lunedì 29 giugno 2015

ROMA - MONACO DI BAVIERA - PRAGA - BERLINO - ROMA . Capitolo 3

(cronaca di un viaggio in treno avvenuto nell'anno di grazia 2006 - vedi post  precedente del 15 giugno 2015)

9 agosto Monaco di Baviera - Praga

La sveglia che puoi regolare sul telefonino è puntata alle 5 e 45. Quando suona io non la sento. G. invece ha già fatto la doccia quando mi chiama. I sacchi sono pronti. Noi pressappoco. Li carichiamo sulle spalle e chiamiamo l’ascensore. Nella hall deserta il tedesco di servizio dai lineamenti orientali ritira la chiave e poi sbiascica qualcosa in un terrificante slang anglo tedesco. Io non lo degno di uno sguardo. G. abbozza una risposta. Quello sparisce sotto il bancone e riemerge in un nanosecondo con in mano un telecomando.

- Forse vuole dietro quello che ci hanno dato quando siamo arrivati,  blatera G. leggermente indispettito.
  
È cosi.
"Ma brutto stronzo figlio di troia nano bastardo, vattelo a prendere. Sei qui, in un deserto, non devi fare un cazzo, perché ci rompi i coglioni?", verrebbe da dire, ma l’educazione che ci hanno impartito i nostri genitori ci impone di tornare in camera e, una volta giù di nuovo, tirarglielo dietro.
E così sia.
L’aria è frizzante. Il giorno ha aderito quasi completamente sulla notte. Restano solo poche sacche buie. La stazione ha pochi frequentatori. Ma tutti belli svegli. Come automi compriamo la colazionepranzo da portarci sul treno. Ed acqua.
I vagoni rossi del treno per Praga sembrano deserti. Entriamo, sistemiamo gli zaini, poi scendiamo a fumarci una canna. Mancano cinque minuti alla partenza. A G. viene un dubbio. Esce nuovamente e mi dice che sulla carrozza non c’è scritto Praga ma un’altra località.

- Nooo, non ti preoccupare sarà una stazione di mezzo, dico mentre cerco una posizione per dormire.

G. scende di nuovo. Venti secondo dopo mi urla nell’orecchio che i vagoni per Praga sono quelli azzurri in testa al convoglio. In uno spasmo violento raccogliamo tutto quello che abbiamo e iniziamo a correre in avanti. Alla prima scritta Praga saliamo, e si chiudono le porte.  I nostri cuori sfiatano per l’accelerazione cardiaca. Avevamo mezz’ora di anticipo e stavamo per perderlo.
Compiaciuti delle nostre teste di cazzo cerchiamo e troviamo un posto. Ripetiamo l’operazione di ancoraggio dei bagagli. G. calza l’auricolare dell’emmepitre.
Io mi addormento. E così, tra buone letture, dormite e qualche sms con le amicheamici a Roma scorriamo sui binari sicuri delle ferrovie tedesche.
Finché Praga non segnala il suo "benvenuti".
La stazione è piena di tossici.
Il cammino fino all’albergo faticoso.
La stanza accogliente.
La doccia calda.
Ed il letto finalmente comodo.
Al pomeriggio, al risveglio, planiamo sulla città come aquile affamate. In cerca di prede. In cerca di qualcosa che ancora non conosciamo. Ma che di lì a poco tornerà alla luce da dove era stato sepolto. First stop for drink beer.
In un saliscendi da luna park l’antico vigore e splendore praghese ci si dipana davanti in tutta la sua maestosità, finché lo splendido imbrunire non crea nuove alterazioni visive, facendo esplodere, nel profondo dell’animo, sensazioni eteree di pace eterna.
Ponte Carlo s’illumina.
I turisti sciamano.
Noi prendiamo coscienza.
Un volo simbiotico perpetuo che forse ha trovato il suo nido.


10 agosto  Praga

Accarezzare un sogno. Lasciare che seta scivoli sul tuo viso lasciando dietro se una miriade di celeri brividi, interminabili. In un oasi di piacere e pace. Ecco. Le strade  appaiono d’incanto dietro ogni vicolo e s’aprono e le percorriamo senza un contatto, leggeri e vuoti, ma calamitando ogni sospiro e sussurro che una leggera brezza ci consegna ad ogni incontro casuale, sotto un portico, sul colle del castello, sotto Ponte Carlo, a fissare lo scorrer del Moldova e delle nostre ore. Nel peregrinar divertito e senza meta. 
Nell’apprendere, comunicare, fotografare e commentare. E poi un violino. Un sax. Una fisarmonica. Arte di strada venduta in strada. E una coppia di cinesi che si abbracciano nello scoppio di un flash che sarà un prezioso ricordo. E lei che è bella. L’altra di più.
 E W.A.Mozart. Il dongiovanni. Marionette che ballano guidate da mani sapienti. E flash ininterrotti. E turisti. E noi. Casinò “24H open”, e sesso offerto agli angoli:" fick fick, pompino (a seguire hascisc e marjuana)", continua a ripetere un nero che sbuca dall’ombra come un assassino sulla sua preda, in mostra sui volantini in strada.
E questuanti proni, immobili come mimi, mentre l’Europa che conta cena sotto orribili ombrelloni ma necessari dagli scoppi improvvisi di piogge cantilenanti che cadono sulla città di tanto in tanto.
Alle 11 di sera, poi, cala il sipario. E ciò che prima era solo sussurrato timidamente diventa un’eco che si rincorre in ogni angolo e vicolo. Quelli soddisfatti del giorno tornano nelle silenziose e spoglie camere d’albergo. Mentre sulla scena irrompono i cavalieri iscritti al “sex machine museum”.
Con le loro spade affilate pronte a penetrare giovani carni, salutandole all’incontro con “ hey, guys”, e facendole scivolare sul viso la più falsa delle carezze. Cavalieri che hanno da spendere il loro bottino di guerra sudato nelle 360 battaglie dell’anno, sostenute nei loro paesi d’origine.
I pubs e ristoranti iniziano le operazioni di chiusura. Non ti servono più. Gli unici posti nella città per gli ospiti dove è possibile bere sono quelli in mano alla mafia locale, discoteche e sale da gioco, peep show e kabaret, tutti ritrovi dove il mercimonio del sesso ha una sua giustificazione.
E i cavalieri barbari si ammassano alle entrate, file di uomini con l’uccello che smania, che ha voglie, che può pagare. Per uno scalpo di cui potranno raccontare agli amici, trofeo di una guerra che non si combatte con armi, e da cui è facile uscire vincitori.
E noi lì, a guardare increduli la caduta di quello che resta della belle epoque, della Praga bohemien, dell’aristocratico motore culturale della mittle europa di un tempo non troppo lontano.
Voltiamo le spalle.
Ce ne torniamo alla room 307 dell’Abri hotel.
Strada facendo compriamo una birra da un ambulante.
Domani Praga tornerà ai sui fasti.
Fino alle 11 di sera.
E forse, anche un po’ meno.
Non piove.
E questo è molto.
Buonanotte.

Bordel pour bordel
 Moi, je préfère le métro
 D’abord c’est moins cher
 Et puis c’est plus chaud

                                   (Aragon

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