9 agosto Monaco di Baviera - Praga
La sveglia che puoi regolare sul
telefonino è puntata alle 5 e 45. Quando
suona io non la sento. G. invece ha già fatto la doccia quando mi chiama. I
sacchi sono pronti. Noi pressappoco. Li carichiamo sulle spalle e chiamiamo
l’ascensore. Nella hall deserta il tedesco di servizio dai lineamenti orientali
ritira la chiave e poi sbiascica qualcosa in un terrificante slang anglo tedesco.
Io non lo degno di uno sguardo. G. abbozza una risposta. Quello sparisce sotto
il bancone e riemerge in un nanosecondo con in mano un telecomando.
- Forse vuole dietro quello che ci hanno dato quando siamo arrivati, blatera G. leggermente indispettito.
È cosi.
"Ma brutto stronzo figlio di troia nano bastardo, vattelo a prendere.
Sei qui, in un deserto, non devi fare un cazzo, perché ci rompi i coglioni?",
verrebbe da dire, ma l’educazione che ci hanno impartito i nostri genitori ci
impone di tornare in camera e, una volta giù di nuovo, tirarglielo dietro.
E così sia.
L’aria è frizzante. Il giorno ha
aderito quasi completamente sulla notte. Restano solo poche sacche buie. La
stazione ha pochi frequentatori. Ma tutti belli svegli. Come automi compriamo
la colazionepranzo da portarci sul
treno. Ed acqua.
I vagoni rossi del treno per Praga
sembrano deserti. Entriamo, sistemiamo gli zaini, poi scendiamo a fumarci una
canna. Mancano cinque minuti alla partenza. A G. viene un dubbio. Esce
nuovamente e mi dice che sulla carrozza non c’è scritto Praga ma un’altra
località.
- Nooo, non ti preoccupare sarà una stazione di mezzo, dico mentre
cerco una posizione per dormire.
G. scende di nuovo. Venti secondo
dopo mi urla nell’orecchio che i vagoni per Praga sono quelli azzurri in testa
al convoglio. In uno spasmo violento raccogliamo tutto quello che abbiamo e
iniziamo a correre in avanti. Alla prima scritta Praga saliamo, e si chiudono
le porte. I nostri cuori sfiatano per
l’accelerazione cardiaca. Avevamo mezz’ora di anticipo e stavamo per perderlo.
Compiaciuti delle nostre teste di
cazzo cerchiamo e troviamo un posto. Ripetiamo l’operazione di ancoraggio dei
bagagli. G. calza l’auricolare dell’emmepitre.
Io mi addormento. E così, tra
buone letture, dormite e qualche sms con le amicheamici
a Roma scorriamo sui binari sicuri delle ferrovie tedesche.
Finché Praga non segnala il suo "benvenuti".
La stazione è piena di tossici.
Il cammino fino all’albergo
faticoso.
La stanza accogliente.
La doccia calda.
Ed il letto finalmente comodo.
Al pomeriggio, al risveglio,
planiamo sulla città come aquile affamate. In cerca di prede. In cerca di
qualcosa che ancora non conosciamo. Ma che di lì a poco tornerà alla luce da
dove era stato sepolto. First stop for
drink beer.
In un saliscendi da luna park
l’antico vigore e splendore praghese ci si dipana davanti in tutta la sua
maestosità, finché lo splendido imbrunire non crea nuove alterazioni visive, facendo
esplodere, nel profondo dell’animo, sensazioni eteree di pace eterna.
Ponte Carlo s’illumina.
I turisti sciamano.
Noi prendiamo coscienza.
Un volo simbiotico perpetuo che
forse ha trovato il suo nido.
10 agosto Praga
Accarezzare un sogno. Lasciare
che seta scivoli sul tuo viso lasciando dietro se una miriade di celeri
brividi, interminabili. In un oasi di piacere e pace. Ecco. Le strade appaiono d’incanto dietro ogni vicolo e
s’aprono e le percorriamo senza un contatto, leggeri e vuoti, ma calamitando
ogni sospiro e sussurro che una leggera brezza ci consegna ad ogni incontro
casuale, sotto un portico, sul colle del castello, sotto Ponte Carlo, a fissare lo scorrer del Moldova e delle nostre ore. Nel
peregrinar divertito e senza meta.
Nell’apprendere, comunicare, fotografare e commentare.
E poi un violino. Un sax. Una fisarmonica. Arte di strada venduta in strada. E una
coppia di cinesi che si abbracciano nello scoppio di un flash che sarà un
prezioso ricordo. E lei che è bella. L’altra di più.
E W.A.Mozart.
Il dongiovanni. Marionette che ballano guidate da mani sapienti. E flash
ininterrotti. E turisti. E noi. Casinò “24H
open”, e sesso offerto agli angoli:" fick fick, pompino (a
seguire hascisc e marjuana)", continua a ripetere un
nero che sbuca dall’ombra come un assassino sulla sua preda, in mostra sui
volantini in strada.
E questuanti proni, immobili come
mimi, mentre l’Europa che conta cena sotto orribili ombrelloni ma necessari dagli
scoppi improvvisi di piogge cantilenanti che cadono sulla città di tanto in
tanto.
Alle 11 di sera, poi, cala il
sipario. E ciò che prima era solo sussurrato timidamente diventa un’eco che si
rincorre in ogni angolo e vicolo. Quelli soddisfatti del giorno tornano nelle
silenziose e spoglie camere d’albergo. Mentre sulla scena irrompono i cavalieri
iscritti al “sex machine museum”.
Con le loro spade affilate pronte
a penetrare giovani carni, salutandole all’incontro con “ hey, guys”, e facendole scivolare sul viso la più falsa delle
carezze. Cavalieri che hanno da spendere il loro bottino di guerra sudato nelle
360 battaglie dell’anno, sostenute nei loro paesi d’origine.
I pubs e ristoranti iniziano le
operazioni di chiusura. Non ti servono più. Gli unici posti nella città per gli
ospiti dove è possibile bere sono quelli in mano alla mafia locale, discoteche
e sale da gioco, peep show e kabaret, tutti ritrovi dove il
mercimonio del sesso ha una sua giustificazione.
E i cavalieri barbari si
ammassano alle entrate, file di uomini con l’uccello che smania, che ha voglie,
che può pagare. Per uno scalpo di cui potranno raccontare agli amici, trofeo di
una guerra che non si combatte con armi, e da cui è facile uscire vincitori.
E noi lì, a guardare increduli la
caduta di quello che resta della belle epoque, della Praga bohemien,
dell’aristocratico motore culturale della mittle
europa di un tempo non troppo lontano.
Voltiamo le spalle.
Ce ne torniamo alla room 307 dell’Abri hotel.
Strada facendo compriamo una
birra da un ambulante.
Domani Praga tornerà ai sui fasti.
Fino alle 11 di sera.
E forse, anche un po’ meno.
Non piove.
E questo è molto.
Buonanotte.
“Bordel pour bordel
Moi, je préfère le métro
D’abord c’est moins cher
Et puis c’est plus chaud
(Aragon )
Nessun commento:
Posta un commento