(SERIE
ANA - EPISODIO OTTO)
Dopo due mesi di conversazioni
telefoniche nel cuore della notte, fissiamo un appuntamento per andare a pranzo
da qualche parte; giugno è alle porte e preannuncia un estate con temperature
insopportabili.
Alle undici sono da lei, a Porta
Metronia, quartiere San Giovanni, parcheggiato di lato dove è posteggiata la
sua auto, così le manterrò il posto per quando torneremo, altrimenti rischiamo
di dover girare un ora per cercare un parcheggio.
Scende dopo una ventina di minuti che
sono li, e seppur questa cosa di dover aspettare mi fa incazzare molto oggi mi
lascia del tutto indifferente; mi saluta radiosa, deve aver dormito almeno
quattro ore penso, ed io ricambio accordandomi sulla sua stessa nota
emozionale.
Partiamo senza una meta precisa con
lei alla guida (mai e poi mai mi lascerebbe guidare il suo gioiello) e fra
amenità varie finiamo in un posto nell'alto Lazio, al confine con la Toscana;
mentre cerchiamo di comprendere dove siamo un cartello con la scritta "agriturismo" ci libera della
necessità di prendere una decisione su dove dirigerci per mangiare.
Dopo un paio di chilometri di strada
sterrata percorsa a passo d'uomo per non compromettere l'assetto già di per se
instabile della sua triumph finiamo
in un grande spiazzale circondato da alberi che proiettano sulla strada bianca
lunghe ombre; ne scegliamo uno per parcheggiarci sotto, quello più lontano
dall'entrata di quella che probabilmente era una fattoria ora riconvertita,
appunto, in agriturismo, anche se non c'è nessun'altra macchina. Mi dice di
andare a chiedere se possiamo mangiare, mentre si accende una sigaretta
appoggiandosi allo sportello della macchina togliendosi, nel contempo, il
piumone tenuto nel viaggio percorso senza capotte.
Entro, chiedo, ottengo un tavolo e
sono di nuovi fuori; mentre mi dirigo verso di lei un brivido di eccitazione inizia
a farmi vibrare come una corda di chitarra da flamenco; ed eccola li, superba,
estatica, invitante.
Un lungo bacio le da la risposta che cercava, poi le
sue mani iniziano a profanare i bottoni dei miei 501 neri mentre le mie accarezzano
le sua cosce nude; poi le alzo il vestito, lei si gira senza dire nulla e in
una frazione di eterno è a gambe larghe, piegata in avanti con le braccia tese
sul cofano della macchina. Inizio a prenderla da dietro, con colpi regolari,
ritmici; ho la testa all'indietro. Di fronte a noi c'è un grande prato, nel
mezzo di due colline, con tanti alberi
intorno; sarà mezzogiorno, abbiamo un tavolo prenotato in questa parte di mondo
e ora stiamo prendendo un aperitivo all'aperto. Adesso mi accompagna nel
movimento, si lascia cadere verso il cofano, si rialza, si volta a guardarmi, cerco di aumentare il
ritmo aggrappandomi ai suoi fianchi, i
colpi diventano feroci, affamati, violenti, fermati alla fine dall'eclissi
solare che oscura i miei occhi placando l'adrenalina in circolo nelle mie vene,
conducendoci nell'eden terrestre di cui solo Adamo ed Eva hanno avuto il
privilegio di godere, come la Sacra Bibbia ci insegna.
Nell'etero
silenzio che all'improvviso avvolge il luogo mistico nel quale ci troviamo si
alza, si abbassa il vestito ed infine si volta, mi bacia, mi abbraccia e come
attratta da un angelo sospeso sopra di noi inizia a fissare l'azzurro denso del
cielo, tappezzato da rade nuvole, bianche, come anime pure.
Dentro
Ana mangia con una certa voracità, mentre io la guardo sorseggiando un ottimo
vino rosso d'annata; ha una pelle bianca, candida; i capelli sono arruffati e
le cadono davanti gli occhi, che guardano in alto mentre rumina la carne
favolosa che abbiamo ordinato per secondo.
Brilla di una luce propria, particolare, morbida, ed io assorbo ogni singola goccia di questo giorno, partito bene dal risveglio, dell'ottimo umore di
entrambi, disponibili, carichi, generosi, a briglia sciolta.
Dopo, nel giardino dietro la fattoria, ci teniamo per mano
passeggiando, parlando a voce bassa ammiriamo estatici l'infinito gustando fino
all'ultima goccia di quest'incantesimo che siamo riusciti a creare.
Al ritorno le luci della città ci
appaiono all'improvviso come un set cinematografico in cui stanno battendo
l'ultimo ciak.
Un bacio lussurioso mi invita a salire
al primo piano.
Certi giorni, per fortuna, non
finiscono mai.
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