diciannove
"ieri ho rivisto il mattatore”.
"anche io. stupendo!"
"il bianco e nero. amo da impazzire il bianco e nero".
"è un po come vedi tu la vita, in bianco e nero".
non lo so questo. so solo che lo adoro. mi inebria. mi riporta indietro nel tempo. sai da piccolo pensavo, guardando vecchi films, che in quel periodo il mondo stesso fosse in bianco e nero. che tutti vedessero le cose e le persone in quei due estremi colori. pensa che storia. e che poi, d’incanto, un giorno, tutto fosse divenuto colorato e che la televisione non facesse altro che trasmettere quello che l’occhio meccanico vedeva.
sogni da bambino.
però poi, dopo lo stupore iniziale ed il compiacimento della novità, ho cominciato a sentire nostalgia del bianco e nero. i colori mi sembravano accecanti e mettevano in risalto cose che nel bianco e nero venivano opacizzate. è come se il mondo avesse perduto per sempre il suo fascino.
volevo tornare a vedere in bianco e nero.
chiesi a mio padre quando era successo che gli uomini avessero iniziato a vedere “a colori”, e se fosse possibile tornare a farlo in bianco e nero.
mio padre mi guardò corrucciato, poi abbozzò un sorriso e mi accarezzò la testa. senza dire nulla.
ci rimasi male.
provai con mia madre.
“da sempre” fu la risposta da lei ritenuta più che esaustiva.
ci rimasi male.
chiesi alla mia maestra elementare.
"gli uomini sono macchine perfette e da quando esistono ed hanno il dono della vista hanno sempre visto le cose come madre natura le ha fatte".
ci rimasi male.
primo. cosa ne sappiamo?
secondo. la terra era colorata?
terzo. se vedessimo in bianco e nero saremmo macchine imperfette?
ancora oggi mi pongo queste tre domande. e le tengo dentro di me. come il mio più dolce segreto. possono sembrare idiote. puerili. da matto. ma sono le mie domande da bambino che non ho mai dimenticato. e visto che non ricordo quasi nulla della mia infanzia, le conservo gelosamente come il bene più prezioso che posseggo. è il mezzo che uso ogni volta per ritornare nell’innocenza. per riacquistare la mia verginità perduta. serenità, ingenuità e spensieratezza. perchè mi fanno sorridere. e qualche volta piangere. perchè sono come una calda coperta. come un gelato. un pallone colorato. una corsa in bici. una carezza della mamma. un rimbrotto del papà. un regalo portato da babbo natale. una pista per le macchinine. la prima interrogazione a scuola. la merenda. la gita al mare. la prima comunione. i miei sogni da bambino.
tutte cose di cui ho perduto i ricordi. e che quelle tre domande mi riportano in vita ogni volta che mi tornano in mente.....
pianse, zzzzz. pianse poi un pianto dirotto. con lo sguardo fisso nel vuoto. in una trance emotiva ipnotizzante ed incandescente. e d’un tratto mi apparve bambino. con un viso rotondo e paffuto. e grandi occhi sorridenti e sgranati calamitati dalle meraviglie del mondo. cosa siamo diventati? dove è che abbiamo sbagliato? come abbiamo fatto ad imputridirci così? dove sono finiti i bambini che albeggiavano in noi nella nostra apparizione sulla scena della vita? e nello scorrere dei mie pensieri il suo viso mi apparve di nuovo per quello che era. solo adesso rigato da lacrime. il cuore mi cedette per un momento. una fitta lacerante mi percosse, rabbrividendomi. iniziai a piangere anche io, incurante degli sguardi che piombarono su di noi da ogni lato del locale.
a volte essere uomini è così fragile che puoi spezzarti da un momento all’altro.
a volte essere uomini è così duro da non riuscire più ad ascoltare i battiti del cuore.
"ieri ho rivisto il mattatore”.
"anche io. stupendo!"
"il bianco e nero. amo da impazzire il bianco e nero".
"è un po come vedi tu la vita, in bianco e nero".
non lo so questo. so solo che lo adoro. mi inebria. mi riporta indietro nel tempo. sai da piccolo pensavo, guardando vecchi films, che in quel periodo il mondo stesso fosse in bianco e nero. che tutti vedessero le cose e le persone in quei due estremi colori. pensa che storia. e che poi, d’incanto, un giorno, tutto fosse divenuto colorato e che la televisione non facesse altro che trasmettere quello che l’occhio meccanico vedeva.
sogni da bambino.
però poi, dopo lo stupore iniziale ed il compiacimento della novità, ho cominciato a sentire nostalgia del bianco e nero. i colori mi sembravano accecanti e mettevano in risalto cose che nel bianco e nero venivano opacizzate. è come se il mondo avesse perduto per sempre il suo fascino.
volevo tornare a vedere in bianco e nero.
chiesi a mio padre quando era successo che gli uomini avessero iniziato a vedere “a colori”, e se fosse possibile tornare a farlo in bianco e nero.
mio padre mi guardò corrucciato, poi abbozzò un sorriso e mi accarezzò la testa. senza dire nulla.
ci rimasi male.
provai con mia madre.
“da sempre” fu la risposta da lei ritenuta più che esaustiva.
ci rimasi male.
chiesi alla mia maestra elementare.
"gli uomini sono macchine perfette e da quando esistono ed hanno il dono della vista hanno sempre visto le cose come madre natura le ha fatte".
ci rimasi male.
primo. cosa ne sappiamo?
secondo. la terra era colorata?
terzo. se vedessimo in bianco e nero saremmo macchine imperfette?
ancora oggi mi pongo queste tre domande. e le tengo dentro di me. come il mio più dolce segreto. possono sembrare idiote. puerili. da matto. ma sono le mie domande da bambino che non ho mai dimenticato. e visto che non ricordo quasi nulla della mia infanzia, le conservo gelosamente come il bene più prezioso che posseggo. è il mezzo che uso ogni volta per ritornare nell’innocenza. per riacquistare la mia verginità perduta. serenità, ingenuità e spensieratezza. perchè mi fanno sorridere. e qualche volta piangere. perchè sono come una calda coperta. come un gelato. un pallone colorato. una corsa in bici. una carezza della mamma. un rimbrotto del papà. un regalo portato da babbo natale. una pista per le macchinine. la prima interrogazione a scuola. la merenda. la gita al mare. la prima comunione. i miei sogni da bambino.
tutte cose di cui ho perduto i ricordi. e che quelle tre domande mi riportano in vita ogni volta che mi tornano in mente.....
pianse, zzzzz. pianse poi un pianto dirotto. con lo sguardo fisso nel vuoto. in una trance emotiva ipnotizzante ed incandescente. e d’un tratto mi apparve bambino. con un viso rotondo e paffuto. e grandi occhi sorridenti e sgranati calamitati dalle meraviglie del mondo. cosa siamo diventati? dove è che abbiamo sbagliato? come abbiamo fatto ad imputridirci così? dove sono finiti i bambini che albeggiavano in noi nella nostra apparizione sulla scena della vita? e nello scorrere dei mie pensieri il suo viso mi apparve di nuovo per quello che era. solo adesso rigato da lacrime. il cuore mi cedette per un momento. una fitta lacerante mi percosse, rabbrividendomi. iniziai a piangere anche io, incurante degli sguardi che piombarono su di noi da ogni lato del locale.
a volte essere uomini è così fragile che puoi spezzarti da un momento all’altro.
a volte essere uomini è così duro da non riuscire più ad ascoltare i battiti del cuore.
pensieri(aforismi)&dialoghi tossici