(SERIA ANA - EPISODIO SEI)
Mi telefona un giovedì sera, è estremamente loquace, piacevole. Poi mi tira un'esca, mi parla di una certa festa che si svolgerà domani dalle sue parti, un centinaio di km dalla cittàeterna, Terni per la precisione.
Mi dice che è una cosa fica; io rispondo
che si, potrebbe essere una cosa interessante. Mi dice anche che però
effettivamente è lontano da Roma, e che forse è meglio se ci vediamo in un
altro momento. Non la vedo da un paio di settimane, esattamente da dopo la
nefasta ed allucinogena domenica pomeriggio ad Ostia, così, come mi appare
ovvio, le rispondo che no, per me non c'è un problema, che si, si può fare,
dai, cento chilometri per vederla mica poi sono dodici ore in miniera ...
Riesco a vedere il ghigno sul suo
volto dall'altra parte del telefono, come se una forza misteriosa mi avesse
teletrasportato fino a dove si trova in questo esatto momento: e in effetti è
lì, bella, satanicamente bella. Gli dico "dai, ci sentiamo domani" e chiudo la conversazione
trasfigurando il suo medesimo ghigno sul mio viso; avendo soddisfatto l'appetito
del mio bulimico ego attacco alle spalle "a sud di nessun nord", esagerate pagine adatte all'ios appagato del momento.
Il giorno dopo è contrassegnato
dall'esasperata frenesia di vedere trascorrere velocemente le ore che mi
dividono da lei, ma il tempo, così come lo concepiamo noi, procede
indipendentemente dalla nostra volontà di accelerarlo o rallentarlo, pur, se,
tuttavia quell'alieno di Einstein ha teorizzato una certa relatività ristretta.
Comunque la sera arriva, e verso le nove e trenta, dopo una interminabile
doccia e una accurata scelta della camicia, come sempre rigorosamente nera come
i jeans e gli stivali, in total black
cioè, alzo le vele verso Terni, anche se mai e poi mai avrei immaginato di
andare a trascorrere un venerdì sera in quella città, ma tant'é. Come compagno
di viaggio ho scelto Vasco: ho dietro cinque cd. Accendo una sigaretta e lascio
scivolare il disco dentro l'hifi: quanti anni hai stasera? quanti me ne dai bambina? Lascio che la
notte copra i miei sentimenti, pur se non voglio che li soffochi; è dolce, e così lascio il finestrino aperto
per metà; lascio dietro i miei dubbi; lascio dietro le mie incertezze; lascio
la frizione e il viaggio ha inizio.
La chiamo quando svolto a destra dove
un cartello indica "centro",
e così finisco in un isola pedonale, mi dice di non muovermi, che arriva; e
poco dopo eccola manifestarsi sulla sua decappottabile bianca che sorride: l'amo,
si, mi sembra chiaro che l'amo. Mi abbraccia e mi bacia, e io mi sento in forma,
mi sento bello, anche leggermente più alto; seguo la sua Triumph con gli interni neri e ruota di scorta sul bagagliaio,
percorriamo un paio di chilometri, poi mi indica di parcheggiare, lì abitano i
suoi. Lascio la mia macchina senza appeal e salgo sulla sua intrisa di carica
erotica e filiamo nel posto nel quale si sta svolgendo la festa per la
quale ho ricevuto il suo invito.
Il party nella realtà è una festa del
cazzo, e io precipito subito nel buco nero della noia; lei, nel frattempo, ha
già salutato centoventi persone, gente, credo, che non vede da un qualche
tempo, e comunque sono cazzi suoi.
Poi, al terzo negroni, fortunatamente, inizio a rimettermi a piombo; inizio a sciogliermi,
così in quella lucidità artificiale che mi procura l'alcol inizio a contemplare
l'ipotesi che potrei anche provare a cercare di comunicare con qualcuno. Per
una qualche imprevedibile traiettoria del disegno divino che sto percorrendo mi
ritrovo a parlare con la sorella, si insomma, la sorella di Ana. Mi sembra di
capire che studia ingegneria, e la sua conversazione convenzionale procede,
così, fra alti e bassi, più bassi che alti in realtà; allora in un lampo di
furbizia trovo una scusa che mi permette di licenziarmi con garbo da
quell'inutile spreco di tempo e vado di nuovo al bar.
Mentre porto alle labbra il mio quarto
negroni inizia a balenarmi l'idea che
forse è meglio che me ne vado. Torno velocemente al posto dove ero seduto cercando
di incrociare la stronza ed inizio a scrutare la sala dove sono ammassate tutte
quelle inutili persone, finché non mi accorgo che è seduta dietro di me. Avvicina
la sua testa alle mie orecchie intorpidite dalla musica e dal tasso alcolico e
furbescamente si scusa per il party estremamente deludente, prima che io
dilaghi in uno dei miei famosi e famigerati sproloqui che recito quando le cose
non vanno come io nella realtà desideri; resto dunque nella la mia parte di
presunto fidanzato e le dico che non importa, che la festa era una buona scusa
per vederla.
Mi chiede se vogliamo andare, ed io
annuisco docile. Le tengo la mano mentre ci dirigiamo finalmente verso l'uscita
di questa paradossale follia che da questi parti chiamano party. Fuori la bacio, saliamo nella sua macchina; in un dionisiaco
silenzio mi conduce su di una collina appena fuori città. Sotto di noi si apre
una meravigliosa valle illuminata dalla discreta luce della luna, mentre un
gelido ma docile vento leggero inizia a
spirare sui nostri pensieri. Sulla strada due fogli di carta si rincorrono, e
quando il buio li inghiotte incrocio i suoi occhi che come lame mi penetrano;
mi avvicino alle sue labbra e le sfioro con il palmo della mano, poi dolcemente
l'accompagno verso me finché le nostre labbra si toccano, lasciandosi andare ad
un interminabile bacio, tenero, smaliziato, avido, generoso: un bacio d'amore.
E
restiamo lì a raccontarci le nostre storie, abbracciati, scaldandoci dal
freddo sempre più pungente; ridiamo, ci scambiamo carezze,
complimenti, sguardi, e poi ci baciamodi nuovo, cogliendo il nostro
attimo fuggente, il nostro momento, la parte che ci spetta.
Mentre
percorro l'autostrada al ritorno sorrido a me stesso come un idiota; scelgo un
cd e parte "c'e chi dice no":
guarda.
guarda là. guarda, la città. quante cose che ...
La
mattina sta spegnendo la sveglia mentre corro veloce sulla strada deserta, molto,
molto agitato. Ormai lo so: l'amo davvero.
Ritrovo questa sensazione dopo tanto
tempo, e mi inebria, mi scuote, mi
attraversa l'intestino e mi esplode in testa, e poi ricomincia. E' un brivido
piacevole, sessuale, sensuale, etereo. E' un lama tagliente che affetta il
passato. E' il mio futuro.
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