domenica 10 aprile 2016

END RUN

Tutto ha una fine.
Volontariamente oppure no il nostro intercedere nel tempo produce rotture in ragione di quello che facciamo; si concludono rapporti, smettiamo di fare cose, cambiamo abitudini, variamo i gusti, cerchiamo nuovi scopi, scrutiamo l'orizzonte per scoprire le nostre nuove stelle polari.
Nella ricerca del nuovo abbandoniamo strade percorse, a volte, per lungo tempo, in un continuo aggiornamento del nostro essere che non ci soddisfa più per come è stato sino a quel momento.
Il modo umano di concepire il tempo come una linea retta produce distacchi fra ciò che è  e ciò che si vorrebbe che sia nel futuro prossimo, interrompendo il tragitto iniziandone un altro.
Il tentativo di cambiamento reca in se l'insoddisfazione latente che corrode le nostre vite, tese egoisticamente al costante appagamento spirituale del nostro io, mai domo nello scorrere della vita.
L'impatto della conclusione può essere dolce oppure violento, traumatico, devastante; le variabili che ci circondano e che non possiamo controllare producono reazioni al nostro interagire con loro che conducono, appunto, a modificare lo status quo nel quale ci muoviamo.
L'inerzia della stabilità cede, ciò che sembrava chiaro, acclarato, non lo è più, occorre un nuovo inizio per affermarsi in una nuova dimensione nella quale riprodurre la medesima inalterabilità lasciata; questo può lasciare segni profondi dentro di noi con i quali occorre abituarci a convivere.
L'evolversi, poi, non assicura un miglioramento; le cause scatenanti, volontarie o meno, la frattura possono tracciare decisioni frenetiche, non ponderate, che, a loro volta, possono portare a nuove rotture e necessità di diversificazione.
Tutto ha una fine perché tutto muove, senza soluzione di continuità; si subisce tentando di comprendere.
Ma alla fine ci si potrebbe anche stancare, e l'end run divenire definitivo.

Non si può essere altro di quelli che si è ...

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