Oggi su FB mi sono trovato a leggere questo post di Andrea Caovini, sempre attento allo sviluppo delle cose che succedono attorno a lui e come sempre sarcastico, nonché puntuale ed essenziale, nei suoi commenti:
"A me quando sentite che è giunto il momento di fare qualcosa per questo paese allo sbando e concedete tutta la vostra onestà al servizio degli italiani e vi buttate in politica me fate una paura ...".
La locuzione cui voglio porre attenzione è " e vi buttate in politica", che se pur apparentemente brutale, è così efficace che non abbisogna di ulteriori accorgimenti dialettici per esternare un pensiero che racchiude in se una profonda filosofia nonché aspetto culturale del popolo italiano: la supponenza.
Credere di possedere la chiave per superare i problemi atavici che corrodono il bel paese, nonché le sue eterne contraddizioni, è forse il problema maggiore che occorrerebbe affrontare una volta per tutte al fine di eliminarlo, o comunque renderlo statisticamente irrilevante.
Essere colti dall'illuminazione come San Paolo sulla via di Damasco potrebbe essere veramente risolutivo per un "paese allo sbando", sarebbe un bene e ci si potrebbe fondare una nuova religione, visto che di partiti politici ce se sono fin troppi; ritrovarsi con un nuovo profeta illuminato che indichi la strada poterebbe essere veramente l'uovo di Colombo che tutti stanno dannatamente cercando e non trovando come la biblica Arca dell'Alleanza (tenderei ad escludere che Indiana Jones l'abbia fatto).
Pur cercando continuamente di aggiornarmi vivo nella perenne ignoranza; più studio cose più cose trovo e più ignorante mi accorgo di essere, senza soluzione di continuità. Mi sono laureato in Scienze Politiche in quanto appassionato della materia ed ho anche approfondito alcune questioni legate alla gestione del potere sia come autodidatta sia in lezioni universitarie non propedeutiche al mio corso, sostenendo anche alcuni esami nel mio precedente corso di Sociologia.
Ho avuto la fortuna, nonché l'onore ed il piacere, di incontrare eccellenze nel corso della mia vita che hanno da un lato ridimensionato il mio ego e dall'altro accresciuto la mia autostima, facendomi comprendere quanto sia lungo, tortuoso e ispido il percorso formativo di una persona che cerchi di affermare se stesso nella dimensione societaria nella quale vive, e anche quanto sia doloroso ed impegnativo il formarsi un pensiero stabile su come affrontare e risolvere determinate situazioni legate allo sviluppo della mia persona.
Ampliando questo discorso semplicemente ad un gruppo di persone, ovvero farsi carico di risolvere problemi legati anche ad una piccola collettività, il percorso diviene, gioca forza, ancora più duro e irto di difficoltà.
Alla necessità di conoscenza ad ampio raggio che occorre per affrontare con razionalità situazioni collettive bisogna anche aggiungere delle qualità intrinseche che l'individuo che si propone per tali compiti dovrebbe possedere come minimo; capacità di analisi, essenzialità, saper ascoltare, prendere decisioni anche scomode, freddezza, lucidità scevra dall'emotività, eloquio significativo e trainante, onestà, lungimiranza.
In assenza di una delle due delle componenti, o le stesse pur possedute insieme non solide, non si può che non aggiungere altro a quello che già è, ovvero allo status quo dominante.
Proporsi è sempre un bene, questo non è in discussione. Quello che occorre è farlo dopo una attenta analisi di se stessi e di quello che si sente sia possibile riversare nella collettività come valore aggiunto e non come aggiunta e basta.
Io non ho qualità, me ne rendo conto quando analizzo problematiche sociali e non riesco ad individuare soluzioni che possano ribaltare lo status quo dominante, appunto; leggo, ascolto, cerco di comprendere l'orientamento sociale, studio se vi siano state in epoche precedenti problematiche affini e se si cerco di capire come sono state risolte o dove il superamento delle stesse si sia arenato o non sia stato completato, ma infine mi trovo punto e a capo.
Ragione per cui non credo che sia la persona che possa risolvere da solo i problemi di questo "paese allo sbando"; però se qualcuno ritiene di poterlo fare, senza supponenza, io sono pronto a dare il mio piccolo contributo di conoscenza ed esperienza.
Poi può accadere l'imponderabile: che King Soldatino e D'Artagnan, tre cavalli di scarsa qualità, vincano una tris e chi ha puntato su di loro, i non esperti del settore, vincano una discreta somma, così come celebrato in un film divenuto cult come "Febbre da cavallo", che nella sua estrema semplicità racchiudeva e esplicitava il profondo concetto filosofico e matematico della casualità.
Quello che credo non sia possibile, però, è affidare il futuro della nostra socialità a chi ha scarsa qualità, che si statisticamente può anche raggiungere il suo obiettivo una volta, ma fallirebbe in tutti gli altri causando, come succede, guasti inenarrabili.
Poi ognuno faccia la sua puntata, su questo libero arbitrio ...
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