Dopo appena SETTE anni di processo Callisto Tanzi è stato condannato, IN PRIMO GRADO, a 18 anni di carcere.
EVVIVA!
Peccato che ha 70 anni ed in galera non ci metterà piede. Per i suoi soci in affari pene leggermente inferiori, ma considerando l'appello e la cassazione eventuale i reati andranno sicuramente prescritti (ovvero, niente galera).
EVVIVA!
La banda ha messo in piedi una truffa da 14 MILIARDI DI EURO, che sta in cima alla classifica europea ed ai primissimi posti in quella mondiale.
La nostra giustizia, ovviamente, non poteva esimersi dal portare in tribunale PARMALATANZI, ma, ancora più ovviamente, l'ha fatto con i tempi necessari.
Nell'inframentre il buon Callisto ha potuto continuare a vivere come prima, e continuerà farlo anche dopo la sentenza (comunque sempre di PRIMO GRADO).
EVVIVA!
Commento del bravuomo all'emissione della sentenza: "non mi aspettavo una sentenza così severa".
E già, siamo in Italia. Chi ti condanna mai in Italia. Ma, sopratutto, chi ci va mai in galera in Italia.
Negli USA Bernard Madoff, il finanziere che ha messo in piedi la truffa più colossale mai portata a termine, IN SOLO SEI MESI DI PROCESSO E' STATO CONDANNATO A 150 ANNI (in pratica hanno buttato la chiave); vari ergastoli anche per il caso ENRON (simile al PARMALATCRAK).
Non viene neanche voglia di commentare. Quanto sia disastroso lo stato della giustizia italiana è sotto gli occhi di tutti. E' un fallimento collettivo. Una rassegnazione di altri tempi. Veniamo irrisi tutti i giorni con queste sentenze farsa. Veniamo presi per il culo. Ma forse a chi calpesta il suolo italiano non glienefregauncazzo, almeno non fino a quando viene toccato direttamente.
La riforma della giustizia, come tante altre in questo paese (non merita neanche la "p" maiuscola), sarebbe urgente. Ma sono continuamente ostacolate. Da cosa?
Status Quo (convenienze di compromesso tra le parti).
Così le lobby resistono, i poteri passano nelle mani dei discendenti ereditari, il circolo massonico si perpetua nel tempo.
In piazza vengono spediti, di volta in volta, studenti, disoccupati, precari, pensionati, lavoratori sull'orlo del licenziamento: tutte persone che hanno più di mille ragioni di protestare, ma che, purtroppo, nel gioco dello Status Quo, servono all'immobilismo, ovvero mantenimento.
Sono persone in buona fede, e sono oneste. E hanno una maledetta voglia di credere in qualcosa. Di credere che sia possibile una socialità giusta ed equa. Una socialità che premia chi lavora, s'impegna, studia, paga le tasse, fa volontariato; che respinga la parte oscura della luna.
Status Quo.
Questo è quello da abbattere. Da tirare giù. Sbriciolare e disperdere nel vento.
Status Quo.
E' necessaria una rivoluzione culturale. Un nuovo modo di pensare ed agire. Un totale cambiamento di pensiero, un radicale rovesciamento delle posizioni. Un'ideologia razionale, fredda, disancorata da tutto quello che oggi ci fagocita e annulla; una nuova era dei lumi. Che nasca dal basso, e si trasmetta per contagio. Senza urla. Senza violenza. Senza cattiveria. Usando l'esempio quotidiano. E iniziando a dire NO.
Siamo stufi delle teste vuote che ci circondano. Basta con i compromessi. Sopratutto basta farsi dividere da fantocci legati all'unica cosa in cui credono: il potere e le sue briciole.
Status Quo.
EVVIVA!
giovedì 16 dicembre 2010
martedì 14 dicembre 2010
EVENTO MACRO TESTACCIO "PLUS ULTRA"
Da venerdì 17 dicembre al 20 marzo 2011 al Macro Testaccio di Roma avrà luogo l'evento "PLUS ULTRA", con l'esposizione di opere di pittura, scultura, video, fotografie ed installazioni di 38 artisti tra i più significativi della collezione di Patrizia Sandretto Re Debaudengo.
Arte contemporanea, così poco compresa in Italia (in parte anche da me).
E' comunque un occassione per tentare un ulteriore approccio con le nuove frontiere comunicative che ci propongono gli artisti contemporanei.
Come ben dice la Signora Sandretto "se musei e gallerie non aiutano a capire l'arte non hanno ragione di esistere".
Forse c'è solo la necessità di spogliarsi dei nostri stereotipi di approccio a certe forme d'arte.
I commenti a dopo la visita.
Arte contemporanea, così poco compresa in Italia (in parte anche da me).
E' comunque un occassione per tentare un ulteriore approccio con le nuove frontiere comunicative che ci propongono gli artisti contemporanei.
Come ben dice la Signora Sandretto "se musei e gallerie non aiutano a capire l'arte non hanno ragione di esistere".
Forse c'è solo la necessità di spogliarsi dei nostri stereotipi di approccio a certe forme d'arte.
I commenti a dopo la visita.
domenica 12 dicembre 2010
UNA CARTA, UNA CELLA, UNA SEDIA VUOTA ED UN NOBEL
La Charta 08 (in cinese 零八宪章) è un manifesto sottoscritto il 10 dicembre 2008 (anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo) e pubblicato online da 303 intellettuali ed attivisti per i diritti umani cinesi, allo scopo di promuovere una serie di riforme politiche volte alla democratizzazione della Repubblica popolare cinese.
Il nome è tratto dalla famosa Charta 77, documento redatto dai dissidenti cecoslovacchi negli anni Settanta. Promotore e coordinatore è stato lo scrittore Liu Xiaobo.
