Siamo minacciati dalla sofferenza da tre versanti: dal nostro corpo, condannato al declino e al disfacimento e che non può funzionare senza il dolore e l'ansia come segnali di pericolo; dal mondo esterno, che può scagliarsi contro di noi con la sua terribile e formidabile forza distruttiva; infine dalle nostre relazioni con gli altri.
La civiltà è costruita su una restrizione delle pulsioni; impone grandi sacrifici alla sessualità e all'aggressività dell'uomo. Il desiderio di libertà , perciò si volge o contro forme e pretese particolari della civiltà, o contro la civiltà tutta. La vita civile propone in una unica soluzione, piaceri e sofferenze, soddisfazione e disagio, obbedienza e ribellione. La civiltà, l'ordine imposto sul disordine naturale dell'umanità, è un compromesso, un contratto continuamente messo in discussione e da rinegoziare.
(SIGMUND FREUD - Il disagio della società)
Siamo perituri, questa, in effetti, è la nostra unica certezza. Dal momento del primo vagito all'oblio del corpo viviamo. Oggi, questo, riteniamo di farlo liberi, ovvero di poter esercitare il nostro diritto di scelta. Lo riteniamo, giustamente, sacrosanto, per quello che vuol dire. Ma in effetti, andando a fondo a questo diritto sancito come inalienabile nella Carta dei Diritti dell'Umanità, quanto quello che noi riteniamo "essere liberi" lo è veramente nella realtà?
Ci educano sin dalla nascita a muoverci in una struttura sociale delineata da regole, la totalità delle quali, a ben vedere, noi non abbiamo mai discusso; alcune le accettiamo come immanenti, ovvero che esistono da sempre (pur se il sempre è necessariamente limitato al lasso di vita che viviamo) e, in definitiva, ci battiamo perché restino tali per i nostri figli o chi per loro.
E' vero che accettando il modello societario che viviamo riteniamo che sia per lo meno adeguato ad una vita soddisfacente, ma questo comporta continue deprivazioni di quello che siamo come essere biologici.
Ciò che vorremmo il più delle volte non è possibile in quanto contrario o non conforme alle regole prestabilite; per la violazione di alcune di esse il nostro modello societario prevede addirittura la privazione della libertà, ovvero la detenzione in luoghi vigilati fino allo scontare della pena che è stata ritenuta giusta da chi ha stabilito le regole.
La creazione stessa dell'uomo, così come raccontata nelle Sacre Scritture, prevedeva che lo stesso vivesse confinato nel Giardino dell'Eden, pur se in una sorta di estati spirituale.
E lo faceva nudo, come del resto ancora oggi gli altri essere biologici che abitano con noi il pianeta e che comunemente definiamo animali.
Nel momento in cui ha assaggiato il frutto della conoscenza ed preso coscienza di se come essere ha si provveduto a coprirsi ma oltre a questo nulla più.
Per cercare di dargli un indirizzo su come strutturarsi in un contesto, diciamo così per comodità, più civile Dio ha dovuto imporre la sua legge con i 10 comandamenti.
Le 10 regole sono divenute immanenti e su di loro sono state costruite le regole successive che ci hanno condotto, bene o male, ai nostri giorni.
Senza non siamo nulla, ovvero esisteremmo individualmente ma saremmo annientati collettivamente in quanto non potrebbe esistere e prosperare alcuna struttura sociale; da questo noi "non siamo".
Chi rifiuta le regole è costretto a lasciare la comunità nella quale vive ed isolarsi ai suoi margini; ma, in effetti, con ciò "torna ad essere".
Perché allora scegliamo di non essere? Perché è più comodo? Perché è una vita migliore? Perché ci assicura, quanto meno, la sopravvivenza?
La società nella quale viviamo è fonte di insoddisfazione e reca nevrosi senza fine; ci attanaglia, ci costringe, ci priva, ci monitora e ci giudica. Ci rende, in sostanza, schiavi. Di dover fare, pena l'esclusione. E' basata sulla paura, ma dice di renderci liberi.
Essere o non essere, già.
Questo, in effetti, è un bel problema.
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