Rifletto oramai da molto tempo sul "prodotto calcio", offerto oramai quotidianamente dalle due pay per view che operano sul territorio nazionale, e più lo faccio tanto più me ne distacco.
La visione della partita è preceduta dalle interminabili analisi degli esperti, quasi sempre ex calciatori, che producono banalità senza soluzione di continuità oltre tutto molte volte sconfessate dall'andamento della partita.
Gli altrettanto interminabili post partita, analizzati dai medesimi esperti del pre, arricchiti, per così dire, dalle interviste ai protagonisti, ovvero calciatori e allenatori (lasciamo stare i presidenti), sono ancora più stucchevoli e surreali; se fossero mandate in onda le immagini di una partita della giornata precedente e la facessimo seguire dalle immagini del post partita di quella appena visionata ascolteremmo le medesime parole vuote e di circostanza.
Le partite poi, nonostante l'enfasi profusa dai commentatori, oramai più venditori che cronisti, la maggior parte delle volte offrono uno spettacolo desolante, in stadi quasi sempre vuoti nei quali oramai è anche proibito tifare (non riesco a capire, in proposito, come si possa vietare la libertà di espressione sancita dalla Costituzione Italiana, di gran moda in questo momento).
Esistono e sopravvivono nel nostro Paese tre quotidiani sportivi, quasi tutti interamente dedicati al calcio, e tutti i maggiori quotidiani nazionali contengono almeno due pagine di cronaca sportiva; cosa trovino da dire ogni giorno resta per me un mistero.
A Roma, ma anche in altre città italiane, ci sono poi trasmissioni radiofoniche dedicate interamente ad una squadra, che ogni giorno propongono un fiume di parole accompagnate dalle opinioni telefoniche di esperti e finanche ascoltatori, che devono essere comunque un numero elevato visto che queste trasmissioni vivono della raccolta pubblicitaria che è legata agli ascolti.
A quanto ne so, poi, seppur per pochi intimi, sussistono ancora programmi televisivi su canali locali storici che propongono fiumi di parole, magari anche immagini di repertorio, accompagnate, pensate un po, dalle opinioni dei medesimi esperti dei network nazionali e delle radio e finanche dalle telefonate degli spettatori.
Se fosse possibile sommare tutte le parole che vengono dette e scritte giornalmente sui media sul "prodotto calcio" arriveremmo, credo, a numeri a nove zeri, che se moltiplicati per i restanti 364 giorni produrrebbero un numero mostruoso.
Se facessimo lo stesso calcolo per argomenti culturali (escludo la politica da questo discorso in quanto oramai la dialettica, una volta elitaria, è stata ridotta ad una rissa quotidiana dalle persone che la frequentano senza avere alcun merito in proposito) cadremmo nello sconforto più totale, in quanto le parole dette e scritte sarebbero davvero poca cosa rispetto al "prodotto calcio" ed, oltretutto, dovremmo anche prendere atto che i numeri di chi le legge od ascolta potrebbero risultare statisticamente ininfluenti.
Tutto questo, a mio modesto avviso, rappresenta inequivocabilmente lo specchio di un Paese che crede di essere all'avanguardia mentre nella realtà fattuale è divorato dall'insipienza nonché da una radicata pigrizia dell'apprendimento.
Non è possibile cambiare un modello socialculturale se prima il cambiamento non sopravviene negli interpreti che dovranno poi attuarlo, e per far ciò che questo accada occorre una ferrea volontà di migliorarsi.
Credere di sapere resta il più grande difetto degli italiani e la migliore testimonianza in proposito è quanto sta producendo il movimento apparentemente rivoluzionario "5 stelle", che per una qualche oscura ragione ha in mano il cerino per accendere la miccia di un'esplosione nucleare, ma che non sfregherà mai per accenderne la fiamma perché, come ho più volte ripetuto, a dire "no" non ci vuole nulla ma per dire "potremmo fare" anziché "faremo" occorre una sensibilità sconosciuta a queste latitudini ...
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