giovedì 27 ottobre 2016

'NDITO AR CULO

Entrò in casa trafelata, chiudendo l'entrata con un calcio dato all'indietro come un cavallo e si fermò lì, all'ingresso, lasciando cadere la borsa di Gucci cui tanto teneva alla fine del lungo sospiro di soddisfazione mista ad angoscia che la pervadeva che emise  accordandosi al tonfo violento della porta che si serrava.
- Che cazzo fai?
La voce di suo marito la colpì con la medesima violenza che aveva appena inferto al pregiato lavoro in noce con blindatura acquistato di recente per via dei ripetuti furti negli appartamenti della zona nella quale abitavano da più di venti anni, che aveva subito un progressivo degrado come la maggior parte della città una volta eterna ed ora sulla via di un inarrestabile declino.
- Torno ora ...
Erano le otto di sera di una troppo calda giornata di ottobre, trascorsa parte nel delirio del traffico di andata e ritorno per il lavoro e parte nella follia di una giornata iniziata con l'amara ed incredula vista della sua stanza trovata chiusa, proseguita con il colloquio surreale con il responsabile delle risorse umane della sua azienda e chiusa con  la proposta di una misera buonuscita previa firma di lettera di dimissioni accompagnata dalla promessa di un aiuto ad un eventuale ricollocamento.
- E ti sembra un buon motivo per sbattere la porta?
L'aggressione verbale stavolta fu più tenue nei toni ma non meno violenta nella sostanza, tanto più che fu emessa senza staccare gli occhi dal televisore acceso su di un canale che proponeva il telegiornale della sera.
- Vaffanculo, Vaffanculo, Vaffanculo !!! Si, è un buon motivo per sbattere la porta, capito stronzo? Vaffanculo!
Le parole esplosero nella stanza uso soggiorno come un tuono di rara potenza annunciato da un lampo di luce in un cielo nero e gonfio di pioggia, spazzando via vent'anni di matrimonio, infrangendosi, infine, sull'uomo che aveva amato per un qualche tempo, ora inerte sul divano come uno scoglio solitario depositato lì da madre natura per un motivo sconosciuto.
- Ma che cazzo dici?
La reazione fu istintiva seppur prevedibile per un uomo che non aveva più nulla da chiedere al proprio destino, confinato nel triangolo fatto di lavoro, sky sport e poker del venerdì con quelli che restavano dei suoi amici, rassegnato nell'inevitabile tramonto di una vita subita più che vissuta.
- Basta, mi hai rotto i coglioni. Non ti sopporto più! Mi hanno licenziata oggi e sai qual'è l'altra novità? Mo' licenzio io a te. Vattene, sparisci dalla mia vita. Sei una presenza insopportabile. Ti guardo e mi fai schifo, ribrezzo. Sei come 'n dito ar culo ...
Le parole uscirono come vomito che prorompe dall'asfissia di uno stomaco attorcigliato da un dolore che ti piega in due, evacuando ciò che il tuo corpo non desidera assimilare, lasciandoti sudato e tremulo, ma libero, finalmente.
- 'n dito ar culo?
- 'n dito ar culo, si 'n dito ar culo ...
Vent'anni scorsero rapidi in entrambi in quel gelido momento di una fine troppe volte annunciata, ma mai concretizzata per motivi che ora appaiono risibili a due persone che si trovano una di fronte all'altra come estranei che litigano per un futile motivo di parcheggio.
Tutto quello che sembrava stato edificato con cura e amore si liquefò su quella rude quanto efficace affermazione; triviale, potente, significativa, inappellabile ...'n dito ar culo ...





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