martedì 30 gennaio 2018

ANNO ZERO

Il mio periodo trascorso da anacoreta, fortemente voluto come esperimento sociale, sta per concludersi domenica prossima 4 febbraio 2018, giorno nel quale compirò 51 anni. Prendendo i miei 50 anni come riferimento per un bilancio della mia esistenza, ammesso sempre che questa che credo realtà lo sia a tutti gli effetti, cosa di cui dubito sempre più, ho trascorso un anno quasi in isolamento, limitando al necessario la mia socialità, ristretta alle persone per cui nutro affetto, a rare uscite da casa, a parte quelle necessarie per recarmi al lavoro, e a comunicazioni tramite social network e blog. L'esperimento, successivo a quello nel quale non ho usato per il mio cellulare più o meno per lo stesso periodo, teso ad una valutazione sull'impatto nelle relazioni di assenze prolungate dalla scena per così dire pubblica, ha confermato quanto emerso dai miei studi sociologici inerenti la necessità di una presenza fisica nelle relazioni e quanto questa possa essere sostituita da una presenza virtuale, ovvero tramite mezzi di comunicazione (telefono, internet, messaggi fatti pervenire da terzi): la mia idea di un egocentrismo oramai ineludibile delle relazioni sociali è stata così confermata tramite esperimenti empirici, ovvero condotti sul campo, come si suole dire in ambiente didattico.
Le relazioni che ognuno di noi mantiene, a vario titolo, ruotano necessariamente attorno alla nostra disponibilità alle stesse, ovvero a quanto tempo vogliamo e/o possiamo loro dedicare; in sostanza i nostri contatti sociali dedicheranno il medesimo  tempo a interloquire con noi che noi dedichiamo a loro, con la medesima intensità affettiva che noi riversiamo nelle stesse. Il tempo che trascorre fra due contatti risulta ininfluente partendo da una scala di un solido legame fra le due persone fino a divenire influente, ovvero proiettato all'abbandono, in caso di legami non solidi, volatili, di convenienza: ciò può sembrare scontato ma in effetti non lo è. In questo lasso di tempo, circa due anni, ho visto consolidarsi legami che credevo meno solidi e crollare legami che ritenevo invece inossidabili, travolti dalla mancanza fisica vissuta come distacco considerata, invece, nel caso opposto come componente aggiuntiva alla relazione affettiva. Ho compreso che la stima di una relazione affettiva è molte volte sopravvalutata ovvero sottovalutata in proporzione a quanto noi crediamo in essa, molte volte commettendo un errore di valutazione dovuto a vari fattori tra i quali il principale è il tempo: da quanto ci si frequenta in realtà non incide nella solidità del legame se le frequentazioni visive divengono rarefatte. Ciò che incide è solo quanto il legame fosse (sia) veramente affettivo, qualità che potrebbe sorprendere per quanto sia così poco rinvenibile fino a contarsi, come si suol dire, con i diti di una sola mano. Già, e ci voleva così tanto a comprenderlo? si potrebbe obiettare: ma in effetti io non sono così perspicace e intuitivo come sembra, e quindi mi occorre tempo per le mie considerazioni, che tendo a fare in senso generale e non come valutazione specifica delle persone con le quali mi relaziono e di cui nutro affetto aprioristico. Cosa mi resta dopo tutto ciò? Che quello che sembra molte volte non lo è, e che nulla deve darsi per scontato in termini di relazioni, che restano volubili ed ancorate ad aspettative non sempre conciliabili fra gli interpreti delle medesime. Anno zero ... magari mi è venuta voglia di innamorarmi ...

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