domenica 23 gennaio 2011

APPENDICE - CARLOS AMORALES

All'interno della mostra sulla CITTA' DEGLI DEI  al Palazzo delle Esposizioni è possibile visitare sei installazioni dell'artista messicano CARLOS AMORALES (Città del Messico, 1970); realizzate tra il 2005 ed il 2010.
E' la sua prima mostra nel nostro Paese, nonostante una, oramai, acclarata fama internazionale. Il titolo, REMIX, è un'applicazione del principio di ibridaziione su cui si fonda tutto il suo lavoro, ed ha una derivazione dal linguaggio musicale.
Tutte le sue opere in mostra originano dall'Archivio Liquido, un archivio digitale che Morales ha avviato alla fine degli anni '90 e che è in continua espansione; sono immagini ricavate da libri, foto scattate da lui stesso o scaricate da internet, che sono state trasformate attraverso processi creativi inventici e tecnici che divengono altro.
Quello che mi ha profondamento colpito è l'installazione DRIFTING STAR (stella alla deriva), del 2010.
Rappresenta una stella alla deriva nel cosmo, realizzata con 751 frammenti sospesi nello spazio di una immensa stanza all'interno di quella grandiosa e ariosa culla dell'arte che è divenuto il Palazzo delle Esposizioni.
Non essere di fronte ad un opera, ma esserne "dentro", partecipe, constituire con la propria presenza "parte dell'opera". Questo è quello che mi affascina e colpisce. L'intuizione di poter ricreare lo spazio siderale in cui frammenti di una stella viaggiano indisturbati verso la loro meta, e ,nel contempo, rammentare quanto l'uomo sia piccolo e, nello stesso tempo, parte del moto universale; questa è la genialità che mi ha rapito. Abbinarla alla CITTA' DEGLI DEI è stata un idea meravigliosa. La curatrice, Daniela Lancioni, merita un elogio, al pari di quello che è riuscita a portare nella nostra Città.
Il tutto si fonde in un paradosso temporale, che ammalia e centrifuga, estrapolando il visitatore dall'oggi, proiettandolo in un non-tempo di rara efficacia.
Se mai è possibile viaggiare nel tempo e attraverso il tempo, questo è un esperimento empirico da non perdere...

mercoledì 19 gennaio 2011

TEOTIHUACAN - LA CITTA' DEGLI DEI

PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI 9 NOVEMBRE 2010 - 27 FEBBRAIO 2011

La città di TEOTIHUACAN costituì il centro di una potente entità politica che fiorì mille aani prima che gli Aztechi fondassero la loro capitale, dove oggì sorge Città del Messico; crebbe fino a trasformarsi fra il III e VI secolo in una delle più grandi città mai costruite nell'america precolombiana.
Un velo di mistero ancora avvolge le antiche rovine: chi erano e che lingua parlavano gli abitanti di TEOTIHUACAN? Come chiamavano se stessi e come chiamavano la loro città?
Il nome con la quale oggi noi la conosciamo le è stato dato dagli Aztechi, che nella lingua nàhuati significa " il Luogo dove gli Uomini divengono Dei".
Il percorso di visita si snoda nelle sette gallerie che compongono la mostra:
1) ARCHITETTURA E URBANISTICA
2) POLITICA, ECONOMIA E GUERRA
3) IL SACRIFICIO
4) RELIGIONE: DEI E RITUALI
5) LA VITA NEI PALAZZI E NEI COMPLESSI RESIDENZIALI
6) LO SPLENDORE DELL'ARTIGIANATO TEOTIHUACANO
7) TEOTIHUACAN E IL MONDO MESOAMERICANO.
Nelle sale 1,2 e 4 sono stati affiancati alle opere anche effetti audiovisivi che rendono ancora più partecipe il visitatore all'evento.
E' un esperienza che consiglio vivamente, a chi ancora non avesse avuto il privilegio di farla. Un abbinamento di misticità e miticità, un esoterico trapasso temporale nel magnifico spazio del Palazzo delle Esposizioni. Che va al di là della semplice curiosità o del valore intriseco di ciò che è esposto, ovvero l'opera di una popolazione misteriosa che è vissuta sul nostro pianeta e che ha lasciato tracce tangibili del grado evolutivo che aveva raggiunto.
Da non perdere.

domenica 9 gennaio 2011

LETTERA ALLA DONNA DELLA MIA VITA (che ancora non c'è...)