Le richieste
La Carta contiene la richiesta di 19 riforme, da attuarsi per migliorare il rispetto dei diritti umani in Cina, che vanno dal funzionamento della giustizia alla libertà di associazione, all'introduzione del pluripartitismo. Nel documento si legge: «I conflitti sociali di tutti i tipi si vanno accumulando e il malcontento è sensibilmente aumentato». E ancora: «Il potere si è ripiegato su se stesso al punto che il cambiamento non può più essere evitato». «La Cina oggi rimane l'unico grande paese guidato da un regime autoritario, responsabile di numerose violazioni dei diritti umani». «La situazione deve cambiare! Le riforme politiche democratiche non possono più aspettare.»
Le richieste specifiche riguardano:
1.Modifiche in senso democratico alla Costituzione della Repubblica popolare cinese;
2.Separazione dei poteri;
3.Democraticizzazione del potere legislativo;
4.Indipendenza del potere giudiziario;
5.Possibilità per i cittadini di controllare l'operato degli amministratori;
6.Rispetto dei diritti umani;
7.Elezione (dal basso) e non più nomina (dall'alto) dei funzionari pubblici;
8.Equilibrio tra ambiente urbano ed ambiente rurale;
9.Libertà di associazione;
10.Liberta di riunione;
11.Libertà di espressione;
12.Libertà di religione;
13.Educazione civica;
14.Tutela della proprietà privata;
15.Riforma del sistema fiscale e tributario;
16.Sicurezza sociale;
17.Protezione dell'ambiente;
18.Passaggio alla repubblica federale;
19.Istituzione di una Commissione della verità e della riconciliazione[1].
(FONTE Wikipedia, l'enciclopedia libera )
Venerdì 10 dicembre, ad Oslo è stato assegnato il PREMIO NOBEL per la PACE a LIU XIAOBO. a ritirarlo una sedia vuota con accanto una sedia vuota (generalmente riservata ad un familiare del premiato). Liu è in carcere in Cina, condannato ad 11 anni di reclusione per SOVVERSIONE. 19 DIPLOMAZIE STRANIERE (tra le quali Russia, Cuba, Pakistan, Serbia ed Iraq) hanno disertato la manifestazione per "varie ragioni".
la Charta 08, come è possibile leggere nei 19 punti programmatici, chiede elementari libertà in un Paese che ne è privo. A leggerli viene quasi un sussulto per la condanna per sovversione.
siamo nel 2010, anzi 2011. continuano ad esistere posti nel mondo nei quali vengono negati i più elentari diritti. continuano ad esistere persone che in questi posti devono pagare un prezzo salato per affermare il diritto a possederli. ci sono stati appelli di varie personalità nel mondo che hanno ribadito la necessità della liberazione di Liu. c'è stato uno strano silenzio nel nostro Paese, notoriamente molto attivo in fatto di censura e libertà di parola. non una manifestazione. non un dibattito. non una trasmissione, sopratutto da chi, giornalmente, urla contro una democrazia "oscurantista" facendo i beneamati fatti propri ( e dietro lauto compenso e non rischio di galera).
ognuno ha le sue idee in proprosito, ed è giusto così. continuo a provare vergogna per il mio Paese, oramai sull'orlo del burrone. una vergogna dinamica, che cresce e si sviluppa giornalmente. restiamo ancorati a vecchie dietrologie ideologiche così ammuffite da far venire la nausea. il Paese del dibattito continuo continua a galleggiare sui propri flussi maleodoranti e neri come la pece. un Paese di tutti contro tutti purchè quello che oggi è mio non divenga tuo, e quello che è tuo passi a me. d'altronde basta sventolare una bandiera in piazza per ripulirsi la coscienza e tornare a casa la sera soddisfatto e tronfio degli slogan gridati a più non posso.
a volte, credo, potrebbe essere più utile lottare con il buon esempio. con l'onestà (valore diffuso in questo Paese ma non così apprezzato). con la dignità. con il coraggio di dire relamente quello che si pensa, e non quello che in quel momento conviene dire (o non dire).
in chiusura, voglio ricordare l'unico precedente nel quale a Oslo è rimasta una sedia vuota a ritirare un premio:
1936, Nobel per la Pace al pacifista tedesco CARL VON ISSIETZY.
ad impedirgli l'arrivo nella capitale norvegese fu Hadolf Hitler.
Il nome è tratto dalla famosa Charta 77, documento redatto dai dissidenti cecoslovacchi negli anni Settanta. Promotore e coordinatore è stato lo scrittore Liu Xiaobo.
Le richieste
La Carta contiene la richiesta di 19 riforme, da attuarsi per migliorare il rispetto dei diritti umani in Cina, che vanno dal funzionamento della giustizia alla libertà di associazione, all'introduzione del pluripartitismo. Nel documento si legge: «I conflitti sociali di tutti i tipi si vanno accumulando e il malcontento è sensibilmente aumentato». E ancora: «Il potere si è ripiegato su se stesso al punto che il cambiamento non può più essere evitato». «La Cina oggi rimane l'unico grande paese guidato da un regime autoritario, responsabile di numerose violazioni dei diritti umani». «La situazione deve cambiare! Le riforme politiche democratiche non possono più aspettare.»
Le richieste specifiche riguardano:
1.Modifiche in senso democratico alla Costituzione della Repubblica popolare cinese;
2.Separazione dei poteri;
3.Democraticizzazione del potere legislativo;
4.Indipendenza del potere giudiziario;
5.Possibilità per i cittadini di controllare l'operato degli amministratori;
6.Rispetto dei diritti umani;
7.Elezione (dal basso) e non più nomina (dall'alto) dei funzionari pubblici;
8.Equilibrio tra ambiente urbano ed ambiente rurale;
9.Libertà di associazione;
10.Liberta di riunione;
11.Libertà di espressione;
12.Libertà di religione;
13.Educazione civica;
14.Tutela della proprietà privata;
15.Riforma del sistema fiscale e tributario;
16.Sicurezza sociale;
17.Protezione dell'ambiente;
18.Passaggio alla repubblica federale;
19.Istituzione di una Commissione della verità e della riconciliazione[1].
