mercoledì 10 giugno 2015

ROMA - MONACO DI BAVIERA - PRAGA - BERLINO - ROMA . Capitolo 1

(cronaca di una viaggio in treno avvenuto nell'anno di grazia 2006 )

4 agosto - Roma

L’augurio telefonico delle sei e mezza circa di un pomeriggio intriso di sole ed aspettative è di buon riposo. Buona dormita. E così sia. G. chiude la conversazione e davanti mi passa veloce il suo viso in un ghigno beffardo e per nulla disposto ad assecondarsi … né tanto meno a farlo per me …


5 agosto Roma - Monaco di Baviera

L’havana sette imperversa lungo i corridoi del mio stomaco mentre cerco di scrivere un sms a G.: “sto a rientrà!!!! Boh”.
Sono circa le quattro e mezza del mattina e dall’augurio sono trascorse dieci ore circa ... Quando apro la porta di casa il mio mondo si capovolge riversando liquido in eccesso nel mio stomaco nella tazza del cesso. E poi coma profondo, morte apparente.
Due ore dopo il cuckoo che ho memorizzato come suoneria sul cellulare inizia la sua cantilena tirandomi fuori dal girone dei non morti.
Sotto casa G. e D. Sono confuso. Loro più di me. D. era con me. G- riceveva il mio messaggio di rientro mentre tentava di aprire la porta di casa. Con scarsi successi. Fa caldo. Lo zaino pesa. Nella macchina dal condizionatore non sembra uscire aria ma rum. Tento di non respirare ma mi sembra una follia. Scendiamo davanti ad un bancomat per prendere soldi credo, ma non posso giurare che sia andata effettivamente così. Piombo in un nuovo coma finché un fastidio nell’orecchio non mi avverte che “bisogna scendere” ; "e perché ?" mi verrebbe da rispondere … ma lo sguardo dei due davanti a me mi comunica che dobbiamo anche farlo, e pure in fretta ...

- Si potrebbe una volta, una cazzo di volta, per la precisione dico, affrontare un impegno così complesso ed articolato come una partenza per la vacanza, in  modo più consono e  meno trafelato?

- Certo che si potrebbe ... alza la voce G., piuttosto, diciamo così, contrariato dal precipitare degli eventi ...

- Se una volta in vita tua comprassi una sveglia che funziona ... mezz’ora di ritardoe devo dire che stai migliorando … 
- A che ora è il ... 
- Ora! 
- Che cazzo! …
 - Che cazzo lo dico io ... 
- E già, è un’esclusiva … 
- No ... no ... proprio che cazzo, su sbrigati ...

