ho inseguito per tutta la mia
vita qualcosa che non ho mai conosciuto, cavalcando un desiderio di cui non ho
mai goduto.
ho appreso, consumando pagine di
libri, gomiti, occhi, tempo, cellule celebrali ... fagocitando me stesso nel
mio delirio di onniscienza, spegnendomi lentamente, distaccandomi dal reale.
ho creduto di poter un giorno sapere,
espandendo la mia ram per ospitare più giga, in una trance ipnotica di
mascherata trascendenza.
ho parlato con me stesso,
percorrendo strade sterrate nei boschi che ho usato come rifugio per nascondermi,
mimetizzarmi, evaporare inghiottito da un rutilante silenzio.
ho pensato, disteso sul letto nel
buio di una stanza, angusta come una prigione, immensa come lo spazio siderale,
vuota come una città bombardata, rigogliosa come il giardino dell'eden.
ho pianto, come un bambino
privato dei giochi, dell'affetto, dell'amore.
ho inseguito il mio fantasma,
rincorrendolo in vicoli stretti, piazze
immense, autostrade senza uscita, non riuscendolo a prendere mai.
ho sorriso della mia pazzia,
corrosiva come una malattia, fantastica come una bugia, desolante come
l'apatia.
ho guardato dentro uno specchio,
vedendo il mio viso invecchiare, il mio sguardo cadere, la mia anima cedere.
ho tentato di cercare sollievo
nel proibito, cancellando quello che ero con un bicchiere pieno di nulla,
rovesciando quello che non ero nella tazza del cesso.
ho continuato, in una catarsi
autodistruttiva, a cercare di demolire quello che pazientemente ho provato ad
erigere.
ho pregato, che il mio cuore
cessasse di battere mettendo fine alla mia follia.
ho amato, senza comprenderne il
vero significato, ammaliato dal possibile, vinto dall'impossibile, cullato dal
vento che non ha origine ma solo una destinazione.
infine ho aperto gli occhi,
scoprendomi nudo nell'alba dell'uomo, incapace di esprimere un senso compiuto nella
solitudine dell'ignoranza.
cammino ora in un qualcosa che
non m'appartiene, distante e distaccato da me stesso, come un corpo alleggerito
dello spirito, naufrago nell'isola più lontana del mondo conosciuto.
senza più parole, privato dei
sensi, obnubilato nella ragione, avanzo in compagnia di una bambola voodoo
nella quale conficco spilli per
provocarmi dolore.
un dolore che non può più essere
lenito, perché resto incapace di donare una carezza, perché resto incapace, più
di ogni altra cosa, di riceverla ...
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