sabato 14 aprile 2018

IL LIMITE INVALICABILE

Conoscerai come la Necessità,
 guidando la volta celeste,
 costringe gli astri a tenere i confini ...

(PARMENIDE, DK, fr. B10)

"La tecnica è di gran lunga più debole della necessità" (Téchne d'anankes asthenestéra makro) ebbe a dire Prometeo nel momento in cui decise di donare la "tecnica" agli uomini rendendoli "da infanti, quali erano, razionali e padroni della loro mente", così da ottenere da loro stessi ciò che un tempo chiedevano agli dei (ESCHILO, PROMETEO INCATENATO).
Così l'uomo, o l'Adam se considerato dal punto di vista religioso cristiano, pur abitando nel "tempo che invecchia", che mette a nudo, cioè, la sua condizione di mortale (Brotos) nell'alba della sua esistenza iniziò a credere di avere una speranza, seppur falsa, di poter dominare tutta la sua esistenza possedendo, appunto, la tecnica, finanche la natura, governata nella sua regolarità dalla Grande Legge (Nomos).
L'ampliamento del proprio orizzonte, la possibilità di entrare in possesso della "conoscenza", o di ciò che riteneva, e ritiene ancora oggi, tale ha condotto l'uomo, l'Adam, a ritenersi così libero dai vincoli imposti dalla natura intesa come legge cosmica e di potersi congedare nel corso del tempo dalla sua narrazione storica credendo, appunto, di poterla manipolare, modificare, con la tecnica; così l'"animale non ancora stabilizzato" (Nietzsche) si è via via persuaso di poter alterare la sua natura operando tecnicamente.
La speranza di "tutto potere" sostenuta dalla falsa ipotesi di poter produrre illimitatamente pur al di là di una limitata immaginazione dovuta all'umana condizione ha generato un mondo virtuale nel quale l'uomo, l'Adam, crede di vivere e, sopratutto, crede di possedere ovvero di averne sotto controllo gli effetti che ne derivano.
L'assuefazione alla tecnica, che oggi potremmo chiamare "era" nell'ottica della narrazione storica cui siamo stati abituati sin dalla nascita ci ha condotti a considerarla quale dottrina, dogma, inalienabile e quindi, per natura, totalitaria, rendendoci sottomessi a ciò che noi stessi abbiamo generato e in ragione di ciò passivi (il nichilismo della rassegnazione di Nietzsche).
L'annullamento dell'insegnamento di "colui che pensa in anticipo" (Prometeo), ovvero l'anticipazione di ciò che sarà, la responsabilità e padronanza, cioè, insita nel prevedere, e non quindi l'irresponsabilità e l'impotenza di fronte a  ciò che ne scaturirà, reca il massimo pericolo nel quale possa cadere l'uomo, l'Adam, l'insignificanza, cioè, del suo stesso esistere ritrovandosi a vivere in una condizione in cui la "tecnica" accade a sua insaputa. 
Se la natura stessa ha posto dei vincoli a ciò che possa accadere (necessità) perché mai l'uomo dovrebbe cercare di oltrepassare un limite invalicabile? E' forse questa limitata capacità di comprensione il vero "limite" dell'Adam? E se così realmente fosse il dono ricevuto da Prometeo, o chi per lui, tale non era? E a cosa sottendeva allora? La razionalità ha un limite oltre il quale non è possibile accedere? E' per questo che la disubbidienza dall'imperativo biblico trascendente non è stata mai perdonata? Cercare di valicare il "limite" è paragonarsi a Dio?


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