(FONTE Wikipedia, l'enciclopedia libera )
Venerdì 10 dicembre, ad Oslo è stato assegnato il PREMIO NOBEL per la PACE a LIU XIAOBO. a ritirarlo una sedia vuota con accanto una sedia vuota (generalmente riservata ad un familiare del premiato). Liu è in carcere in Cina, condannato ad 11 anni di reclusione per SOVVERSIONE. 19 DIPLOMAZIE STRANIERE (tra le quali Russia, Cuba, Pakistan, Serbia ed Iraq) hanno disertato la manifestazione per "varie ragioni".
la Charta 08, come è possibile leggere nei 19 punti programmatici, chiede elementari libertà in un Paese che ne è privo. A leggerli viene quasi un sussulto per la condanna per sovversione.
siamo nel 2010, anzi 2011. continuano ad esistere posti nel mondo nei quali vengono negati i più elentari diritti. continuano ad esistere persone che in questi posti devono pagare un prezzo salato per affermare il diritto a possederli. ci sono stati appelli di varie personalità nel mondo che hanno ribadito la necessità della liberazione di Liu. c'è stato uno strano silenzio nel nostro Paese, notoriamente molto attivo in fatto di censura e libertà di parola. non una manifestazione. non un dibattito. non una trasmissione, sopratutto da chi, giornalmente, urla contro una democrazia "oscurantista" facendo i beneamati fatti propri ( e dietro lauto compenso e non rischio di galera).
ognuno ha le sue idee in proprosito, ed è giusto così. continuo a provare vergogna per il mio Paese, oramai sull'orlo del burrone. una vergogna dinamica, che cresce e si sviluppa giornalmente. restiamo ancorati a vecchie dietrologie ideologiche così ammuffite da far venire la nausea. il Paese del dibattito continuo continua a galleggiare sui propri flussi maleodoranti e neri come la pece. un Paese di tutti contro tutti purchè quello che oggi è mio non divenga tuo, e quello che è tuo passi a me. d'altronde basta sventolare una bandiera in piazza per ripulirsi la coscienza e tornare a casa la sera soddisfatto e tronfio degli slogan gridati a più non posso.
a volte, credo, potrebbe essere più utile lottare con il buon esempio. con l'onestà (valore diffuso in questo Paese ma non così apprezzato). con la dignità. con il coraggio di dire relamente quello che si pensa, e non quello che in quel momento conviene dire (o non dire).
in chiusura, voglio ricordare l'unico precedente nel quale a Oslo è rimasta una sedia vuota a ritirare un premio:
1936, Nobel per la Pace al pacifista tedesco CARL VON ISSIETZY.
ad impedirgli l'arrivo nella capitale norvegese fu Hadolf Hitler.
sabato 11 dicembre 2010
SPAZIOPERIODICO
Venerdi 17 Dicembre (si) inaugura lo SPAZIOPERIODICO in via Palermo 41 nel centro storico di Roma.
A pochi giorni dal Natale, un palazzo d’epoca dell’affascinante Rione Monti, diventa il luogo eletto da 2Periodico per creare la sua factory.
Da sempre legato al tempo che passa e a come questo viene rappresentato, il brand lavora con la carta stampata, con i periodici, per comunicare, per far rivivere e per ricordare quello che siamo attraverso degli oggetti feticcio.
Arredato con il modernariato delle Officine Pietralata, impreziosito da esposizioni d’arte e dalle creazioni dei più esclusivi marchi stranieri
il concept store prende vita venerdi 17 Dicembre 2010 e vi aspetta per una serata all’insegna del glamour e del relax con i “momenti di Benessere”.
contatti:
www.spazioperiodico.com
www.2periodico.com
poche parole per un invito sempre rivolto a chi non ama le banalità giornaliere...io vado...
A pochi giorni dal Natale, un palazzo d’epoca dell’affascinante Rione Monti, diventa il luogo eletto da 2Periodico per creare la sua factory.
Da sempre legato al tempo che passa e a come questo viene rappresentato, il brand lavora con la carta stampata, con i periodici, per comunicare, per far rivivere e per ricordare quello che siamo attraverso degli oggetti feticcio.
Arredato con il modernariato delle Officine Pietralata, impreziosito da esposizioni d’arte e dalle creazioni dei più esclusivi marchi stranieri
il concept store prende vita venerdi 17 Dicembre 2010 e vi aspetta per una serata all’insegna del glamour e del relax con i “momenti di Benessere”.
contatti:
www.spazioperiodico.com
www.2periodico.com
poche parole per un invito sempre rivolto a chi non ama le banalità giornaliere...io vado...
venerdì 3 dicembre 2010
UN GARBATO SALUTO
lunedì 29 novembre se ne andato Mario Monicelli, lanciandosi dal quinto piano del reparto di urologia dell'ospedale San Giovanni di Roma. Aveva 95 anni.
nella sua longeva carriera ha diretto 35 film, dei quali ne voglio ricordare alcuni:
Totò cerca casa (1949), Guardie e Ladri (1951), I soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959), La ragazza con la pistola (1968), L'armata Brancaleone (1969), Bracaleone alle crociate (1969), Amici miei (1975), Un borghese piccolo piccolo (1977), I nuovi mostri (1977), Il Marchese del Grillo (1981), Amici miei atti II (1982).
il suo ultimo film è del 2006, Le rose del deserto.
Il padre della commedia all'italiana, ci ha raccontato dell'Italia del dopoguerra, fra boom economico e voglia di ricominciare, con una certa dose di cinismo e cattiveria (nei i soliti ignoti per la prima volta nella storia della commedia c'è un morto), risate e malinconia, impegno e divertimento, e tanto altro ancora.
è stato il testimome di una stagione irrepetibile, vissuta con personaggi che non torneranno mai più. Ha lavorato con tutti i mostri sacri dell'epoca (Gasmann, Sordi, Totò, Mastroianni, Vitti, Cardinale e tanti altri), guidandoli e dirigendoli in capolavori che non hanno tempo.
