? e per tutte quelle persone, istituzioni che ruotano a questo incredibile impegno sociale?

Schiettamente e banalmente per me una soddisfazione enorme a cui tempo fa difficilmente avrei creduto, e di questo devo ancora ringraziarti per averci creduto quasi più di me. Per la mia famiglia la risposta è un po’ difficile, sicuramente Mara è molto soddisfatta, ma Maurizio e Alejandra hanno goduto di una certa popolarità senza ancora avere, credo, l’esatta percezione dell’essere protagonisti di un libro, chi per le sue oggettive difficoltà, chi per la sua tenera età.  Chissà in futuro se saranno orgogliosi o meno di questa esperienza. Per il resto, l’intento del “Diario” è proprio quello di portare un piccolo contributo che serva non solo alle potenziali coppie in attesa di adozione, ma anche a sfatare i tanti luoghi comuni che ruotano attorno all’argomento dell’adozione  per far comprendere che non è importante come si diventa genitori, ma come lo si è. Infine, essendo il “Diario” vita vissuta, c’è anche tanto della vita di Maurizio, il nostro figlio “speciale”: uno dei “messaggi” cui teniamo di più è che dalla lettura del libro si comprenda come l’adozione, o la nascita, di un figlio “diverso” non deve significare necessariamente e solamente sofferenza, ma anche e soprattutto gioia, recupero dei veri valori della vita, allontanamento dall’ipocrisia, crescita e maturazione personale nel confronto con la loro purezza e col valore aggiunto del loro essere “diversi”.

Vorrei chiudere con una citazione di una parte di una mail (capitolo MAIL DI RISPOSTA 18): "E' la forza dell'amore, quell'amore che è in grado di mettere al centro della propria vita le cose vere e uniche e di darne il giusto valore". Leggere le mail mentre eravate in Colombia cosa ha aggiunto alla vostra esperienza?

Chi ha letto il “Diario” e si è emozionato a leggere le mail, le nostre e quelle dei nostri amici, può facilmente comprendere come questa emotività abbia raggiunto livelli debordanti vissuta in tempo reale, sia da noi che da loro. Si è creata, sin dalle prime mail, una sorta di condivisione emozionale “intercontinentale” che ci ha continuamente sostenuto, incoraggiato, accompagnato nelle nostre avventure nel “Nuovo Mondo”. Il risultato è stato una carica esplosiva che ci ha fortemente aiutato a superare le mille difficoltà affrontate in quella speciale situazione, la base della pubblicazione del “Diario” e, soprattutto, un’esperienza come mai ci era capitato di vivere. Un enorme GRAZIE a tutti i protagonisti delle mail!



 
A volte, nella vita, si fanno incontri fuori dall'ordinario; il mio incontro con Paolo è uno di questi.  A volte corriamo così frenetici incontro a qualcosa che non conosciamo, che ci attrae come un magnete, che ci  sfuggono gli elementi essenziali della vita stessa. A volte, corrosi dall'io, dimentichiamo gli altri. A volte, corrosi dal nulla, dimentichiamo anche noi stessi.
Le pagine del Diario sono come un unguento per le ferite che portiamo nella nostra anima e spingono verso un emozione, che qualunque essa sia, è il sale della vita. Emozionano, fanno riflettere ed invogliano. Leggetelo.
A volte dentro pagine riempite di lettere si può comprendere il significato della parola amore.




sabato 12 gennaio 2013

COITI CREATIVI

ed ora ci sarà solo silenzio...
e pagine lette
e pagine scritte

svegliandomi, bevendo, mangiando, defecando e tornando a dormire

questa è la vita
il resto è solo l'illusione di viverla

nell'evanescente vanità del fare e dell'esistere
nell'assurda calamità dell'accumulo
nella lurida follia del possesso

arrancando nel girone infernale del lunedì venerdì
nell'attesa dell'eden domenicale
spurgando i tossici peccati nel sabato del villaggio

occorre tutto ciò per sentirsi vivi!
occorre di più per sentirsi migliori!

mangio, bevo, defeco...

ascoltando il pernicioso rumore del dovere
nelle scintillanti mattine corrose di quotidianità
nei brumosi pomeriggi dell'attesa del fine giornata
nel tenebroso candore della notte

e aspetto...

che tutto questo venga sepolto
dallo sbocciare di un fiore
e che qualcuno non venga condannato ad esistere

dalle ceneri di una notte d'amore
nei gemiti soffusi
di carezze e baci
di corpi immersi nel liquido pagano
di coiti creativi...

