lunedì 17 novembre 2014

CINQUE DOMANDE A: ANTONIO ADORNATO

 





Antonio Adornato
nato a Roma il 22/11/1961
Componente esecutivo nazionale Agenzie Fiscali RdB/CUB
(Rappresentanze sindacali di base USB Unione Sindacati di Base) - Esecutivo Nazionale Pubblico Impiego
Attività Sindacale dal 1994 al 2010


 
Cosa è oggi il sindacato?
Il Sindacato nasce quale organismo di tutela dei diritti dei lavoratori e tale scopo non deve e non può conoscere limiti temporali.
Il raggiungimento di tale scopo si ottiene attraverso il conflitto, unica modalità possibile e praticabile che il Sindacato deve, a mio parere, intraprendere. Attualmente, però,  la maggior parte delle OO.SS. ha preferito intraprendere  altri percorsi tant’è che la Concertazione è ad oggi l’istituto principe   che regola i rapporti sindacali.
La concertazione, che spesso degenera in una vera e propria cogestione con la controparte, ha determinato la distorsione del conflitto stesso, perché si base sull’idea comune delle due parti di arrivare ad un accordo che le favorisca entrambi. Ciò è la prova provata che il sindacato per l’esercizio della sua funzione non può prescindere dal conflitto.
Una sigla unitaria, che raggruppasse tutte quelle esistenti, non sarebbe auspicabile? In sostanza un pensiero univoco…
In Europa il sindacato unitario non esiste ad ogni “sigla” corrisponde una propria politica del lavoro. Anche qui assistiamo alla esasperazione di questo concetto per il quale “alcune sigle” immemori della vera mission portano avanti una politica sindacale annacquata, finalizzata al mantenimento della propria struttura organizzativa che guarda più agli interessi specifici dei propri iscritti dimenticando il ruolo di tutela dei diritti di TUTTI i lavoratori, iscritti e non. Tale modus operandi è consentito dalla mancanza di una legge seria sulla rappresentanza, edulcorata da accordi quadro specifici per il Pubblico e per il Privato, la cui degenerazione consiste in elezioni per la rappresentanza all’interno di alcune categorie, dove è garantito uno zoccolo duro alle sigle storiche le quali si sentono legittimate alla cogestione dell’azienda piuttosto che della fabbrica. La democrazia necessita di più voci affinché la tutela sia a 360°. In Italia, oggi, abbiamo bisogno di una nuova legge sulla rappresentanza che dia la possibilità ad ogni lavoratore di scegliere liberamente da chi essere tutelato e rappresentato, anche perché siamo arrivati al paradosso per il quale, così come nel mondo politico, i vertici sindacali sono completamente scollati dalla base.
Marini e Bertinotti presidenti delle Camere nel medesimo Governo, esempi massimi della commistione, oramai acclarata, del sindacato con la politica; trovo profondamente scorretto che sindacalisti (anche con l’ex davanti) ricoprano cariche sociali di vario tipo …
L’alterazione delle politiche sindacali alla quale abbiamo assistito ha generato una commistione anche dei ruoli ricoperti. D’altra parte chi ha avuto un ruolo all’interno del tipo di Sindacato di cui sopra, è in grado tranquillamente di ricoprire un ruolo all’interno dei Partiti e quindi anche una carica istituzionale. Il problema è a monte: il sindacato è diventato un carrozzone autoreferenziale svuotato del nobile contenuto per il quale è nato, così come la politica ha dimenticato il suo vero ruolo. 
Cosa  è possibile leggere nel domani della rappresentanza dei lavoratori? La tutela del lavoro, nelle varie forme nelle quali si esprime oggi e che, probabilmente, saranno ancora più varie nel futuro, sarà ancora possibile sulla base dell’ideologia in corso?
La debolezza dei partiti e la carenza di dialettica politica relativamente soprattutto alle politiche sociali, ha “costretto” il Sindacato a farsi carico di problematiche che dovrebbero, viceversa, essere affrontate dalla politica in senso stretto. Se pensiamo a quanto la politica sia latitante nei confronti delle problematiche veramente sociali quali l’immigrazione, la disoccupazione, i problemi abitativi, carovita capiamo perché oggi il sindacato, soprattutto quello lontano dalle logiche di cui sopra, è stato chiamato dalla società stessa a coprire questi spazi. E dunque il sindacato non rappresenta più soltanto i lavoratori in senso stretto,  ma tutte le classi sociali a vario titolo sofferenti.
Dall’altra parte il mondo del lavoro non si è evoluto nel senso di conquista di maggiori diritti ma si è modificato, anzi è stato modificato in modo tale che non ci fossero gli spazi preposti all’esercizio del ruolo sindacale. La precarizzazione attraverso la miriade di contratti cosiddetti flessibili trancia di netto la possibilità di “avere diritti” da parte di lavoratori che sono riconosciuti tali dalla legge solo nella parte che riguarda i doveri. La politica qui sì ha giocato un ruolo determinante perché non solo ha stravolto le regole del gioco ma ha scientemente scelto di schierarsi da una parte sola, quella del datore di lavoro: facendo leva sul senso di responsabilità dei cittadini e sulla crisi, ha istituito contratti di lavoro a senso unico, guardandosene bene di legiferare relativamente alle tutele. Questo tipo di  lavoratore è stato isolato, lasciato completamente solo, in balìa di pseudo-contratti che definire “punitivi” è comunque poco. Parallelamente, poi, nel mondo del lavoro cosiddetto tradizionale, assistiamo ad un arretramento sostanziale dei diritti acquisiti è per questo che tutto il mondo del lavoro oggi chiede a gran voce una nuova legge (forse il job act?) che finalmente ridetermini le regole del gioco, riconoscendo al Sindacato il ruolo che gli compete. Le lotte dei lavoratori degli anni 60 portarono alla legge 370/69, una legge quale tutela di TUTTI i lavoratori dipendenti, una legge che codificava anche la funzione del Sindacato. Oggi abbiamo bisogno di una nuova legge che abbracci tutto il mondo del lavoro. 
La tua esperienza … gioie e dolori … lo rifaresti?
Lo rifarei, l’esperienza è positiva …
I dolori più grandi: il vedere spesso che l’interesse personale vincesse su quello generale cosi come il sentirmi “inadeguato” visto che sovente sui tavoli di trattativa non erano presenti rappresentanti dalla “mente libera”.
Gioie tante, risultati importanti e la consapevolezza che alcune iniziative furono importanti e portarono giovamento ai lavoratori TUTTI (salario accessorio in busta paga).
Anche il rispetto dimostratomi dalla controparte fa parte, in un certo senso, delle soddisfazioni ...
Lo rifarei sempre però con la consapevolezza che il mio tempo era finito lì anche se dopo quattro anni i nomi dei sindacalisti sono rimasti gli stessi, eccetto il sottoscritto.
Ho conosciuto Antonio poco tempo fa ... ed un giorno gli ho proposto questa intervista. E' passato ancora qualche tempo prima che mi desse le risposte alle domande che gli avevo posto. E il motivo del tempo trascorso è tutto nelle risposte che mi ha dato.
Antonio è una mente lucida, che vive nel reale problematico di tutti noi. La mia idiosincrasia ai sindacati è nota, come è nota la mia ferrea volontà nel difendere quello che resta dei diritti di chi lavora; ho voluto ascoltare, quindi, cosa aveva da dirmi il Sindacato in proposito e ho avuto dietro le risposte che cercavo.
Ho ascoltato un Sindacalista vero, al di là degli stereotipi ideologici nei quali siamo caduti, ed un uomo vero, il cui credo può concentrarsi nella risposta all'ultima domanda ... ho pensato e ripensato a quello che mi ha detto e, sinceramente, devo dire che non ho trovato nulla che non sia condivisibile ...