Ora, scorrendo di nuovo i titoli dei suoi film, mi tornano in mente immagini che porterò sempre con me, che non mi lascerrano mai. Emozioni irrepitibili, che prorompono in me ogni volta che m'imbatto in un suo lavoro. Una palestra di vita senza eguali, un'arte dirompente e coinvolgente, seppur comunicata nel dolce stile della commedia italiana. E ancora rido alle battute dei personaggi dei suoi film, alle sue maschere che meglio di tutte hanno descritto l'Italia di quegli anni, avvolta in una sospensione temporale che aveva qualcosa di mistico e favolistico.
Per questo, per tutte le volte che ai titoli di coda di un suo lavoro provo soddisfazione e ricoscenza, voglio lasciare il mio garbato saluto a questo maestro (che tale non si è mai definito).
Grazie, Mario, grazie per averci lasciato qualcosa che vale la pena di portare con noi.
E chiudendo voglio riportare la battuta che Ferribotte fa alla fine dei soliti ignoti, mentre il furto è andato a puttane e discutono della pasta e ceci che i protagonisti stanno mangiando, e che racchiude una filosofia così profonda da essere imbarazzante: "donna cuciniera pigliala per mogliera, donna piccante pigliala per amante".
Grazie ancora Mario.
nella sua longeva carriera ha diretto 35 film, dei quali ne voglio ricordare alcuni:
Totò cerca casa (1949), Guardie e Ladri (1951), I soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959), La ragazza con la pistola (1968), L'armata Brancaleone (1969), Bracaleone alle crociate (1969), Amici miei (1975), Un borghese piccolo piccolo (1977), I nuovi mostri (1977), Il Marchese del Grillo (1981), Amici miei atti II (1982).
il suo ultimo film è del 2006, Le rose del deserto.
Il padre della commedia all'italiana, ci ha raccontato dell'Italia del dopoguerra, fra boom economico e voglia di ricominciare, con una certa dose di cinismo e cattiveria (nei i soliti ignoti per la prima volta nella storia della commedia c'è un morto), risate e malinconia, impegno e divertimento, e tanto altro ancora.
è stato il testimome di una stagione irrepetibile, vissuta con personaggi che non torneranno mai più. Ha lavorato con tutti i mostri sacri dell'epoca (Gasmann, Sordi, Totò, Mastroianni, Vitti, Cardinale e tanti altri), guidandoli e dirigendoli in capolavori che non hanno tempo.
Ora, scorrendo di nuovo i titoli dei suoi film, mi tornano in mente immagini che porterò sempre con me, che non mi lascerrano mai. Emozioni irrepitibili, che prorompono in me ogni volta che m'imbatto in un suo lavoro. Una palestra di vita senza eguali, un'arte dirompente e coinvolgente, seppur comunicata nel dolce stile della commedia italiana. E ancora rido alle battute dei personaggi dei suoi film, alle sue maschere che meglio di tutte hanno descritto l'Italia di quegli anni, avvolta in una sospensione temporale che aveva qualcosa di mistico e favolistico.
Per questo, per tutte le volte che ai titoli di coda di un suo lavoro provo soddisfazione e ricoscenza, voglio lasciare il mio garbato saluto a questo maestro (che tale non si è mai definito).
Grazie, Mario, grazie per averci lasciato qualcosa che vale la pena di portare con noi.
E chiudendo voglio riportare la battuta che Ferribotte fa alla fine dei soliti ignoti, mentre il furto è andato a puttane e discutono della pasta e ceci che i protagonisti stanno mangiando, e che racchiude una filosofia così profonda da essere imbarazzante: "donna cuciniera pigliala per mogliera, donna piccante pigliala per amante".
Grazie ancora Mario.
Addio.
lunedì 22 novembre 2010
LIBERTA' DI PAROLA
"Come diritto attivo si colloca insieme al diritto di commettere un omicidio: possiamo esercitarlo se siamo disposti a subirne le conseguenze. L'omicidio è vietato sia nella teoria che nella pratica: la libertà di parola in teoria è garantita, ma di fatto vietata. Secondo l'opinione pubblica sono entrambi crimini ed entrambi sono profondamente odiati dalle persone civili. L'omicidio è punito solo in alcuni casi, la libertà di parola sempre, quando è commessa. Il che è raro ... La libertà di parola è un privilegio esclusivo dei morti, è monopolio dei morti ... Perché la libertà di parola è una cosa desiderabile. Me ne sono accorto a Londra, cinque anni fa, quando i simpatizzanti dei Boeri, uomini rispettabili che pagano le tasse, bravi cittadini e autorizzati alle loro opinioni tanto quanto ogni altro cittadino, sono stati assaliti durante i loro incontri e i loro oratori sono stati maltrattati e cacciati via dal palco da altri cittadini che avevano opinioni diverse dalle loro...
Ho appena finito un articolo di questo tipo, che mi soddisfa completamente. Rende il mio animo, ormai logorato dalle intemperie, felice di leggerlo, nonché di ammirare i problemi che porterebbe a me e alla mia famiglia. Me lo lascerò indietro, e lo divulgherò dalla tomba. Lì esiste la mia libertà di parola, senza alcun danno per la mia famiglia"
(MARK TWAIN - SCRITTI MAI PUBBLICATI ED ORA RACCOLTI E STAMPATI PER LA PRIMA VOLTA NEGLI USA CON IL TITOLO WHO IS MARK TWAIN?, RIPROPOSTI IN ITALIA, NEL CENTENARIO DELLA MORTE DELLO SCRITTORE DA EDITORI RIUNITI NEL LIBRO "IL RACCONTO DEL BECCHINO ED ALTRE STORIE).
