(SERIA ANA - EPISODIO UNO)
l'aspetto all'aperitivo, alle sette e mezza, in un bar del centro. ho bevuto tre negroni e di lei neanche l'ombra. sono contrariato. sono, anzi, decisamente incazzato. comincio però a darmi delle giustificazioni assurde tipo: ho sbagliato giorno; magari era ieri; o sarà domani; adesso che faccio? o tipo ha avuto un incidente; sarà malata; avrà dovuto lavorare ... ma che mi abbia tirato un bidone no! un bel bidone di quelli che ogni tanto tiro io: si ci vediamo lì, non ti preoccupare, anzi non farmi scherzi mi raccomando ...
l'aspetto all'aperitivo, alle sette e mezza, in un bar del centro. ho bevuto tre negroni e di lei neanche l'ombra. sono contrariato. sono, anzi, decisamente incazzato. comincio però a darmi delle giustificazioni assurde tipo: ho sbagliato giorno; magari era ieri; o sarà domani; adesso che faccio? o tipo ha avuto un incidente; sarà malata; avrà dovuto lavorare ... ma che mi abbia tirato un bidone no! un bel bidone di quelli che ogni tanto tiro io: si ci vediamo lì, non ti preoccupare, anzi non farmi scherzi mi raccomando ...
dopo un’ora inizio a percepire un vago
senso di realtà, sbrino dall'isolamento
in cui mi sono cacciato, pago il conto e vado via. non è venuta. non mi ricordo
neanche come si chiama, ma mi ha fatto lievitare dentro una rabbia che adesso
combino qualche danno dei miei.
salgo in macchina, accendo la radio, partono
gli skunk a volume da stadio e via di
corsa verso una meta indefinita, mentre "You follow me down" mi penetra nelle ossa. lungo la strada
continuo a darmi torto e ragione contemporaneamente, vergognosa reazione ad una
bella buca salutare, sobria, elegante.
sembra molto semplice, elementare, ma
il mio subconscio proprio non l'accetta, non la manda giù, e sono corroso da
uno spirito di vendetta, contro chi poi; passo velocemente all'esaltazione, mi
prende a ridere, sempre più forte. devo essere uscito di testa. ventiquattro
anni di tette, di culo e di un viso di un antica bellezza mi devono aver fatto
impazzire.
l'ho conosciuta in quel posto di merda
che frequento giù ai magazzini, alla Garbatella.
people di tutti i tipi e razze, ammassata fuori dei locali: alti, bassi, magri,
obesi, biondi, neri, fatti, prossimi, ubriachi, lucidi, folli. un'orgia di
colori, odori, capi firmati, gel, occhiali da sole da usare di notte, stivali e
tutto quello che hanno in tasca. in fila o ammassati, pronti all'ennesimo giro
nella giostra del sabato sera: violenti, passionali, belli, giovani, voraci.
ero appoggiato al muro del bancone
dove servono da bere e la guardavo. bella. seducente. sorridente. sbracciata.
un drink dietro l'altro, finché non ha messo piede fuori di quella barricata.
l'ho fermata. quanti anni hai? domanda più scema non mi poteva venir fuori, più
imbarazzante delle tante figure di merda che ho fatto in carriera, più
deprimente del day after domenicale,
meritevole del più giusto cartellino
rosso mai esibito nella storia del football.
incredibilmente, contro ogni
ragionevole previsione, mi ha risposto, credo per educazione, e se n’è andata, così come era venuta. più tardi
mi offre un cuba libre mentre io sono
lì in preda alle mie angosce da testa di cazzo, e lo fa sorridendo; e
all'improvviso torno ad ascoltare la musica che rulla sulla pista, torno a
vedere la gente che vibra sui ritmi tribali che ti scoppiano dentro, ti animano
e ti fanno fare quello che vogliono, come un sortilegio wodoo. riportato in vita dall'ossigeno improvviso che respiro m'abbandono a quel rumore
inebriandomi dell'improvvisa felicità che sembra pervadermi. infine accendono
le luci ed io sono lì che l'aspetto. "mercoledì
prossimo". "va bene".
"alle sette e mezza" ...
... si, forse ho solo sbagliato il
giorno ... o forse tutto questo non è mai accaduto ...
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