mercoledì 2 gennaio 2013

ILLUMINARSI

Nel 1784, negli Atti dell'Accademia delle Scienze di Berlino (consideratela come una specie di New York Review of Books dell'epoca...), uscì un piccolo saggio a firma Immanuel Kant "Che cos'è l'Illuminismo".
Egli sosteneva che era l'uscita dell'umanità dall'infanzia in cui essa stessa si era ridotta per: pigriza, stupidità, abitudine a fare sempre quello che viene insegnato di fare.
"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto  senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da un difetto di  intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e di coraggio di servizi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro" ...
"La pigrizia e la viltà sono cause per cui tanta parte degli uomini rimangono volentieri minorenni per tutta la vita  e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. E' tanto comodo essere minorenni: se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha la coscienza per me, un medico che decide per me sulla dieta che mi conviene ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero da me. Purché io sia in grado di pagare, non ho bisogno di pensare."
L'altro giorno mi è ricapitato fra le mani un libricino di Maurizio Ferraris (professore ordinario di Filosofia Teoretica all'Università di Torino), KANT E L'ILLUNIMISMO pubblicato da La Biblioteca di Repubblica, nel quale fa ha questa straordinaria intuizione: "Bisogna riflettere su questo punto (secondo capoverso in grassetto n.d.r.) straordinariamente attuale, perché oggi siamo tornati a delegare gli altri a pensare per noi...".
Mi ero ripromesso di rifletterci sopra ed eccomi qua...ora, in questo momento, la considerazione di Ferraris non solo mi trova in completo accordo ma direi ancor di più....non solo siamo tornati a delegare...oserei dire che in moltissimi casi non siamo più in grado di pensare...
E' un pensiero che mi fa orrore, ma che continua a girarmi per la testa da molto tempo e che quando mi è capitato di trovarne appoggio in questo scritto mi si è sempre più insinuato come una certezza.
Pur deprimendomi, ho cercato di isolare questo pensiero additandolo ad una certa forma di "depressione intellettuale", nel senso che forse, a volta, ingigantisco troppo quello che credo sia la realtà che mi circonda e tendo a divenire cupo ... ma poi, sul Messaggero del 1° dicembre sono incappato in una intervista a Tullio De Mauro (linguista italiano) fatta per Il trimestrale Il Mulino e la depressione ha lasciato il campo allo sconforto...dal 1995 l'OCSE ha iniziato a raccogliere dati sui livelli di alfabetizzazione usando indagini comparative internazionali ed osservative sui livelli degli adulti; dal prossimo anno i dati a disposizione dovrebbero essere triennali. Lo studioso definisce i dati "drammatici".
"...è interessante notare che in tutti i Paesi ci sono fenomeni di regressionei n età adulta rispetto ai livelli formali, e questo del resto è il motivo per cui l'OCSE ha sposato questa indagine. Questo, oramai bisogna rassegnarsi, è un dato fisiologico...ma noi siamo alla patologia...i nostri dati sono impressionati. Un 5% della popolazione in età adulta e di lavoro, quindi non vecchietti e vecchiette, ma persone tra i 15 ed i 65 anni non è in grado di accedere neppure alla lettura di questi questionari (l'osservazione riguarda il comportamento delle persone dinanzi a sei questionari graduati e vedendo come gli interpellati rispondono se rispondono, a richiesta di esibire capacità di lettura e comprensione, scrittura e calcolo) perché gli manca la capacità di verificare il valore delle lettere cha ha sotto il naso. Poi c'é un 38% che identifica il valore delle lettere ma non le legge. E già siamo oltre il 40%. Si aggiunge ancora un altro 33% che invece legge il questionario al primo livello, dove le frasi si complicano un po', si perde e si smarrisce: è la fascia definita pudicamente "a rischio analfabetismo". Si tratta di persone che non riescono a prendere un giornale o a leggere un avviso pubblico, anche se è scritto bene, cosa tutta da vedere e verificare. E così siamo a tre quarti della popolazione...resta un quarto della popolazione su cui la seconda indagine infierisce, introducendo domande più complesse, di problem solving, cioè di capacità di utilizzazione delle capacità alfanumeriche dinanzi a problemi inediti. Così facendo, si arriva alla conclusione che solo il 20% della popolazione italiana è in grado di orientarsi nella società contemporanea, non nei suoi problemi, beninteso...siamo al di sotto di qualsiasi standard...tra i Paesi considerati bisogna arrivare allo Stato del Nuevo Leon in Messico, per trovarne uno più malmesso di noi...penultimo posto della graduatoria..."
Dati catastrofici...pur apparentemente  distanti le due cose dal mio punto di vista sono invece strettanmente correlate, perché chi non sa orientarsi, infine, è costretto a chiedere a chi è in grado di farlo, o almeno si pensa.
Credo che la deriva italiana nasca da una molteciplità di problemi, ma la regerssione dell'alfabetismo in età adulta racchiude tutti gli altri.
La scuola e la famiglia recitano il ruolo di primo piano in questo ritorno al passato (i dati sono ancora più incredibili, anzi paradossali, se si pensa che questo Paese conta fra il 75% e l'80% di diplomati....).
L'uscità da questo stato di minorità diviene, a questo, punto un imperativo categorico al quale nessuno può più sottrarsi, perché varrebbe a dire rinunciare a tutte le conquiste che sono state raggiunte dal dopo guerra ad oggi.
Certo mi rendo conto che la domanda sul come diviene imbrazzante allo stato delle cose. Occorre, di certo,  una nuova coscienza sociale, abbandonando retoriche trite e consunte che ci stanno divorando e ci stanno lasciando alla mercè di tutti quegli individui parassiti e senza scrupoli che gravitano attorno all'osso fregandosene di chi resta a bocca asciutta.
Tutti possiamo fare qualcosa. Mettiamoci in moto.
E qualcosa deve pur accadere...