mercoledì 12 novembre 2014

l'onore, la gloria, la solitudine


ho inseguito per tutta la mia vita qualcosa che non ho mai conosciuto, cavalcando un desiderio di cui non ho mai goduto.
ho appreso, consumando pagine di libri, gomiti, occhi, tempo, cellule celebrali ... fagocitando me stesso nel mio delirio di onniscienza, spegnendomi lentamente, distaccandomi dal reale.
ho creduto di poter un giorno sapere, espandendo la mia ram per ospitare più giga, in una trance ipnotica di mascherata trascendenza.
ho parlato con me stesso, percorrendo strade sterrate nei boschi che ho usato come rifugio per nascondermi, mimetizzarmi, evaporare inghiottito da un rutilante silenzio.
ho pensato, disteso sul letto nel buio di una stanza, angusta come una prigione, immensa come lo spazio siderale, vuota come una città bombardata, rigogliosa come il giardino dell'eden.
ho pianto, come un bambino privato dei giochi, dell'affetto, dell'amore.
ho inseguito il mio fantasma, rincorrendolo in  vicoli stretti, piazze immense, autostrade senza uscita, non riuscendolo a prendere mai.
ho sorriso della mia pazzia, corrosiva come una malattia, fantastica come una bugia, desolante come l'apatia.
ho guardato dentro uno specchio, vedendo il mio viso invecchiare, il mio sguardo cadere, la mia anima cedere.
ho tentato di cercare sollievo nel proibito, cancellando quello che ero con un bicchiere pieno di nulla, rovesciando quello che non ero nella tazza del cesso.
ho continuato, in una catarsi autodistruttiva, a cercare di demolire quello che pazientemente ho provato ad erigere.
ho pregato, che il mio cuore cessasse di battere mettendo fine alla mia follia.
ho amato, senza comprenderne il vero significato, ammaliato dal possibile, vinto dall'impossibile, cullato dal vento che non ha origine ma solo una destinazione.
infine ho aperto gli occhi, scoprendomi nudo nell'alba dell'uomo, incapace di esprimere un senso compiuto nella solitudine dell'ignoranza.
cammino ora in un qualcosa che non m'appartiene, distante e distaccato da me stesso, come un corpo alleggerito dello spirito, naufrago nell'isola più lontana del mondo conosciuto.
senza più parole, privato dei sensi, obnubilato nella ragione, avanzo in compagnia di una bambola voodoo nella quale  conficco spilli per provocarmi dolore.
un dolore che non può più essere lenito, perché resto incapace di donare una carezza, perché resto incapace, più di ogni altra cosa, di riceverla ...