il tempo sembra passare inutilmente, sopratutto in relazione ai nostri errori. ogni giorno in italia si levano cori sulla libertà di parola, soprattutto da chi, in effetti, ce l'ha. penso a chi scrive sui giornali, a chi conduce programmi televisivi di vasta audience, chi è regolarmente invitato a dire la sua (dietro lauto compenso s'intende) e puntualmente grida alla negazione della libertà di parola, facendosi martire (con villa al mare e altre cose). in questo paese che ha perso il senso della misura e che sopravvive sui resti di logore ideologie, un minuto di riflessione sulle parole di mark twain non può che farci bene. e mentre a vicenda i martiri si accusano l'un l'altro di essere privati della libertà di parola (invitandosi a turno nelle loro trasmissioni e/o ospitandosi in editoriali sui quotidiani che contano) una ragazza cinese per un messaggio lasciato su twitter (che ovviamente non le portava alcun compenso), con il quale solidalizzava con un dissidente del regime, è stata condannata ai lavori forzati per essere RIEDUCATA.
ma questo non interessa ai martiri. non fa audience. non indurrebbe un giudice a emettere una sentenza con la quale si è obbligata la rai a riassumere un conduttore indicandogli, in aggiunta, la trasmissione, il giorno per andare in onda e l'ora.
per non attendere che qualcuno legga i nostri scritti dopo che siamo morti, usiamolo questo diritto. sopratutto quando ci sono da dire cose scomode. forse è vero che non ci porterà benefici. ma forse ci lascerà andare a dormire con un senso di sollievo.
venerdì 19 novembre 2010
VINCENT VAN GOGH - VITTORIANO - ROMA
"Vincent Van Gogh. Campagna senza tempo. Città moderna", ha riportato a Roma, dopo 22 anni, l'opera del genio olandese.
Sono 70 i dipinti e i disegni dell'artista che saranno esposti fino al 6 febbraio al Vittoriano di Roma (con, in aggiunta, oltre a una quarantina di tele dei suoi più illustri contemporanei, come Millet, Gaugin, Pissarro e Cezanne).
che dire che ancora non è stato detto? Solo una cosa: ogni volta che vedo Van Gogh mi resta sempre dentro l'idea di un'opera incopiuta, come se la sua morte cercata così precocemente ci avesse privato di un qualcosa...
Ma forse è solo una mia impressione.
Da non perdere assolutamente.
Sono 70 i dipinti e i disegni dell'artista che saranno esposti fino al 6 febbraio al Vittoriano di Roma (con, in aggiunta, oltre a una quarantina di tele dei suoi più illustri contemporanei, come Millet, Gaugin, Pissarro e Cezanne).
che dire che ancora non è stato detto? Solo una cosa: ogni volta che vedo Van Gogh mi resta sempre dentro l'idea di un'opera incopiuta, come se la sua morte cercata così precocemente ci avesse privato di un qualcosa...
Ma forse è solo una mia impressione.
Da non perdere assolutamente.
lunedì 1 novembre 2010
RINGRAZIAMENTI
nell'ultima settimana ho ricevuto tanti complimenti per il mio ultimo lavoro editoriale, nonché qualche critica (sempre ben accetta se si è in cerca come me di un miglioramento continuo, per quanto questo sia possibile).
tutto ciò è un premio alla fatica che comporta avere un idea, farla divenire un progetto, lavorarci sopra, proporla ad un editore e vederla, infine, realizzata, ovvero pubblicata.
ed anche all'ansia che ti prende quando aspetti i risultati del lavoro, ovvero come è stato accolto dai lettori, seppur pochi ancora.
ma non importa. sono comunque uno stimolo a continuare, a non arrendersi alle difficoltà che comporta muoversi nel mondo dell'editoria.
che è un mondo complesso, che vive sempre in bilico sulla necessità di pubblicare qualità e di avere attenzione ai propri bilanci contabili.
ed allora GRAZIE, a tutti coloro che hanno letto IN DODICI ORE CIRCA, e che ne hanno ricavato qualcosa; piacere, riflessione, semplice soddisfazione di una curiosità.
augurandomi che diveniate sempre un numero maggiore.
tutto ciò è un premio alla fatica che comporta avere un idea, farla divenire un progetto, lavorarci sopra, proporla ad un editore e vederla, infine, realizzata, ovvero pubblicata.
ed anche all'ansia che ti prende quando aspetti i risultati del lavoro, ovvero come è stato accolto dai lettori, seppur pochi ancora.
ma non importa. sono comunque uno stimolo a continuare, a non arrendersi alle difficoltà che comporta muoversi nel mondo dell'editoria.
che è un mondo complesso, che vive sempre in bilico sulla necessità di pubblicare qualità e di avere attenzione ai propri bilanci contabili.
ed allora GRAZIE, a tutti coloro che hanno letto IN DODICI ORE CIRCA, e che ne hanno ricavato qualcosa; piacere, riflessione, semplice soddisfazione di una curiosità.
augurandomi che diveniate sempre un numero maggiore.
sabato 11 settembre 2010
in dodici ore irca
A volte nella vita di ognuno di noi accadono fatti che divengono incontrollabili, e che degenerano nell'imprevedibile.
A volte, la concatenazione degli eventi che si susseguono frenetici può produrre oniriche metastasi di follia...
talia
“così vai via”.
“non è che me ne vado”.
“ah, no. e che cosa è che staresti facendo?”.
“torno nel mio paese per un po’ di tempo. devo tornare per capire”.
“che cosa c’è da capire?”.
“andrea, ti sei accorto di quanto hai lontano da me in questi ultimi tempi?”.
“possibile che ancora confondi essere con avere? eppure ne abbiamo speso di tempo su questa cosa…”.
“sai che quando mi innervosisco parlare in italiano mi da problemi”.
“vuoi parlare in inglese?”.
“con te? tu non parli in inglese, riesci a dire qualche frase, e poi non capisci una parola di quello che dico se parlo “normalmente”“.
“hai ragione, scusami. so quanto è difficile parlare in una lingua che non è tua”.
“insomma, andrea. voglio solo tornare in california per un paio di settimane, forse tre”.
