mercoledì 2 gennaio 2013

ILLUMINARSI

Nel 1784, negli Atti dell'Accademia delle Scienze di Berlino (consideratela come una specie di New York Review of Books dell'epoca...), uscì un piccolo saggio a firma Immanuel Kant "Che cos'è l'Illuminismo".
Egli sosteneva che era l'uscita dell'umanità dall'infanzia in cui essa stessa si era ridotta per: pigriza, stupidità, abitudine a fare sempre quello che viene insegnato di fare.
"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto  senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da un difetto di  intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e di coraggio di servizi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro" ...
"La pigrizia e la viltà sono cause per cui tanta parte degli uomini rimangono volentieri minorenni per tutta la vita  e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. E' tanto comodo essere minorenni: se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha la coscienza per me, un medico che decide per me sulla dieta che mi conviene ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero da me. Purché io sia in grado di pagare, non ho bisogno di pensare."
L'altro giorno mi è ricapitato fra le mani un libricino di Maurizio Ferraris (professore ordinario di Filosofia Teoretica all'Università di Torino), KANT E L'ILLUNIMISMO pubblicato da La Biblioteca di Repubblica, nel quale fa ha questa straordinaria intuizione: "Bisogna riflettere su questo punto (secondo capoverso in grassetto n.d.r.) straordinariamente attuale, perché oggi siamo tornati a delegare gli altri a pensare per noi...".
Mi ero ripromesso di rifletterci sopra ed eccomi qua...ora, in questo momento, la considerazione di Ferraris non solo mi trova in completo accordo ma direi ancor di più....non solo siamo tornati a delegare...oserei dire che in moltissimi casi non siamo più in grado di pensare...
E' un pensiero che mi fa orrore, ma che continua a girarmi per la testa da molto tempo e che quando mi è capitato di trovarne appoggio in questo scritto mi si è sempre più insinuato come una certezza.
Pur deprimendomi, ho cercato di isolare questo pensiero additandolo ad una certa forma di "depressione intellettuale", nel senso che forse, a volta, ingigantisco troppo quello che credo sia la realtà che mi circonda e tendo a divenire cupo ... ma poi, sul Messaggero del 1° dicembre sono incappato in una intervista a Tullio De Mauro (linguista italiano) fatta per Il trimestrale Il Mulino e la depressione ha lasciato il campo allo sconforto...dal 1995 l'OCSE ha iniziato a raccogliere dati sui livelli di alfabetizzazione usando indagini comparative internazionali ed osservative sui livelli degli adulti; dal prossimo anno i dati a disposizione dovrebbero essere triennali. Lo studioso definisce i dati "drammatici".
"...è interessante notare che in tutti i Paesi ci sono fenomeni di regressionei n età adulta rispetto ai livelli formali, e questo del resto è il motivo per cui l'OCSE ha sposato questa indagine. Questo, oramai bisogna rassegnarsi, è un dato fisiologico...ma noi siamo alla patologia...i nostri dati sono impressionati. Un 5% della popolazione in età adulta e di lavoro, quindi non vecchietti e vecchiette, ma persone tra i 15 ed i 65 anni non è in grado di accedere neppure alla lettura di questi questionari (l'osservazione riguarda il comportamento delle persone dinanzi a sei questionari graduati e vedendo come gli interpellati rispondono se rispondono, a richiesta di esibire capacità di lettura e comprensione, scrittura e calcolo) perché gli manca la capacità di verificare il valore delle lettere cha ha sotto il naso. Poi c'é un 38% che identifica il valore delle lettere ma non le legge. E già siamo oltre il 40%. Si aggiunge ancora un altro 33% che invece legge il questionario al primo livello, dove le frasi si complicano un po', si perde e si smarrisce: è la fascia definita pudicamente "a rischio analfabetismo". Si tratta di persone che non riescono a prendere un giornale o a leggere un avviso pubblico, anche se è scritto bene, cosa tutta da vedere e verificare. E così siamo a tre quarti della popolazione...resta un quarto della popolazione su cui la seconda indagine infierisce, introducendo domande più complesse, di problem solving, cioè di capacità di utilizzazione delle capacità alfanumeriche dinanzi a problemi inediti. Così facendo, si arriva alla conclusione che solo il 20% della popolazione italiana è in grado di orientarsi nella società contemporanea, non nei suoi problemi, beninteso...siamo al di sotto di qualsiasi standard...tra i Paesi considerati bisogna arrivare allo Stato del Nuevo Leon in Messico, per trovarne uno più malmesso di noi...penultimo posto della graduatoria..."
Dati catastrofici...pur apparentemente  distanti le due cose dal mio punto di vista sono invece strettanmente correlate, perché chi non sa orientarsi, infine, è costretto a chiedere a chi è in grado di farlo, o almeno si pensa.
Credo che la deriva italiana nasca da una molteciplità di problemi, ma la regerssione dell'alfabetismo in età adulta racchiude tutti gli altri.
La scuola e la famiglia recitano il ruolo di primo piano in questo ritorno al passato (i dati sono ancora più incredibili, anzi paradossali, se si pensa che questo Paese conta fra il 75% e l'80% di diplomati....).
L'uscità da questo stato di minorità diviene, a questo, punto un imperativo categorico al quale nessuno può più sottrarsi, perché varrebbe a dire rinunciare a tutte le conquiste che sono state raggiunte dal dopo guerra ad oggi.
Certo mi rendo conto che la domanda sul come diviene imbrazzante allo stato delle cose. Occorre, di certo,  una nuova coscienza sociale, abbandonando retoriche trite e consunte che ci stanno divorando e ci stanno lasciando alla mercè di tutti quegli individui parassiti e senza scrupoli che gravitano attorno all'osso fregandosene di chi resta a bocca asciutta.
Tutti possiamo fare qualcosa. Mettiamoci in moto.
E qualcosa deve pur accadere...

 

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