domenica 6 marzo 2016

LA RETORICA DEL SINDACO

Prima della ultima votazione per nominare il sindaco attualmente in carica ad Albano Laziale sono stato contattato da una lista civica per una candidatura a consigliere; a recapitarmi l'offerta è stata una persona di cui ho una stima infinita che ho la fortuna di conoscere da tempo.
Devo riconoscere che quando mi arrivò la telefonata ne fui piacevolmente sorpreso nonché gratificato.
Il successivo incontro che avemmo per i chiarimenti relativi allo scopo che si prefiggeva il gruppo di persone cui lui faceva riferimento non fece che confermare quanto di buono già conoscevo di questa persona; dopo di che mi presi qualche giorno di tempo per riflettere sulla proposta e poi diedi il mio assenso.
Poco dopo la struttura amministrativa per la quale lavoro mi diede un incarico particolarmente gravoso in termini di impegno che mi portò a dover riconsiderare la cosa e, seppur a malincuore, dovetti rinunciare.
Pur non partecipando attivamente alla vita politica, non voto oramai da più di venti anni, mi sono sempre impegnato indirettamente tramite i miei scritti su questo blog a esternare il mio pensiero su ciò che accade in quello strano mondo popolato da figure di vario genere; d'altronde mi sono laureato in scienze politiche e relazioni internazionali non per caso, in quanto, appunto, questa sfera sociale ha da sempre attirato la mia attenzione.
Incidentalmente la proposta che mi era pervenuta mi ha portato in seguito a fare alcune considerazioni su cosa rappresenti oggi la carica di sindaco; l'analisi effettuata mi ha portato a considerala, allo stato delle cose, una figura retorica quindi inutile.
L'amministrazione di un comune è regolata dal diritto, ovvero dalle funzioni che a questa carica vengono attribuite; le funzioni sono, a loro volta, regolate dalle norme che vengono emanate dal legislatore riguardo ad ogni settore della vita sociale sottoposto a tale vincolo.
Ne discende che ogni decisione che dovrebbe essere presa da chi ricopre tale funzione è già stata predeterminata, ovvero, tutte le istanze che pervengono all'amministrazione comunale sono accettate o rifiutate in forza di una legge; l'apparato amministrativo permanente considera le proposte, le valuta ed infine le accetta o le rigetta, al limite ne chiede modificazioni.
Iperboli decisioniste in questo senso rappresentano tutte forzature di legge cui occorre risponderne nei competenti tribunali; nella sostanza, chi ricopre la carica di sindaco non può che prendere atto di quanto già disposto sui temi che gli vengono proposti.
Quello che resta è in genere quello per cui nessuno è contento della persona che ha votato, o meglio, che gli hanno indicato di votare.
Costruire una scuola, creare centri di formazione, riparare una buca piuttosto che un buco nel soffitto  ecc. ecc. possono anche restare nobili attività ma che possono essere eseguite senza che si metta in piedi la farsa delle votazioni e di ciò che le precede, ovvero le roboanti idee cui vengono innaffiati quelli che una volta erano definiti comizi elettorali, che restano, quasi sempre, lettera morta.
Il sistema politico tieni in piedi queste cariche, nonché quelle regionali, al solo scopo di auto legittimarsi nonché, ovviamente, di distribuire poltrone ai portatori di voti.
In  uno stato moderno efficace e teso al bene comune questa figura dovrebbe essere abolita e sostituita con un manager amministrativo cui dare un incarico predefinito da effettuare in un tempo prestabilito. Alla scadenza valutare la performance effettuata e confermarlo oppure destinarlo ad altro incarico.
Oggi la gestione di un comune rappresenta la gestione di un conto economico dare/avere, nulla di più e nulla di meno; lo spazio da destinare al "sociale" è talmente esiguo che può, e deve, essere gestito diversamente.
Perché spendere tanti soldi in termine di elezioni e stipendi per persone che nulla possono in effetti? La demagogia del possesso che invaso la nostra scena politica ha prodotto guasti inenarrabili. Ma non vi fa orrore quando nell'altra tragicommedia che va in scena al momento dello spoglio dei voti si parli di "vincitori", di "conquista", di "ritorno alla legalità", di "abbiamo in mano tot comuni e rappresentiamo la parte sana del paese" e di chi più ne ha più ne metta?
La presa del feudo con le bandiere sventolanti di "chi a vinto" non è, nella sostanza, la più grande sconfitta di quella che chiamiamo, a torto, democrazia?
Considerare i cittadini numeri da enunciare per tenere in mano il pallino del comando non è, sempre nella sostanza, la più grande forma di autarchia legittimata dall'espressione del così detto voto popolare?
Aboliamola questa votazione; pretendiamo la formazione di manager in grado di amministrare con competenza la cosa pubblica invece di affidarci a persone sconosciute presentate come la panacea di mali strutturali che essi stessi hanno contribuito ad alimentare. 
Perché un noto chirurgo avrebbe lasciato quello che sapeva fare meglio ovvero curare persone per andare a fare il sindaco di Roma e contribuire a farle ammalare quelle medesime persone?
La risposta credo la conosciate. 
Questo sistema va cancellato; questa apoteosi di futilità bruciata nel più grande falò popolare mai acceso.
Poi, democraticamente parlando, se la maggioranza vuole aprire un buco nella tua casa per defecarci dentro può farlo; ha i voti ...




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