mercoledì 6 settembre 2017

ANA - tanto tempo fa

(SERIA ANA - EPISODIO UNO)

l'aspetto all'aperitivo, alle sette e mezza, in un bar del centro. ho bevuto tre negroni e di lei neanche l'ombra. sono contrariato. sono, anzi, decisamente incazzato. comincio però a darmi delle giustificazioni assurde tipo: ho sbagliato giorno; magari era ieri; o sarà domani; adesso che faccio? o tipo ha avuto un incidente; sarà malata; avrà dovuto lavorare ... ma che mi abbia tirato un bidone no! un bel bidone di quelli che ogni tanto tiro io: si ci vediamo lì, non ti preoccupare, anzi non farmi scherzi mi raccomando ... 
dopo un’ora inizio a percepire un vago senso di  realtà, sbrino dall'isolamento in cui mi sono cacciato, pago il conto e vado via. non è venuta. non mi ricordo neanche come si chiama, ma mi ha fatto lievitare dentro una rabbia che adesso combino qualche danno dei miei.  
salgo in macchina, accendo la radio, partono gli skunk a volume da stadio e via di corsa verso una meta indefinita, mentre "You follow me down" mi penetra nelle ossa. lungo la strada continuo a darmi torto e ragione contemporaneamente, vergognosa reazione ad una bella buca salutare, sobria, elegante.  
sembra molto semplice, elementare, ma il mio subconscio proprio non l'accetta, non la manda giù, e sono corroso da uno spirito di vendetta, contro chi poi; passo velocemente all'esaltazione, mi prende a ridere, sempre più forte. devo essere uscito di testa. ventiquattro anni di tette, di culo e di un viso di un antica bellezza mi devono aver fatto impazzire. 
l'ho conosciuta in quel posto di merda che frequento giù ai magazzini, alla Garbatella. people di tutti i tipi e razze, ammassata fuori dei locali: alti, bassi, magri, obesi, biondi, neri, fatti, prossimi, ubriachi, lucidi, folli. un'orgia di colori, odori, capi firmati, gel, occhiali da sole da usare di notte, stivali e tutto quello che hanno in tasca. in fila o ammassati, pronti all'ennesimo giro nella giostra del sabato sera: violenti, passionali, belli, giovani, voraci.  
ero appoggiato al muro del bancone dove servono da bere e la guardavo. bella. seducente. sorridente. sbracciata. un drink dietro l'altro, finché non ha messo piede fuori di quella barricata. l'ho fermata. quanti anni hai? domanda più scema non mi poteva venir fuori, più imbarazzante delle tante figure di merda che ho fatto in carriera, più deprimente del day after domenicale, meritevole del più giusto cartellino  rosso mai esibito nella storia del football.  
incredibilmente, contro ogni ragionevole previsione, mi ha risposto, credo per educazione, e se  n’è andata, così come era venuta. più tardi mi offre un cuba libre mentre io sono lì in preda alle mie angosce da testa di cazzo, e lo fa sorridendo; e all'improvviso torno ad ascoltare la musica che rulla sulla pista, torno a vedere la gente che vibra sui ritmi tribali che ti scoppiano dentro, ti animano e ti fanno fare quello che vogliono, come un sortilegio wodoo. riportato in vita dall'ossigeno improvviso che  respiro m'abbandono a quel rumore inebriandomi dell'improvvisa felicità che sembra pervadermi. infine accendono le luci ed io sono lì che l'aspetto. "mercoledì prossimo". "va bene". "alle sette e mezza" ... 
... si, forse ho solo sbagliato il giorno ... o forse tutto questo non è mai accaduto ...


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