Recalcitrante a smettere di
pensare continuo a sbattere contro il mio senso ottuso, come in un gioco
virtuale per il quale non trovo la password per accedere al livello successivo.
E tento, imperterrito, di cercare
di violarlo inanellando un insuccesso dietro.
L'apparente sinossi di ciò che mi
è chiaro non trova mai la parola fine, ogni volta che riconsidero il tutto
nello schema che vivo al momento che lo faccio.
E' un circolo vizioso, nel quale
aggiungo ogni tanto una nuova convinzione che non si rivela tale al momento di
riconsiderarla, e il tarlo del dubbio sistematico torna prepotentemente a
manifestarsi in tutta la sua virulenza, e il mio senso resta ineludibilmente ottuso.
Non c'è nulla di definito,
chiaro, limpido, argomentato. Tutto è sfumato nell'incertezza delle variabili
che cambiano e le soluzioni alle equazioni ad un certo punto appaiono
illimitate.
Catturo pensieri organizzandoli
in file nel mio sistema operativo dentro il mio hardware, cercando, poi,
collegamenti fra loro seguendo un istinto matematico di priorità e definizione
e, ogni tanto, giungo pure ad un risultato, che si rivelerà, appunto, incompiuto
a fronte di una nuova informazione.
L'unica certezza che mi
appartiene, a questo punto è chiara, è la mia ottusità nel cercare di vedere
nelle cose della mia vita.
Mi resta anche la convinzione di
subirle in maniera trascendente, inevitabile, come se nulla potessi nei loro
confronti.
Ma il mio senso ottuso sviluppa,
di contro, questa ricerca, seppur non ossessiva, per quanto filosofica
nell'approccio, e mi stimola di continuo a non mollare.
A volte mi causa sofferenza, a
volte mi eleva spiritualmente, a volte mi lascia completamente indifferente,
come se avvenisse meccanicamente.
Se caduco o infinito forse non mi
verrà mai dato da sapere, e forse è proprio in questo limbo risiede il senso
acuto, stella polare e meta dell'homo sapiens in quanto tale ...
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