Ti ho aspettata.
Ti ho aspettata tanto.
Con pazienza, speranza, credendoci sempre. Perchè non potevo fare altrimenti.
Ho affogato l'attesa nel vizio, creando felicità artificiale, finché non è stato più abbastanza. Palliativi costosi e dannosi, inutili; ma la noia della solitudine ha bisogno di sollievo e da qualche parte bisogna pur cercarlo.
Ma dura sempre poco, e col tempo anche meno.  E ne hai sempre più bisogno, e quando scopri che ti lega ti accorgi che il nodo è troppo stretto per scioglierlo.
Piangere e commiserarsi non è sufficiente. Occorre aver fede.
Vedevo nel mio futuro il tuo volto; non delineato, fuori fuoco, indefinito. Ma sentivo che c'era e che in un futuro prossimo si sarebbe mostrato.
E così l'attesa è divenuta ancora più odiosa nella lotta per sciogliere il nodo, contiuando a nuotare nel vizio, cercando di non affogare.
Poi ho iniziato a sentire la tua voce che sussurava parole che non capivo, ma che componevano una melodia che mi ammaliava.
Ed ho preso a nuotare con più forza, affrontando onde sempre più alte, controccorrente, con i polmoni pieni d'acqua.
Ma più nuotavo più l'approdo lontano m'appariva ed il nodo sembrava volermi trascinare nel fondo di quell'oceano artificiale eppure così vero e burrascoso, per inghiottirmi per sempre in una acquiescenza silenziosa di rassegnazione.
Così in un giorno d'autunno della fine dell'anno ho smesso di nuotare, stremato e vinto dall'imparità della lotta. Mi mancava l'aria e le braccia erano oramai intorpidite dallo sforzo e l'ipotermia s'affaciava nell'acquietarsi delle acque; ed è lì, in quell'esatto momento che ho chiuso gli occhi dichiarandomi vinto e ho smesso di nuotare, lasciandomi andare nella corrente, abbandonandomi all'inevitabile.
Nel silenzio tenebroso della quiete dopo la tempesta aspettavo, aspettavo, aspettavo.
Poi il tuo volto s'è materializzato e la tua voce s'è liberata e come una sirena omerica hai iniziato a cantare per me il cielo in una stanza.
Ti ho aspettata.
Ti ho aspettata tanto.
Ora ti ho trovata.
Il nodo d'incanto se sciolto e il dolce brivido della libertà mi ha rianimato in un colpo di tosse che ha espulso l'acqua in eccesso dentro di me riportandomi alla coscienza.
Ora ti ho trovata, e ti tengo stretta a me.
Non canti più.
Mi guardi, sorridi, e poi abbassi gli occhi.
Non occorrono parole.
A me basta ascoltare il battito del tuo cuore che suona le universali note dell'amore per ripagarmi dell'attesa... 

sabato 8 gennaio 2011

LA SOLITA STORIA...