“vai via da me, talia. non hai nulla da capire”.
A volte, la concatenazione degli eventi che si susseguono frenetici può produrre oniriche metastasi di follia...
talia
“così vai via”.
“non è che me ne vado”.
“ah, no. e che cosa è che staresti facendo?”.
“torno nel mio paese per un po’ di tempo. devo tornare per capire”.
“che cosa c’è da capire?”.
“andrea, ti sei accorto di quanto hai lontano da me in questi ultimi tempi?”.
“possibile che ancora confondi essere con avere? eppure ne abbiamo speso di tempo su questa cosa…”.
“sai che quando mi innervosisco parlare in italiano mi da problemi”.
“vuoi parlare in inglese?”.
“con te? tu non parli in inglese, riesci a dire qualche frase, e poi non capisci una parola di quello che dico se parlo “normalmente”“.
“hai ragione, scusami. so quanto è difficile parlare in una lingua che non è tua”.
“insomma, andrea. voglio solo tornare in california per un paio di settimane, forse tre”.
“vai via da me, talia. non hai nulla da capire”.
mercoledì 25 agosto 2010
JAN FABRE - FROM THE FEET TO THE BRAIN
"Credo nell’immaginario. Credo in
ciò che non esiste ancora. Forse
la bellezza e l’arte possono guarire
le ferite nei nostri cuori, causate
dalle guerre nelle nostre teste.
Jan Fabre intervistato da Jan Hoet e
Hugo de Greef, 1994;
“Kritisches Lexikon der Gegenwartskunst” "
Jan Fabre è un pugno nello stomaco. Una aritmia eccitante. Un abbandono ed un ritorno. E' sentirsi partecipi ed estranei. E', sopratutto, un consiglio...
lunedì 9 agosto 2010
2 AGOSTO 2010 (15874 GIORNI)
e quel giorno arriva
intorpidito dalla lunga attesa sbircia, cogita, striscia, s’insinua
e prende possesso
ha modi gentili, nobili, farisaici, ma decisi
fino a divenire ruvidi
nell’annuncio velato di malinconia di assurgere ad uomo
nell’eco lontana corre il brivido di quello che mai più sarà
l’eutanasia del sogno tramuta nella severa, vitrea, umana realtà
mentre muori
ammantato di solitudine
senti il sangue scorrer placido nelle vene
seppur dolce è l’abbandono
amaro è il naufragar nell’oceano della maturità
intorpidito dalla lunga attesa sbircia, cogita, striscia, s’insinua
e prende possesso
ha modi gentili, nobili, farisaici, ma decisi
fino a divenire ruvidi
nell’annuncio velato di malinconia di assurgere ad uomo
nell’eco lontana corre il brivido di quello che mai più sarà
l’eutanasia del sogno tramuta nella severa, vitrea, umana realtà
mentre muori
ammantato di solitudine
senti il sangue scorrer placido nelle vene
seppur dolce è l’abbandono
amaro è il naufragar nell’oceano della maturità
lunedì 2 agosto 2010
sabato 26 giugno 2010
Bernardo Siciliano - NUDE CITY. La Pelanda, MACRO FUTURE - ROMA
...e verrebbe da dire finalmente! un artista contemporaneo che affascina, ammalia e rapisce il visitatore. Bernardo Siciliano, romano che vive e lavora a Brooklyn, N.Y., ha il raro dono di comunicare emozioni, punteggiandole a volte con tratti apparentemente confusi che si ricompattano armoniosamente in lontananza, a volte con tratti decisi, secchi, volitivi, attenti al particolare del corpo e dell'anima (gli edificii di new york ed i nudi femminili sovraesposti del macro future).
un breve ma intenso e corrosivo momento di passione, da vivere nel work in progress che è attualmente il macro di monte testaccio.
a volte una semplice curiosità può condurti in un isola temporale di intensa spiritualità, elevando quel lasso di tempo a significativo.
a volte, un pomeriggio di noia può condurti in un tempio pagano che vedrà materializzarsi i tuoi desideri.
26 giugno 2010
domenica 16 maggio 2010
sabato 15 maggio 2010
UN AZZARDO
vicino a casa mia c’è un emporio. sai quei negozi di un tempo che vendono di tutto? dalle sigarette ai saponi, dai vestiti per bambini ad accessori di moda?
si, più o meno.
ecco. in questo emporio io ci vado da sempre. da quando ho iniziato a fumare. a sedici anni. e sostanzialmente non è cambiato. i proprietari sono gli stessi. di nuovo c’è solo il figlio che è mio coetaneo ed ha passato tutta la sua vita lì dentro. nuovo nel senso che adesso praticamente dirige lui la baracca. si fa per dire, visto che sembra abbiano accumulato una notevole ricchezza. ma queste sono voci di paese e non c’entrano con quello che voglio adesso dirti.
beh, oltre a questo di nuovo ci sono anche, nell’ordine di apparizione dei nuovi servizi prestati alla clientela: una ricevitoria per il gioco del lotto, con tre macchine per giocare, gratta e vinci e slot machine.
ecco gratta e vinci e slot machine. sai andrea, a qualunque ora entro per acquistare sigarette, sono l’unica cosa che ci compro e abbia mai comprato, trovo persone incarognite a giocare a quelle macchinette e a strofinare gratta e vinci. praticamente adesso queste mangia soldi rappresentano il loro businnes principale. ma la cosa che proprio mi lascia di stucco è che sono quasi sempre donne. e donne di una certa età. diciamo madri di famiglia con prole al liceo e anziane.
capisci andrea che cosa ti sto dicendo?
mi stai dicendo che queste donne hanno il vizio del gioco?
