mercoledì 12 novembre 2014

l'onore, la gloria, la solitudine


ho inseguito per tutta la mia vita qualcosa che non ho mai conosciuto, cavalcando un desiderio di cui non ho mai goduto.
ho appreso, consumando pagine di libri, gomiti, occhi, tempo, cellule celebrali ... fagocitando me stesso nel mio delirio di onniscienza, spegnendomi lentamente, distaccandomi dal reale.
ho creduto di poter un giorno sapere, espandendo la mia ram per ospitare più giga, in una trance ipnotica di mascherata trascendenza.
ho parlato con me stesso, percorrendo strade sterrate nei boschi che ho usato come rifugio per nascondermi, mimetizzarmi, evaporare inghiottito da un rutilante silenzio.
ho pensato, disteso sul letto nel buio di una stanza, angusta come una prigione, immensa come lo spazio siderale, vuota come una città bombardata, rigogliosa come il giardino dell'eden.
ho pianto, come un bambino privato dei giochi, dell'affetto, dell'amore.
ho inseguito il mio fantasma, rincorrendolo in  vicoli stretti, piazze immense, autostrade senza uscita, non riuscendolo a prendere mai.
ho sorriso della mia pazzia, corrosiva come una malattia, fantastica come una bugia, desolante come l'apatia.
ho guardato dentro uno specchio, vedendo il mio viso invecchiare, il mio sguardo cadere, la mia anima cedere.
ho tentato di cercare sollievo nel proibito, cancellando quello che ero con un bicchiere pieno di nulla, rovesciando quello che non ero nella tazza del cesso.
ho continuato, in una catarsi autodistruttiva, a cercare di demolire quello che pazientemente ho provato ad erigere.
ho pregato, che il mio cuore cessasse di battere mettendo fine alla mia follia.
ho amato, senza comprenderne il vero significato, ammaliato dal possibile, vinto dall'impossibile, cullato dal vento che non ha origine ma solo una destinazione.
infine ho aperto gli occhi, scoprendomi nudo nell'alba dell'uomo, incapace di esprimere un senso compiuto nella solitudine dell'ignoranza.
cammino ora in un qualcosa che non m'appartiene, distante e distaccato da me stesso, come un corpo alleggerito dello spirito, naufrago nell'isola più lontana del mondo conosciuto.
senza più parole, privato dei sensi, obnubilato nella ragione, avanzo in compagnia di una bambola voodoo nella quale  conficco spilli per provocarmi dolore.
un dolore che non può più essere lenito, perché resto incapace di donare una carezza, perché resto incapace, più di ogni altra cosa, di riceverla ...

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