[...] ma io sono troppo grande e troppo superiore è il destino per cui sono nato, perché io possa rimanere schiavo del mio corpo. Esso, ai miei occhi, non è altro che una catena che avvince la mia libertà. Perciò oppongo il mio corpo ai colpi della fortuna, perché si arrestino contro di esso; ma non permetto che, attraverso di esso, giungano a ferirmi. Questo corpo è tutto ciò in me può ricevere danno. In questa dimora esposta ai pericoli abita un animo libero. Giammai codesta carne mi spingerà a sentimenti di paura, o alla finzione, indegna di un uomo onesto; giammai mentirò, in omaggio a questo misero corpo. Quando mi sembrerà giusto, romperò ogni rapporto con esso. Ma anche ora, che siamo legati insieme, non siamo soci in parti uguali: l'animo rivendicherà a se ogni diritto. La sua vera libertà è il disprezzo del corpo [...] (SENECA - LETTERE A LUCILIO)
Rileggendo questo passo della lettera n. 65 mi sono soffermato un momento a riflettere sul significato che queste parole oggi hanno in rapporto alla nostra società dell'Immagine, dove il Corpo è il Totem della perfezione e delle possibilità. Il corpo non più come contenitore dell'animo umano ma come rappresentazione dello stesso. Una metamorfosi costitutiva dell'essere, che appare, quindi è. Un corpo perfetto, da rendere immune allo scorrere del tempo, per rappresentare quello che si è. Modificabile, modellabile, deturpabile, in omaggio alla bellezza. Il bello non più come concetto astratto ma pratico. Il corpo come mezzo per un fine, come appagamento dell'esistenza. Forse è vero che corriamo velocemente incontro all'apogèo della nostra civiltà, il punto di non ritorno. Forse è vero che ci stiamo rendendo schiavi di un materialismo corrotto, dove il bene non è più comune, ma individuale e monetizzabile. Forse è vero che la voglia di possedere ci ossessiona più di ogni altra cosa. Forse è anche vero che finisce tutto qua, e questo non è un passaggio intermedio. Ma fermarsi comunque per un istante a considerare che la vera libertà è il disprezzo del corpo e che un destino superiore possa attenderci non può farci male, anzi. Un disprezzo filosofico, concettuale... un distacco. Io sono, esisto, e per farlo utilizzo il mio corpo, che mi è stato dato per percorrere un cammino. Occorre volergli bene, certo. Accudirlo, tenerlo al riparo, controllarlo, soddisfarlo. Ma tutto questo passa per il nostro spirito, che è la causa per il fine della vita. Il corpo è materia, che seppur modellabile tale resta. La nostra immagine dovrebbe sempre passare per quello che noi siamo e non per quello che visualizziamo, perché, in fondo, tutti gli esseri umani hanno la stessa medesima composizione.
Non siamo soci in parti uguali; pensiamoci.
Non siamo soci in parti uguali; pensiamoci.