fuori piove. e dalla finestra della
mia stanza al lavoro sembra piovere ancora più forte. è una pioggia fitta, che
occulta la vista. semmai io abbia voglia davvero di “vedere”. cosa è in realtà che avrei voglia di vedere?
il cielo mi appare grigio, di un grigio
intenso, corposo, come un buon vino rosso che ti lascia lo stomaco acido, se
non abbastanza rodato al suo gusto. ed è proprio così che sento il mio stomaco,
annodato. come al terzo bicchiere di rosso, che oramai non tollero più.
l’effetto è il medesimo. acido. e virante al disgusto. le gocce d’acqua sono
così fitte che sembrano fili interminabili che vanno dall’asfalto al cielo e
viceversa. ma esiste il cielo? cos’è, in realtà, che ci circonda? atmosfera? biosfera?
ionosfera? e stasera?
continuo a guardare e a non vedere
nulla. alberi sfumati, colori appassiti di quelle che mi sembrano macchine,
edifici privi di contorni, non c’è più skyline. non ci sono più io. eppure
attorno a me avverto movimento, frenesia, telefoni squillanti, voci ultracorporee.
appuntamenti, fatture, date, money:
- che fai stasera?
- e a te che cazzo te ne
frega?
polimeri colorati, videopresentazioni
preregistrate su powerpoint:
- perché powerpoint? potere del punto? punto al potere? o chissà che?
ma continuo a guardare. ma continuo a
“sentire vibrazioni” dietro di me. la
vita non smette mai di riprodursi. mai. ma tutto questo, una volta, una cazzo
di volta, avrà smesso di copulare? non avrà mai avvertito un senso di
stanchezza? io l’avverto. stanchezza. mollezza. voglia di mollare. di sedermi. metaforicamente,
certo, ma di sedermi. girare sull’off:
- ma
perché non spento?
c’è talmente tanta frenesia e mancanza
di tempo che adesso vanno di moda gli “audiolibri”.
ma che cazzata è? dovrei comprare qualcuno che legge per me? magari mentre sono
in macchina e vado al lavoro? “l’estate
era noiosa dove sono cresciuto. Passavo lunghi pomeriggi a passeggiare sognando
la grande città … mentre il parroco in bicicletta pedalava trafelato per
raggiungere in tempo il campetto dell’oratorio, dove, di lì a poco un pallone
avrebbe preso a rotolare nella polvere che avrebbe cambiato colore alle scarpe
e alle magliette dei partecipanti all’evento in scena”, e tutte queste
parole intrise di ricordi, sgorganti dalla voce dell’attore in voga al momento,
mentre sei in fila sul grande raccordo anulare e ti scappa una bestemmia?
- ed il piacere di rileggere una frase che ti ha, magari, emozionato?
- rewind!
- e se volessi sottolinearla?
- non puoi!
- ma vaffanculo!
e continuo a guardare. immerso nella
placida follia di creare un momento iniziatico e magico solo per me:
- e che te ne fai?
già che me ne faccio se non l’accordo
sul roteare impazzito delle lancette dell’orologio? se mi fermo non sono forse
perduto? non vengo assalito da una cancrena parassitaria di inutilità? non mi
faccio schifo?
love me two time … I’m gona away…
jim morrison non ha precorso forse i
tempi?
organo, solo nella mia testa. solo per
me. e musica e sogni e chitarra e love me
two time girl …
no. non voglio smettere di guardare la
pioggia. nel frastuono perverso dell’ufficio che coagula vite spente e
ingenerose verso il miracolo che le ha messe nel vorticoso mondo che vivono. non
voglio smettere. voglio essere
anarchico. uscire dalle leggi della fisica. voglio migrare nella metafisica.
essere mefistofelico. bruciare e non morire. semplicemente rinascere. riappropriarmi
dell’evento iniziale, piangendo a dirotto, con la pelle bluastra, avvizzita,
stremata dallo sforzo di valicare la porta vaginale che mi immette nel mondo
dei vivi. ma non ero già vivo? dipende dalle correnti di pensiero. se aderisci
al pensiero scientifico o teologico. se
hai voglia di discuterne in parlamento. votare a favore o contro. se non
fai incazzare il papa. basta una legge a definirti un “essere vivente”? o la parola di dio? o tutte e due insieme? chiedere
la tua opinione? tempo sprecato. oggi della tua opinione non frega un cazzo a
nessuno. del resto siamo una democrazia adulta. perché fino a ieri era minorenne?
fanciulla? incapace e inabile? no, no. non ci siamo. adesso vado e dico la mia.
anzi meglio. apro un blog e la scrivo la mia e vediamo come va a finire. se non
la cambio la testa a questa massa adiposa e scivolosa che non ha più
riferimenti. take me spanish caravan …
yes i know you can … se parliamo e
scriviamo in troppi non è come se non lo facesse nessuno? non abbiamo tempo. ecco
l’idea: l’audioblog. da sentire in
macchina, mentre vai al lavoro:
- e se quella frase mi piace? mi procura vibrazioni positive?>
- rewind!
- e
se volessi stamparla e attaccarla in camera da letto?
- non
puoi!
- e
se volessi copiarla e mettermela come
sfondo sul desktop?
- non
puoi!
- ma
vaffanculo!
la pioggia
scema.
io sono
scemo.
la vita dietro
di me continua imperterrita. fax, email, giroconti bancari:
- che
fai stasera?
- e a te che cazzo te ne frega?
… until the end.
Pomeriggio al lavoro, in una pioggia
che si inocula nella primavera segnata già da dieci giorni sul calendario
dell’anno …
di quale anno?
e che importanza ha?