(SERIA ANA - EPISODIO DUE)
sono di nuovo in quel locale di merda. ho conservato lo scontrino dei negroni bevuti nel bar del centro il mercoledì antecedente a questo sabato. sopra ci ho scritto "brava! ma non mi è passata la voglia di vederti". ho aggiunto anche il mio numero di telefono, anche se con poche speranze, anzi nessuna.
arrivo
al banco del bar e lei non c'è. chiedo. mi indicano freddamente quello
dall'altra parte del localedimerda, ed è lì che vado, con una certa decisione.
quando
alza gli occhi da quello che fa incrocia il mio sguardo, restando sospesa a
metà strada fra l'imbarazzo e la sorpresa. non dico niente. poi ordino un cuba libre con la consumazione garantitami dal biglietto
d'ingresso e insieme a quello le lascio fra le mani anche lo scontrino del bar
del centro e torno nell'altra ala della sala.
a
perdermi fra le marionette danzanti che affollano la discoteca, indisturbato e
consapevole della mia unicità nei confronti del mondo, esaltato dall'alcol e
dall'adrenalina in circolo nel mio sistema nervoso a livelli gargantueschi, sentendomi
due volte più grande, ma anche due volte più stronzo.
quando
dopo svariati drink alcolici si accendono le luci chiare comprendo che è la
festa è terminata, come i miei soldi evaporati nell'acquisto delle consumazioni
acquistate senza soluzione di continuità. cerco così, con un certo affanno ed
una vistosa instabilità motoria l'uscita e me la trovo davanti. sono sfatto, ma
cazzo mi sembra ancora più bella. marmorea, li in mezzo alla sala che si sta
svuotando, divina e diabolica, straripante nelle forme, gentile nei modi.
devo dirti che ho un fidanzato.
devo dirti che mi piaci.
devo dirti che ...
non
mi dire più nulla. non m'importa. esco e
fuggo via. è ancora notte. deve essere presto. salgo rapido la scalinata per
arrivare al parcheggio dove ho la macchina e mi accorgo di essere solo. come da
tanto, troppo tempo. ammuffito nel mio spicchio di mondo. flagellato da un
uragano di spilli che mi si conficcano nella pelle e mi procurano un dolore
lancinante e continuo, ormai ai limiti della sopportabilità. solo, come sempre
al ritorno, solo, come sempre al mattino, solo, come sempre negli interminabili
pomeriggi, nelle desolanti domeniche, negli odiati giorni di festa. solo, come
un randagio che cerca solo di sopravvivere, come un barbone deluso dalla vita
che rovista nella spazzatura e accatta tutto quello trova fra gli avanzi. solo,
come un ergastolano in isolamento, come un condannato a morte che aspetta.
solo.
alla
fine della rampa, per una qualche ragione incomprensibile mi volto di scatto,
inciampo e cado. la ripercorro così al contrario, ma stavolta scivolando sui
gradini a testa in giù, battendogli ripetutamente sopra con la nuca come un
cartone animato, arenandomi, infine, sull'asfalto umido dove avevo iniziato ad ascendere.
arrivano
anche i miei compagni di scorribande notturne, e finalmente esplode fragorosa
una risata, liberatrice, coinvolgente, satanica.
mi
alzano. ridono. rido anch'io, fino alle lacrime. e all'improvviso il deserto
intorno a me si rianima come il più pazzo dei bazar ...
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