(SERIE ANA
- EPISODIO SETTE)
Non stiamo insieme, ci frequentiamo,
se così si può dire, quando abbiamo tempo, quando ne abbiamo voglia, quando il
nostro istinto ci conduce nel medesimo posto, quando i nostri ormoni diffondono
il loro richiamo, quando la voglia di vederci estirpa da noi il tarlo della
razionalità.
Presi dalle nostre abitudini, dalle
nostre imprese, dalla brevità dei nostri giorni, dal lavoro, dal bisogno di
riposo, dalla caducità dei nostri sentimenti, da quel che passa per le nostre
sinapsi deteriorate, dalla necessità
primordiale di dover resistere per poter vivere un altro giorno ancora, magari solo un'altra ora.
Avvizziti dalle nostre fobie, dalle
allucinazioni momentanee, da sogni
assurti a ragione di vita; destabilizzati dai nostri lunghi silenzi, dal troppo
ridere, dalla scarsità di soldi; esasperati dai nostri film, dalla nostra colonna
sonora, dalla solitudine da praticare come religione; emozionati e vinti dai
tramonti ammirati alla finestra, dalla pioggia che batte sul finestrino della
macchina; zavorrati dal nostro orgoglio, dalle nostre certezze, da quello che
vogliamo; avvinghiati come ad un salvagente al mangiare, al bere, al fottere, al
dormire.
Vivi, o credendo di esserlo, perché in
fondo chi può dirlo di "essere vivo"?
Proiettati al raggiungimento della
perfezione, o forse dell'imperfezione, assertori della bellezza come perfezione
e dell'imperfezione in quanto umani; egocentrici, maniaci, depravati,
dissoluti, indisponibili al compromesso, al servilismo come mezzo di utilità, nauseati
da ogni forma di potere, estranei ad ogni tipo di ortodossia precostituita, passiamo
qualche ora insieme, per lo più la notte, la nostra vera ed unica casa.
Ossidati dai miei interminabili e
futili monologhi, devastati dalle sue
distorsioni della realtà, resi instabili dai troppi drink, profondamente incerti sul numero dei suoi
anelli, estenuati dalle discussioni sui suoi capelli neri che non capisco come
pettina, se mai li pettina, sulle sue magliette una sopra all'altra, sulle sue
sigarette, sulle sue braccia muscolose, sull'adrenalina che mi scatena quando
le sono vicino.
Enigmatici, esoterici, messianici,
apocrifi, medium inconsapevoli, quantistici in realtà parallele, superstiti
dell'epopea sumera, afflitti dai nostri innumerevoli conflitti, morti e risorti
ogni maledetta notte ... vivi, o credendo di esserlo, perché in fondo chi di
noi può effettivamente dirlo di "essere
vivo"?
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