E così, dopo fiumi di parole dedicate alla presunta inettitudine di chi li aveva preceduti nella reggenza di quella che comunemente viene definita "la cosa pubblica", i novelli dioscuri della politica italiana capitanati da un capo comico si appellano alla loro "umanità" per giustificare le difficoltà insite nei processi legati all'amministrazione di cui stanno prendendo lentamente coscienza.
Già, verrebbe da dire. Sono umani, come quelli che li hanno preceduti. Sono persone ordinarie, come quelli che li hanno preceduti. Sono fallibili, come quelli che li hanno preceduti. Sono egocentrici, come quelli che li hanno preceduti. Sono giudicati, come quelli che li hanno preceduti.
Dove risiede, quindi, la loro tanto decantata, celebrata, e presunta, diversità? Nel nulla, verrebbe da dire, ponendo attenzione a quanto sta accadendo nella vituperata amministrazione italiana.
L'incontinenza verbale, con uso spregiudicato ed inconsapevole della lingua italiana lasciatemi dire, cui siamo stati sottoposti, e che non accenna a scemare, da sconosciuti assurti a ruoli di pubblico interesse è tipica della follia tutta italiana di celebrare a priori tutto le presunte diversità che di volta in volta si affacciano sul variopinto panorama politico italiano.
Per una qualche oscura ragione (su questo punto avrò poi modo di tornare con un dovuto approfondimento) il capo popolo resta ancora il simbolo retorico a cui parte degli italiani restano indissolubilmente affezionati, e di cui, sopratutto, sembrano non potere fare a meno.
Come non possono fare a meno delle parole che gli vengono date in pasto giornalmente attraverso i media, che comportano aggregazioni istintive basate sul presunto "torto o ragione" di quanto viene proposto in discussione alle raffinate menti detentrici di tutte le soluzioni immaginabili sulla problematica in questione (qualcuno ricorda i "girotondisti" di Nanni Moretti, capo cinematografaro dell'epoca "Dalema di qualcosa di sinistra"?).
Datemi un megafono e vi rivolterò il mondo! (parafrasando la presunta quanto famosa frase del matematico e filosofo Archimede di Siracusa) è sicuramente lo slogan che più si confà alle esigenze giornaliere di sfogo degli italiani, sempre pronti a saltare sul carro che ritengono più utile a loro al momento.
L'incontinenza verbale resta, a mio modo di vedere le cose (ma magari sono orbo e non me ne rendo conto), il miglior requisito per approcciarsi alla politica italiana, accompagnata, questo senza ombra di dubbio, dalla necessaria tracotanza del Grillo (il Marchese da oscar di Alberto Sordi) "io so io e voi nun sete un cazzo" ...
Buon pro vi faccia.
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