le lotterie e i giochi d’azzardo proliferano in genere in paesi poveri e/o a caccia perenne di soldi per il sostentamento della burocrazia. l’utopia di diventar ricchi permette così allo stato-banco di fagocitare soldi “facili”, come le mafie. e la gente gioca. e il banco incassa. e la gente gioca ancora. e il banco incassa. e la gente inizia ad avere difficoltà, ma gioca. e il banco incassa ancora. e la gente adesso è in difficoltà, ma gioca. e il banco continua ad incassare. ed in alcuni casi a “lavare soldi sporchi”.
ma adesso, andrea, non sono più solo gli uomini a cadere nel vizio. ci cadono anche le donne nella dipendenza del gioco. ne sono state attratte. loro. sempre così attente negli stereotipi che abbiamo imparato ad accettare come realtà. attente a tutto. ad ogni centesimo che esca di casa. loro così rigorose nella contabilità casalinga da innervosire per la loro petulanza ed osservanza. così restie per le spese “superflue, che non siano scarpe…”,cosa è cambiato andrea?
non lo so, non ci avevo fatto mai caso.
non è disperante tutto ciò? l’alienazione e lo sbando culturale non sta provocando una voragine sotto i pilastri della nostra società? il terrore di non poter più soddisfare bisogni ritenuti oramai primari non avendo risorse economiche sufficienti, non sta spingendo una parte della nostra organizzazione verso un baratro? il disordine morale che si è impadronito del nostro sistema non lo sta divorando dall’interno? il bombardamento massiccio di alimentazione di bisogni cui siamo sottoposti non sta generando un’iperbole di avidità non più gestibile razionalmente? la noia del tempo libero associata al poco denaro spendibile per trascorrerla, non sta avvolgendo tutto in una spirale che coattivamente sblocca i freni inibitori facendo degenerare la realtà dei fatti in una specie di sogno estatico di “vincere”?
certo, potresti dirmi, potrebbe essere solo un caso circoscritto, non ti sto parlando con dati istat in mano sul degrado sociale. hai ragione. forse è solo un caso. o forse sono io che “vedo” solo questa cosa e oramai è una proiezione fissa della mia mente. donne che giocano disperatamente e professionalmente alla ricerca della felicità che le condurrà nella maggior parte di casi a frustrazioni ed umiliazioni. il banco non perde mai. questa è regola.
Poi un lungo ed estenuante minuto di silenzio ed occhi al pavimento.
hai ragione. è solo una mia “visione”. le donne sono lì. giocano. ed io le guardo. ma sono solo. e sembra che nessun altro lo noti.
non è ancora più disperante tutto ciò?
pensieri,aforismi&dialoghi tossici
si, più o meno.
ecco. in questo emporio io ci vado da sempre. da quando ho iniziato a fumare. a sedici anni. e sostanzialmente non è cambiato. i proprietari sono gli stessi. di nuovo c’è solo il figlio che è mio coetaneo ed ha passato tutta la sua vita lì dentro. nuovo nel senso che adesso praticamente dirige lui la baracca. si fa per dire, visto che sembra abbiano accumulato una notevole ricchezza. ma queste sono voci di paese e non c’entrano con quello che voglio adesso dirti.
beh, oltre a questo di nuovo ci sono anche, nell’ordine di apparizione dei nuovi servizi prestati alla clientela: una ricevitoria per il gioco del lotto, con tre macchine per giocare, gratta e vinci e slot machine.
ecco gratta e vinci e slot machine. sai andrea, a qualunque ora entro per acquistare sigarette, sono l’unica cosa che ci compro e abbia mai comprato, trovo persone incarognite a giocare a quelle macchinette e a strofinare gratta e vinci. praticamente adesso queste mangia soldi rappresentano il loro businnes principale. ma la cosa che proprio mi lascia di stucco è che sono quasi sempre donne. e donne di una certa età. diciamo madri di famiglia con prole al liceo e anziane.
capisci andrea che cosa ti sto dicendo?
mi stai dicendo che queste donne hanno il vizio del gioco?
le lotterie e i giochi d’azzardo proliferano in genere in paesi poveri e/o a caccia perenne di soldi per il sostentamento della burocrazia. l’utopia di diventar ricchi permette così allo stato-banco di fagocitare soldi “facili”, come le mafie. e la gente gioca. e il banco incassa. e la gente gioca ancora. e il banco incassa. e la gente inizia ad avere difficoltà, ma gioca. e il banco incassa ancora. e la gente adesso è in difficoltà, ma gioca. e il banco continua ad incassare. ed in alcuni casi a “lavare soldi sporchi”.
ma adesso, andrea, non sono più solo gli uomini a cadere nel vizio. ci cadono anche le donne nella dipendenza del gioco. ne sono state attratte. loro. sempre così attente negli stereotipi che abbiamo imparato ad accettare come realtà. attente a tutto. ad ogni centesimo che esca di casa. loro così rigorose nella contabilità casalinga da innervosire per la loro petulanza ed osservanza. così restie per le spese “superflue, che non siano scarpe…”,cosa è cambiato andrea?
non lo so, non ci avevo fatto mai caso.
non è disperante tutto ciò? l’alienazione e lo sbando culturale non sta provocando una voragine sotto i pilastri della nostra società? il terrore di non poter più soddisfare bisogni ritenuti oramai primari non avendo risorse economiche sufficienti, non sta spingendo una parte della nostra organizzazione verso un baratro? il disordine morale che si è impadronito del nostro sistema non lo sta divorando dall’interno? il bombardamento massiccio di alimentazione di bisogni cui siamo sottoposti non sta generando un’iperbole di avidità non più gestibile razionalmente? la noia del tempo libero associata al poco denaro spendibile per trascorrerla, non sta avvolgendo tutto in una spirale che coattivamente sblocca i freni inibitori facendo degenerare la realtà dei fatti in una specie di sogno estatico di “vincere”?
certo, potresti dirmi, potrebbe essere solo un caso circoscritto, non ti sto parlando con dati istat in mano sul degrado sociale. hai ragione. forse è solo un caso. o forse sono io che “vedo” solo questa cosa e oramai è una proiezione fissa della mia mente. donne che giocano disperatamente e professionalmente alla ricerca della felicità che le condurrà nella maggior parte di casi a frustrazioni ed umiliazioni. il banco non perde mai. questa è regola.
