Così anche quest'anno il
carnevale della festa del lavoratori è andato in scena nelle variopinte
modalità istituzionali e non solo.
Frasi fatte sono state proferite
dietro le maschere adatte all'occasione, sempre uguali nel rito nostalgico
assurto a tradizione.
Promesse, minacce, coriandoli di
speranza e ottimismo, bandiere, marce e cortei, musica a San Giovanni in
Laterano.
Il tempo si ferma oggi, ovvero
replica se stesso; estraendo un servizio di telegiornale dai famosi archivi Rai
di una qualunque data trascorsa potremmo riproporlo oggi e nessuno si
accorgerebbe della differenza; i più attenti, forse, potrebbero capire dagli
abiti degli intervenuti, ma tutto il resto apparirebbe mestamente identico.
E mestamente identico, nelle
forme e nella sostanza, risulterebbe il day after, di cui oggi potremmo
facilmente scrivere un articolo spacciandolo come profezia.
Cambiano gli interpreti, ma non
il modo di pensare. Il futuro corre più veloce del pensiero dell'italica elite,
tesa all'autoconservazione che conduce allo stagnamento, nell'attesa di un
giorno promesso che non vedrà mai la sua alba:
"Suvvia, però, sorridi
lavoratore, ti stiamo festeggiando, no? E sorridi anche tu in attesa di un
lavoro, quando l'avrai questa sarà anche la tua festa. Ci impegneremo per
questo, i tavoli di lavoro per il confronto democratico e civile sono già stati
preparati; la discussione sarà lunga, ma, statene certi, porteranno alla luce
un risultato straordinario. Lavoriamo per voi, e come potete ben vedere, noi
non festeggiamo in questa giornata; il compito istituzionale non permette soste
ludiche; abbiate fiducia, domani sarà migliore".
Le luci infine si spegneranno,
sul suono dell'ultima nota che vibrerà nell'attesa dell'applauso; le maschere
verranno riposte accuratamente, trecentosessantaquattro giorni volano, e per
preparare tutto questo saranno appena sufficienti ...
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