tratto dall'articolo di Domenico Rosaci,
Professore Associato di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni (SSD ING-INF/05) presso il Dipartimento dell'Informazione, delle Infrastrutture e dell'Energia Sostenibile (DIIES) dell'Università degli Studi "Mediterranea" di Reggio Calabria, pubblicato sul numero 30 di luglio 2017 della rivista Tracce d'Eternità disponibile gratuitamente sull'omonimo sito internet www.traccedeternita.com/.
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Immaginiamo che due osservatori del tempo siano posizionati uno sulla Luna ed uno sulla Terra. Immaginiamo, inoltre, che dopo aver sincronizzato gli orologi l'osservatore sulla Luna inizi a muoversi verso la Terra a gran velocità. I calcoli di Einstein predicono che quando l'osservatore posto sulla Luna sarà arrivato sulla Terra, il suo orologio sarà in ritardo rispetto a quello dell'osservatore a Terra. Sarà come se l'orologio dell'osservatore proveniente dalla Luna si sia mosso più lentamente rispetto a chi è rimasto fermo sulla Terra.
Questa predizione di Einstein deriva semplicemente dall'avere tratto le necessarie conseguenze matematiche dal postulato che la luce nel vuoto si muova sempre alla stessa velocità, ed è quindi un risultato completamente teorico. Ciò che lo rende sensazionale ed ammirevole, è che esso ha trovato completa conferma nella sperimentazione (esperimento del 1971 compiuto da Joseph Hafele e Richard Keating, consistente nell'utilizzare quattro orologi atomici sincronizzati tra loro con gli orologi dell'osservatorio navale degli Stati Uniti; i quattro orologi atomici vennero posti su degli aerei che compirono il giro del mondo. Al termine dell'esperimento i quattro orologi segnavano un tempo inferiore a quelli restati fermi sulla Terra misurabile in miliardesimi di secondo).
Ma le implicazioni della Relatività ristretta diventano enormi, se ipotizziamo di chiamare in causa osservatori che si muovono tra loro a velocità paragonabili a quella della luce. Supponiamo, ad esempio, di considerare due coniugi di 20 anni, che hanno appena avuto un figlio. Il marito è un astronauta e sta per partire in un viaggio a bordo di un astronave. I due coniugi si salutano, e sincronizzano gli orologi. Supponiamo che il marito viaggi a 280.000 Km/sec, cioè al 93% della velocità della luce, e debba raggiungere la stella Arturo, che dista circa 37 anni luce dalla terra; alla sua velocità impiegherà circa 40 anni. Poi l'astronauta ritornerà sulla Terra impiegando altri 40 anni. Per la moglie ed il figlio che l'aspettano, saranno, quindi, trascorsi 80 anni. Ma la relatività ci dice che per l'astronauta il tempo è passato molto meno velocemente. La formula di Einstein calcola che per il marito sono trascorsi solo 29 anni. L'astronauta torna a casa quindi non ancora cinquantenne, mentre la moglie, centenaria, sta per morire assistita dal figlio 80 enne.
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Einstein concepisce la realtà di un osservatore come una sorta di sostanza nella quale egli è immerso, una sostanza fatta al tempo stesso di spazio e tempo.
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Quindi osservatori in moto relativo tra loro hanno una diversa esperienza dello spazio tempo, e, quindi, della Realtà, che non è più considerabile come un concetto assoluto.
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Il Tempo di Einstein è solo la possibilità di percepire in infiniti modi diversi la sostanza spazio temporale, che non ha, quindi, una precisa identità, ma ha l'identità che gli da l'osservatore che la misura.
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Ha ancora senso, dopo Einstein, mettersi alla ricerca del Tempo Perduto? Oppure è più ragionevole accettare che la Realtà Ontologica, che esiste in quanto tale, sia e resti un concetto puramente metafisico catturabile con la sola intuizione, mentre la Realtà Conoscibile, per via esperenziale, sia intrinsecamente non catturabile?