Se fondiamo nel concetto di "onestà" il presupposto ineludibile per una "buona condotta politica" a cosa dovrebbe sottintendere il medesimo?, ovvero quando il comportamento politico che ci apprestiamo a sindacare può definirsi tale?
E' onesto chi non prende soldi per avvantaggiare questo o quello oppure è onesto chi ricava da comportamenti condannabili dalla legge un acclarato bene comune?
Se il fine giustifica i mezzi, e se, quindi, il politico che finisce sotto processo e viene condannato ha però ottenuto quello che aveva promesso in campagna elettorale, il giudizio del popolo deve essere necessariamente negativo?
Viceversa, se il medesimo politico facendo riferimento alla stella polare dell'onesta non ottiene ciò che il popolo ritiene ineludibile, il giudizio sul suo operato deve intendersi ugualmente necessariamente negativo?
Nel momento in cui la sovranità popolare concede ad un tizio di poter disporre della cosa pubblica affinché questo possa poter raggiungere gli obiettivi sbandierati prima delle elezioni, cosa ritiene che lo stessa debba fare per accontentare i suoi elettori?
Nel momento decisionale chi tiene l'istituzione è solo; si sarà consigliato, avrà ascoltato, avrà valutato tutte le possibili alternative ma, comunque, arriverà un momento in cui dovrà necessariamente assumere una decisione definita su quanto sta per promulgare.
Se nel vaglio delle possibilità quella che appare la più giusta in relazione alle aspettative sociali potrebbe comportare un rischio giudiziario da assumere sulla propria persona, quale sarebbe la scelta giusta da fare? Optare per una soluzione sicura ma mediocre oppure correre il rischio e protendere per quella in cui potrebbe ritrovarsi difronte ad un giudice per giustificarla?
Quante scelte che poi si sono rivelate corrette hanno avuto per presupposto un comportamento non in linea con il dettame legislativo?
Quale è il vero significato del potere politico? E può questo essere alieno alle regole prestabilite in virtù della "Ragion di Stato" che gli e propria?
La persona che ha guidato sette governi italiani, conducendola in quello che è passato alla storia come il "boom economico", giudicata in un tribunale come mandante di un omicidio, avrebbe potuto avere come attenuante, qualora ciò fosse stato vero, che la decisione sarebbe stata presa in forza dell'allora "Ragion di Stato"?
E se nel collegio giudicante ci fosse stati voi, qual'è la decisione che avreste preso in proposito?
Il fine giustifica sempre i mezzi fino a quando produce un diffuso benessere o i mezzi non giustificano mai un fine pur se ritenuto socialmente apprezzabile?
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