Repubblica Ceca, Romania,Ungheria,Bulgaria, Lituania e Lettonia hanno chiesto all'Unione Europea (di cui sono paesi membri) di equiparare il negazionismo dei crimini staliniani a quello (che è punito per legge) dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti.
Risposta: NO.
La Commissione Europea, Istituzione dell'Unione, non li ha reputati equiparabili.
Esitono crimini di serie A e crimini di serie B. Esistono criminali e criminali.
Quello che ci lascia interdetti non è tanto la rilettura giuridica della storia, che lascia il tempo che trova, ma la necessità di fare un distinguo fra le due peggiori ortodossie che hanno caratterizzato la storia europea, accumunate da efferratezza e spietatezza in nome di qualcosa che solo a scriverlo ci viene la pelle d'oca.
Non sarà certo il verdetto della Commissione Europea a farci cambiare idea, ma resta il fatto che è stata avvertita la necessità di farla questa distinzione. Di non mettere sullo stesso piano il nazismo e il comunismo.
Non ci fu eliminazione sistematica di un etnia nel comunismo. Ma ci fu qualcosa di peggio (se mai questo fosse possibile): la cancellazione fisica di chiunque non si riconoscesse nell'Ideologia.
Non staremo certo a strapparci i capelli per questo. L'Unione Europea si è distinta altre volte per prese di posizione assurde, tese evidentemente a non alterare i delicati equilibri che la sorreggono. Ci viene da ridere a pensare che una Istituzione politica di 27 stati che non sono riusciti a darsi una Costituzione (valori comuni condivisi) possa prendere decisioni in tal senso.
Ma questa è l'Europa, bellezza. Questo è il nostro futuro. Questo è quello che stiamo tentando di costruire dal 18 aprile 1951, anno di nascita della CECA.
Lasciamo una domanda al Presidente della Commissione Barroso: se venti milioni di morti Le sembrano pochi....

domenica 2 gennaio 2011

LULA POP - di Cesare Battisti

Grazie, Presidente, per questo Presente
grazie per non avermi restituito a quel paese di barbari
dove mi avrebbero imprigionato a vita
e dove la mia vita avrebbe corso gravi pericoli
Grazie, Presidente, per avermi restituito la mia dignità di uomo
che solo la libertà sa valorizzare pienamente
Grazie, per aver sfidato e vinto una nazione in nome di un'Idea
dell'acclarata superiorità morale che da sempre contraddistingue quelli come noi
Grazie, Presidente di non aver tenuto conto di quattro condanne in cassazione
e di una pena complessiva di trenta anni per tre omicidi più uno come mandante
tutti perpretati nel nome e per conto dell'Idea
che Lei, nella sua grandezza filosofica, riconosce come giusta e pura
Grazie per avermi difeso anche dal giudizio, iniquo, del Tribunale Supremo del Suo paese, emesso in ossequio ad un Trattato Bilaterale sull'estradizione di delinquenti
Come sono lontani dalla verità!
Fortunanatamente ci sono persone come Lei, Presidente, che sanno riconoscere un assassino da un fervente Idealista quale Io sono stato
come Lei e come il Presidente francese, altra persona illuminata
Resistere e sfidare il comune sentire, così di bassa e volgare cultura, ci accomuna, signor Presidente, e ci rende simili
Grazie, infine, per avermi restituito la possibilità di rifarmi una vita con la mia nuova compagna, una venticinquenne, bel lontana da queste diatribe giuridiche, che mi farà evadere, una volta per tutte, dal mio passato.
Grazie, Signor Presidente.
Grazie.

ipotetica lettera di cesare battisti al presidente brasiliano luna, dopo che questi ha negato la sua estradizione all'Italia con una scusa tanto risibile da essere efficace.
non importa che questo sia una Paese sovrano. non importa che ci siano quattro condanne da eseguire emesse in un Paese altamente garantista come il nostro. non importa che persone come il Sig. Torregiani stiano aspettando giustizia da trent'anni. non importa che tutto ciò possa creare un gravissimo precedente. del resto quel paese da lustri ospita gente di ogni risma e la lascia prolificare sul suo territorio. ed è per questo che si permettono di darci lezioni su come istruire, eseguire e portare a termine un processo. perchè di solito loro non li fanno. non ai terroristi. ed è per questo che fanno insinuazioni sul nostro sistema carcerario, definitivo primitivo e a grave rischio per la salute di questo individuo; perchè il loro è un modello per società evolute (d'altronde in tutti i paese sudamericani sono note le favorevoli condizioni dei carcerati).
non c'è nemmeno più amarezza nel vedere portare a termine certe cose nell'impunità. auguriamo al Signor Preseidente di riuscire a guardarsi nello specchio in questo nuovo anno e di vedere un uomo. ma non so perchè ci vengono dei dubbi.