Alla fine della corsa ci aspetta uno scompartimento che già accoglie quattro persone. Ci hanno lasciato i posti nel mezzo. Gli zaini sono ingombranti. Anche l’alito, che permea subito la ridotta aria a disposizione di un sottile velo di putrefazione.
E finalmente le scomode poltrone (?) accolgono i bermuda a righe di G. e la mia tuta adidas nera con righe bianche ai lati.  
Io cado in un nuova coma. Però più scomodo. E meno pesante.
G. non so che faccia.
Mi sveglio dopo circa tre ore.
G. mi saluta. E cade in coma.
Adesso è lui che non sa che cosa faccio io.
Dopo circa un ora riemerge.
Io intanto ho intavolato una conversazione seria e costruttiva con una donna, che non capisco che accento abbia, seduta alla sinistra di G. Il treno sembra non avere suoni. Sembra che viaggi in una sorta di playback silenzioso. Camuffato dalle nostre parole passatempo in un luogo di ritrovo. La fame bussa alle porte dello stomaco. Il percorso ad ostacoli verso la carrozza ristorante per fortuna è breve. I panini di gomma. La pepsi calda. Venti euro transitano dalle nostre tasche nei bilanci dell’azienda trenitalia rossi di vergogna. L’unico contento sembra il cameriere. Anche senza un motivo apparente a noi sembra; però continua a fare battute alle quali nessuno ride. Uno perché, oltre a noi, il resto dei conviviali è straniero, e secondo perché a me G. proprio non fanno ridere.
Nel percorso ad ostacoli del ritorno un’anziana ed antipatica signora ci chiede di aiutarla a trasportare le sue valigie. Controvoglia accettiamo. Non per maleducazione, pigrizia, forse. Comunque. G. prende in consegna un pacco di cartone tutto incerottato. Io una valigia che poteva contenere l’anziana signora stessa.  I muscoli mi si tendono fino quasi a strapparsi. La smorfia di dolore di G. penso che appaia sul suo viso  per la stessa cosa. Percorriamo due vagoni fra gente accampata su trenitalia.com trainando, fra bestemmie, quei pesi fuori portata per gente normale che onestamente spende i suoi soldi in ricche bevute e in tutte le altre cose che comprandole commetti un reato, e che dorme poco.
Ma tant’é.
Quando la vecchia finalmente trova un posto io sono stremato. G. sta per dargli una capocciata. Non per maleducazione, pigrizia, forse. Lei si volta e dice qualcosa. Il pacco e la borsa finiscono nell’apposito spazio bagagli sopra le poltrone (?) dello scompartimento in un baleno anche se con un probabile stiramento dei bicipiti.
Grazie.
Ma vaffanculo!
E poi, come cazzo ha fatto a portare valigia e pacco fin lì? Misteri della fede ...
Ad ogni buona azione corrisponde una reazione.
E comunque. Riprendiamo posizione nei posti riservati che le effe esse ci hanno garantito con l’acquisto del biglietto per Monaco di Baviera e ci rimettiamo a parlare con la signora alla sinistra di G.
Alla sua destra una coppia in età piuttosto avanzata che brontolano da quando siamo partiti. Rompicoglioni essenziali in un viaggio. Se non altro per avere qualcuno di cui sparlare.
Riesco finalmente a comprendere che la signora con la quale interloquiamo è brasiliana, di Belo Horizonte, o almeno così mi sembra. È in viaggio con il figlio sedicenne per raggiungere la sorella che vive a Monaco. Lei a Roma. È avvocato. E ci racconta un sacco di fatti, perlopiù legati al sottobosco romano dell’immigrazione, storie di droga e prostituzione. Insomma quello con cui abbiamo più affinità. Non crediamo alle nostre orecchie mentre la conversazione si srotola piacevole fra un arresto e storie di trans, che lavorano per far mangiare fratelli, sorelle e mamme nelle lontane favelas in cui erano derisi e violentati fin da bambini.
La coppia statica e borbottante nel frattempo, per loro fortuna, è scesa a Bolzano. Dimenticando gli occhiali da vista di lui. O di lei. Boh. Si scambiavano posto di continuo. Ci dispiace. Anzi no. Non ce ne frega un cazzo. Anzi.
E dopo quel piccolo momento di soddisfazione riprendiamo i nostri discorsi profondi traslocando sul tema degli ultrà.
G., che era stato subito riconosciuto da vecchie foto segnaletiche divulgate dalla digos di Roma,  come ammetterà l’Avvocato successivamente  in un delirio di onestà, snocciola la lunga sequenza di comportamenti estemporanei venutisi a creare sin dalla pubertà per quei cazzo di colori giallo e rosso per i quali ha attraversato l'Italia in lungo e largo, isole comprese.
 Io ogni tanto mi addormento, G. ogni tanto calza le cuffie dell’emmepitre che abbiamo acquistato prima di partire, entrambi in segno di resa, mentre l’avvocato tenta di entrare prepotentemente nel guinnes dei primati parlando per dieci ore consecutive.
E finalmente, dopo un’incomprensibile partita a carte con il figlio di lei a piripicchio, si mi sembra di ricordare sia questo il nome di quel gioco improbabile, Monaco segnala la sua presenza con un cartello bianco e blu al lato destro del treno.
La brasiliana residente a Roma da sedici anni ha al seguito quattro valigie di cui  una alla vista sembra molto pesante.
Indovinate chi la scenderà?         
Saluti.
Ed un numero di telefono.

Mentre su Monaco scende una leggera pioggia che ci accompagnerà in questa prima notte bavarese.

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