Prologo del primo dei due racconti pubblicati con Ibiskos con il titolo "In dodici ore circa"
- Epicuro ... è difficile
continuare ...
Una mosca ronza attorno alla mia
testa mentre un aeroplano invisibile si sovrappone momentaneamente alla colonna
sonora suonata nella macchia delimitante i bordi dello specchio d’acqua nel
quale si riflettono le nostre figure.
- e invece dai continua,
ti prego ...
Giunge la mani Azzurra,
sorridendo e socchiudendo le fessure degli occhi, mentre due papere si
avvicinano a noi, prima unite, poi divergenti, apparentemente seguendo interessi
diversi.
Le fisso, attratto dal loro
taciturno scivolare sull’acqua e dalla scia a “v” che si lasciano dietro. Ma
anche, e soprattutto, per non continuare a guardarla.
Maggio, finalmente! ci lascia
assaporare calore solare, dopo mesi di piogge e inondazioni, e terremoti e
fiumi in piena e...
- sei così bella.
Le braccia, lasciate scoperte dalla
canotta rosa che indossa e che risalta la candida pelle dei seni ancora lungi
da divenire abbronzati ma ugualmente, teneramente, invitanti, le fanno da leva
nella posa lasciva che adotta mentre mi ascolta.
Io sono seduto su di un masso. Il
sole inizia ad affondare i suoi raggi sulla mia pelle e gocce di sudore
iniziano a colorare, all’altezza del torace, la mia maglietta rossa sbiadita.
- sei così bella ... e così
giovane ...
Si volta di nuovo verso me e
sorride ancora, abbandonando poi, di nuovo, la testa all’ingiù parallela
all’esigue spiaggia sulla quale ci siamo nascosti, protetti dalla flora e dagli
alberi ancorati alle pareti di quello che una volta era un vulcano.
- continua, ti
prego.
- a parlare di Epicuro o di
te?
- a parlare ad Epicuro di
me!
Adesso è un’ ape a ronzarmi attorno ma non mi infastidisce, anzi. Gli uccelli cinguettano
armoniosi, la visuale è dionisiaca. Castel Gandolfo s’adagia in cima alla parete
che abbiamo di fronte, dall’altro lato dello specchio lacustre, immerso in una
mattina che sarebbe piaciuta a Monet.
Poi c’è lei.
Azzurra, 18 anni da due giorni,
bionda, burrosa semidea precipitata dall’Olimpo al mio fianco.
Ed io.
Andrea, 42 anni da febbraio,
moro, asfittico cultore delle buone maniere, umano. Apparentemente umano.
- Azzurra, caro Epicuro, ti
sarebbe piaciuta. né tanto né poco. azzurra è la giusta dose.
L’acqua s’increspa leggermente in
un refolo di brezza ascensionale, facendo vibrare le nostre figure adagiate
sull’acqua.
- è un divenire, una tenue,
calda corrente che scorre sotto il pelo dell’acqua colorata di verde da questi enigmatici fondali.
Sento il suo sospiro confondersi
nel gospel della natura. Guardo le sue gambe distese e, seppur siano occultate
da estivi pantaloni bianchi, non riesco a non pensare a quanto sarebbe bello
accarezzarle.
- Azzurra promette e
mantiene, pur non proferendo parola.
- sdraiati vicino a me, Andrea.
Pur in quell’angusto ma siderale
spazio, siamo lontani in effetti; o meglio, sono io che cerco disperatamente di
starle lontano.
- sei così teso ....
Mi lascio scivolare dal sasso sul
quale siedo, finendo disteso accanto a lei, sul compatto arenile color catrame
di origine vulcanica.
Il sole mi colpisce negli occhi,
accecandomi.
Poi lei crea un’ eclissi
artificiale, frapponendosi fra me e quella stella. Poi l’eclissi mi diviene
visibile, radiosa. E si scioglie, fondendosi in un bacio che solo Rimbaud
avrebbe potuto immortalare nella sua giovane e prepotente vena poetica.
Le sue primaverili forme
s’adagiano sulle mie e inizia ad accarezzarmi, mentre l’odore della sua pelle
mi permea soave e tremulo lasciandomi in uno stato ipnotico.
Mi bacia di nuovo, e poi ancora. E ancora.
E l’eden diviene realtà,
trascendendo la sua natura spirituale in un coacervo di immagini che mi
attraversano placide, bonarie, come fiori lusingati da un alito di vento.
- ti voglio.
In quell’esile sussurro Azzurra
esplode il suo voler essere donna, sentirsi donna, assurgere a donna.
In quell’esile sussurro mi
ritrovo prigioniero della mia avidità, del mio egoismo, del mio essere un uomo,
dopo tutto.
Un corrosivo minuto di occhi
negli occhi si dipana sull’accordo di quelle due parole, infrangendosi sulla
mia voce roca e cantilenante.
- sei solo una
bambina.
- non sei mio
padre.
- no. ma resti pur sempre
una bambina.
Le frasi escono come soffocate. Sottovoce.
- io ti amo.
Su quella chiara manifestazione
dettata, penso, forse dal momento la rivolgo con le spalle alla spiaggia, con
un gesto dolce ma furtivo, adagiandomi, stavolta, io su di lei.
- cosa ne sai tu
dell’amore?
- ne so abbastanza per
capire di essere innamorata di te.
- sei forse innamorata
dell’idea romantica di fare l’amore con me. non sei innamorata di me.
- sono innamorata di te,
invece. sei solo uno stupido se non lo capisci.
Versa una lacrima.
Mi alzo in piedi.
Le tendo una mano.
Una volta diritta la stringo a
me.
Restiamo a fissare il lago. Inerti. Abbarbicati l’una all’altro.
Una nuvola vela la sfera solare,
opacizzando l’azzurro del cielo ed il verde dell’acqua.
- capirai, quando ti
innamorerai davvero.
- io ti amo, Andrea.
- capirai, quando
l’incontrerai. ti basterà guardarlo negli occhi. e capirai. e ripenserai a
questo momento.
- amo te, stupido,
possibile che non lo capisci?
E inizia a piangere. In un fiotto
ad intermittenza, singhiozzante. Mentre continua a ripetermi: stupido,
sei solo uno stupido.
La stringo ancora di più. Il suo
viso annega fra i lunghi capelli mossi come onde nella tempesta che vortica nel
suo cuore ancora imberbe.
- capirai azzurra. eccome
se capirai.
La lascio lontano da casa, per il
pudore non dichiarato che porto dentro ogni volta che sono in una situazione
che mi crea imbarazzo.
Più tardi, dopo cena, siedo in
terrazzo e guardo nell’orizzonte la linea scura del mare, fumando una sigaretta
e ripensando al mattino ... chissà se ...
Il telefono cellulare vibra nella
ricezione di un messaggio.
“ti amo. comunque grazie”.
Allungo le gambe, chiudo gli
occhi e inspiro una vorace boccata di tabacco.
Dopo tutto, sono un uomo.
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