La via della Non Violenza è il Credo dogmatico di Gene Sharp (professore emerito in scienze politiche presso l’Università del Massachuttes), uno dei massimi esponenti del pacifismo statunitense e collaboratore della Conferenza dei vescovi cattolici negli USA.
I suoi scritti (The politics of Nonviolent Action) hanno influenzato le azioni delle cosiddette Rivoluzioni Colorate, ovvero i momenti rivoluzionari caratterizzati da uno specifico colore (o fiore) assunto come simbolo e moderno marketing politico (corporate branding), e dalla creazione di gruppi di educazione alla democrazia (distribuendo adesivi, impermeabili ed altre forme di merchandising), sostenuti da gruppi studenteschi ed organizzazioni non governative (in parte finanziate anche da paesi occidentali)
Quelle coronate da successo si sono avute in Serbia (Rivoluzione del 5 ottobre, 2000), Georgia (Rivoluzione delle Rose, 2003), Ucraina (Rivoluzione arancione, 2004/2005) e Kirghizistan (Rivoluzione dei tulipani, 2005 – seppur con derive violente). In Azerbaijan, Bielorussia e Mongolia le azioni di protesta non hanno avuto la stessa efficacia, ma hanno rappresentato comunque un tentativo non violento di reazione a diffusi soprusi.
Il pensiero di Sharp è incentrato sul ruolo potenziale della lotta non violenta volta a perseguire gli obiettivi della piena realizzazione della giustizia della libertà e della pace: “ E’ necessario e auspicabile lavorare con altre persone che possono non condividere le nostre convinzioni, ma che sono come noi impegnate a favore della giustizia, della libertà e della pace e che sono disposte ad agire in modo compatibile con i nostri principi morali e nel dovuto rispetto della dignità umana.”
http://www.aeinstein.org, è il sito ufficiale della sua organizzazione non-profit (The Albert Einstein Institution is a nonprofit organization advancing the study and use of strategic nonviolent action in conflicts throughout the world), dove è possibile scaricare in molte lingue i suoi scritti.
La lotta non violenta (l’altra forma di sanzione estrema), chiamata a volte anche potere del popolo, disobbedienza politica, azione non violenta, non collaborazione o resistenza civile può produrre risultati, a volte immediati a volte in un futuro più o meno prossimo.
Quello che conta però e che l’Idea si sia installata in maniera più o meno radicata nelle formazioni giovanili e sociali in genere di alcune popolazioni oppresse da dittature più o meno mascherate: la Rivoluzione Possibile.
L’esercizio dialettico e simbolico della riaffermazione della dignità umana e dei diritti universali, antecedenti qualsiasi organizzazione politica e le sue leggi.
Se può funzionare per rovesciare regimi a maggior ragione può funzionare in democrazie acclarate, dove però l’esercizio numerico pedissequo della maggioranza è portato a soffocare istanze di minoranze in nome della mai chiara Ragion di Stato.
In modo particolare in quei paesi occidentali ancorati ancora allo scontro ideologico fra fazioni, retaggio di un passato duro a superarsi.
L’acquisizione di una coscienza civile superiore da svilupparsi in forme non violente che superi gli scontri ripetuti con l’autorità costituita dovrebbe costituire una priorità inderogabile per l’affermazione di una democrazia più giusta e vivibile, meno omertosa e tendente all’auto conservazione.
Un marketing commerciale con l’obiettivo prefissato di generare utili, nell’ottica della massimizzazione utilitaristica dei diritti sociali e delle priorità dell’individuo (non egoistiche ma comuni).
Un modo di fare per sensibilizzare, per migliorare, per partecipare attivamente alla vita pubblica senza la necessità ogni volta di ripercorre tragedie che si ripercuotono nel futuro generando nuove violenze e dibattiti infiniti sull’uso della forza come forma di difesa dall’aggressione (e su chi sia stato il primo ad aggredire).
Per vivere meglio. Per sentirsi meglio. Per non continuare a dire: “piove, Governo ladro”.
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