lunedì 9 maggio 2011

LORENZO LOTTO

Scuderie del Quirinale fino al 12 giugno 2011

"il primo pittore italiano a essere sensibile ai mutevoli stati dell'animo" (Bernard Barenson, che riscoprì l'artista rinascimentale nel 1894 collocandolo fra i grandi maestri).

Non conoscevo il Lotto, così oggi sono andato alle Scuderie, che sono un posto pazzesco con una visione dal Quirinale nelle finestre che illuminano l'uscita da lasciare senza fiato, e me lo sono gustato per circa tre ore. Atipico personaggio del suo tempo, inquieto, solitario, errante, ansioso, misterioso, concluse la sua vita da oblato nella "Santa casa di Loreto" (1556 - la sua data di nascita è sconosciuta ma le fonti storiche l'attestano attorno al 1480).
Quello che colpisce, in special modo nelle opere al piano terreno, tutte di carattere religioso, è l'uso spregiudicato dei colori, violenti a tratti; i suoi rossi ed i suoi azzurri ti incantano e rapiscono (per far brillare la tonalità, usava mescolare i pigmenti con vetri macinati), e non ti lasciano andare via facilmente. Seppur non appasionato dell'arte devozionale (sopratutto per l'esasperato simbolismo), le opere esposte al piano terreno mi hanno profondamente colpito, per i colori, appunto, la grandezza (le pale arrivano ad essere alte 4 metri e mezzo) e per la sua libertà di espressione, carica di inventiva. Meno attraente il secondo piano, dove sono esposti i ritratti. Magnifico è il "Triplice ritratto di orefice", ma nel complesso, non amando neanche la ritrattistica, non ho ricevuto le medesime sensazioni dei dipinti religiosi.
Da non perdere questa copiosa mostra, unica nel suo genere, dove non è dipinto il "trionfo dell'uomo ma gente che chiede consolazione alla religione", perché "i viaggi l'avevano messo in contatto con le miserie d'Italia" (Barenson).
Un'immersione spirituale, Il Cristo deposto nel sepolcro a mia sensazione ne è l'apice, un fecondo trasporto in un arte di un pittore famosissimo al suo tempo e poi dimenticato, che ora, anche grazie alle Scuderie ritrova la sua giusta collocazione fra i grandi di tutti i tempi.

domenica 8 maggio 2011

STATUS QUO ANTE - PARTE SECONDA

..."Sono sorpreso, non mi aspettavo che mi mandassero in carcere, pensavo accogliessero la sospensiva". E così, contro ogni previsione sembra che Callisto Tanzi sia stato messo dove avrebbe dovuto già essere da un po di tempo. In Cassazione è stato condannato in via definitiva a 8 anni ed un mese (dai 18 anni del primo grado...), ed è stato tradotto nel carcere di Parma, che per uno strano paradosso è sito in via Burla. Che sia una predestinazione? Il Sor Callisto ha già comunque presentato un istanza al Tribunale di sorveglianza di Reggio Emilia per chiedere la detenzione domiciliare, perché ha più di 70 anni e anche per le sue, ampiamente certificate, critiche condizioni di salute. Scommettiamo che la otterrà?
Comunque, ricapitolando, a tutto oggi la detenzione di Tanzi non ha superato i 275 giorni dal 27 dicembre 2003 al 26 settembre 2004, 8 mesi e 30 giorni tra carcere e domiciliari. Se teniamo conto dell'indulto che toglie 3 anni alla condanna, la pena definitiva è di 4 anni e 4 mesi.
EVVIVA!
Ma, come detto, i superati limiti di età e le condizioni di salute non ottimale certificate dal suo cardiologo avranno sicuramente gioco facile sulla determinazione del procuratore generale di Milano.
EVVIVA!
Così le banche sono state assolte (vergini stuprate dall'astuto ex Cavaliere del lavoro e dai suai accoliti...) e i 100 e passa milioni che dovrebbero, in parte, risarcire le vittime Parmalat non verranno mai fuori dalle tasche dell'oramai nullatenente Sor Callisto.
Che dire? Sorpresi? Per nulla.La sua villa, opportunamente intestata alla moglie, lo attende, così come la sua piscina, visto che l'estate è alle porte. La condanna per aggiotaggio è divenuta nel tempo un alice, perdendo pesa e consistenza fra primo grado, appello e cassazione. L'inesorabile, sepur lenta e compromessa, giustizia italiana ha emesso il suo duro verdetto.
EVVIVA!
Non credo più nella legge. O meglio, ci credo, ma non credo più che venga applicata nei modi corretti. Abbiamo assorbito col tempo una certa assuefazione a certe situazioni e molte volte penso che usciamo sconfitti dall'idea di cosa sia una nazione democratica. Viviamo sospesi, fra necessità e desideri, che tali rimangono, come romantici ideali giovanili. Non abbiamo nanche la forza di fare finta di essere indignati che il dover vivere ci richiama alla nostra dura realtà. Fatta di un quotidiano affannarsi, fra problemi e momenti di logorio, incazzature e tormenti. E i rari momenti sereni vogliamo viverli, e ci mancherebbe altro!... Già, STATUS QUO... perché interromperlo se, dopo tutto, si riesce a vivere abbastanza discretamente....