Poi un lungo ed estenuante minuto di silenzio ed occhi al pavimento.
hai ragione. è solo una mia “visione”. le donne sono lì. giocano. ed io le guardo. ma sono solo. e sembra che nessun altro lo noti.
non è ancora più disperante tutto ciò?
pensieri,aforismi&dialoghi tossici
venerdì 5 marzo 2010
NYC SKYLINE
il mio fine settimana rigurgita i suoi primi vagiti mentre guardo floscio la tv sul divano. parassita. veleggiando leggero fra una moltitudine di canali. di visi. situazioni. storia. scienza. ma senza un approdo. dove calare l’ancora e rassegnarmi. a restare in casa. a mangiare schifezze. a fare audience.
masturbo il telecomando cercando un orgasmo. anche finto. simulato. finché mi ritrovo a camminare sotto enormi palazzi senza colore su di un sudicio marciapiede ghiacciato. fa un freddo cane. strade vuote e buie e neve. mentre scende la sera su questo enorme frigorifero. poi d’incanto negozi, luci, macchine, people. due ragazzine centroamericane si offrono di fronte ad un megastore mentre due asiatici contrattano animosamente su qualcosa che passa da una mano all’altra.
m’investe un’aria gelida. marina. attraverso un incrocio. mi fermo da un vecchio ambulante greco che vende panini. non chiedo. fa tutto da solo. rabbrividisco quando inonda un’enorme salciccia con una salsa che sotto la luce artificiale del suo ristorante all’aperto assume un colore grigiastro. tieni il resto vorrei dire. ma vedo che tanto non ci pensa proprio a tornarmelo dietro.
azzanno il sandwich. un cab inverte pericolosamente la marcia. la salsa cola copiosa. alzo un dito. il taxi si ferma. salgo. saluto. è pachistano. o indiano. o boh. emette suoni acuti. indecifrabili. come lui. l’abitacolo è pieno di ammennicoli e fotografie. parla come un invasato mentre attraversiamo il ponte sospeso nel buio circondati da macchine taglia xxl.
poi un crash di lamiere ci ferma. il pachistano scende. scendono mille altre persone. tra cui un avvocato. tutti si agitano. la notte oramai copre un cielo senza stelle. mi allontano furtivo. sento gridare hei…tu.. ma non ci faccio caso. corro. corro. lasciandomi alle spalle quel delirio. e rido. rido divertito. attraverso un altro incrocio. e poi ancora uno. mi accascio ansimando su di un distributore di giornali. due irlandesi del nypd mi guardano diffidenti. poi continuano a fare quello che devono. altra gente passa veloce. indifferente.
la strada è elegante. vellutata. sobria. scortata da grattacieli dove si consuma il quotidiano. e palazzi snob con portiere in livrea rossa. entro in un bar. siedo al banco. un crogiuolo di razze abita quelle luci soffuse in piccoli tavoli. una minitv manda canestri in continuazione. birra. e sono di nuovo fuori. pellegrino in questa adrenalina continua, mistica, eterea, fuorviante, debordante, catalizzatrice. in un prisma di colori, odori, facce, storie….quando all’improvviso will, grace e karen…
la luce filtra dalla finestra. la tv emana bagliori indefiniti. il telecomando è in terra. io in un intorpidito risveglio…
masturbo il telecomando cercando un orgasmo. anche finto. simulato. finché mi ritrovo a camminare sotto enormi palazzi senza colore su di un sudicio marciapiede ghiacciato. fa un freddo cane. strade vuote e buie e neve. mentre scende la sera su questo enorme frigorifero. poi d’incanto negozi, luci, macchine, people. due ragazzine centroamericane si offrono di fronte ad un megastore mentre due asiatici contrattano animosamente su qualcosa che passa da una mano all’altra.
m’investe un’aria gelida. marina. attraverso un incrocio. mi fermo da un vecchio ambulante greco che vende panini. non chiedo. fa tutto da solo. rabbrividisco quando inonda un’enorme salciccia con una salsa che sotto la luce artificiale del suo ristorante all’aperto assume un colore grigiastro. tieni il resto vorrei dire. ma vedo che tanto non ci pensa proprio a tornarmelo dietro.
azzanno il sandwich. un cab inverte pericolosamente la marcia. la salsa cola copiosa. alzo un dito. il taxi si ferma. salgo. saluto. è pachistano. o indiano. o boh. emette suoni acuti. indecifrabili. come lui. l’abitacolo è pieno di ammennicoli e fotografie. parla come un invasato mentre attraversiamo il ponte sospeso nel buio circondati da macchine taglia xxl.
poi un crash di lamiere ci ferma. il pachistano scende. scendono mille altre persone. tra cui un avvocato. tutti si agitano. la notte oramai copre un cielo senza stelle. mi allontano furtivo. sento gridare hei…tu.. ma non ci faccio caso. corro. corro. lasciandomi alle spalle quel delirio. e rido. rido divertito. attraverso un altro incrocio. e poi ancora uno. mi accascio ansimando su di un distributore di giornali. due irlandesi del nypd mi guardano diffidenti. poi continuano a fare quello che devono. altra gente passa veloce. indifferente.
la strada è elegante. vellutata. sobria. scortata da grattacieli dove si consuma il quotidiano. e palazzi snob con portiere in livrea rossa. entro in un bar. siedo al banco. un crogiuolo di razze abita quelle luci soffuse in piccoli tavoli. una minitv manda canestri in continuazione. birra. e sono di nuovo fuori. pellegrino in questa adrenalina continua, mistica, eterea, fuorviante, debordante, catalizzatrice. in un prisma di colori, odori, facce, storie….quando all’improvviso will, grace e karen…
la luce filtra dalla finestra. la tv emana bagliori indefiniti. il telecomando è in terra. io in un intorpidito risveglio…
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