martedì 15 settembre 2015

DIARIO PERSONALE - COMMENTO DI UNA LETTRICE

Ho ricevuto questa mail da una lettrice a seguito del mio post "DIARIO PERSONALE - 18 AGOSTO" e gli ho chiesto il permesso per pubblicarla ... mi ha profondamente colpito per la sua intensità ...


Carissimo Andrea profondo amico mio, ho letto il tuo diario personale. Mi spiace sentirti scrivere che stai giù. Vorrei in qualche modo aiutarti . Dunque mi viene da dirti che forse dovresti riflettere su quanto sto per scriverti.  Fino a quattro anni fa come il resto degli esseri umani ho vissuto con la sensazione che la vita fosse in mio possesso, ho vissuto con quell' illusione comune solo a noi umani di essere immortale. Ho pensato di avere tanto e tanto tempo ancora per poter fare tutto ciò che volevo. Ho viaggiato anche io come un treno senza guardare mai troppo attentamente fuori dal finestrino. Pensavo a volte di essere sfortunata perché nella vita ne avevo passate tante: perdita di parenti e amici, un divorzio, una seconda separazione, delusioni in amicizia ed amorose varie, un cattivo rapporto con mio padre che mi ha tormentato per tanto tempo, depressione e mali dovuti alla somatizzazione di tutto questo. Insomma tutto ciò fino a quattro anni fa, quando allo scoccare dei miei quarantuno anni e mezzo di età un bel giorno ho scoperto di avere il cancro: carcinoma multifocale infiltrante duttale della mammella sinistra. Che brusca inchiodata ha fatto il mio treno! Improvvisamente ho dovuto cambiare mezzo. Sono scesa dalla mia "freccia rossa" per salire sul treno che mi portava verso il lungo cammino nella malattia e da lì è ripreso un nuovo viaggio, che all' inizio ti confesso mi ha terrorizzata al punto da farmi cadere di nuovo in uno stato depressivo. Ho avuto crisi di panico ed ansia con attacchi diurni e notturni. Pensavo : "forse non scenderò più da questo treno e forse nemmeno ripartirò' ". Effettivamente sapevo cosa avrei affrontato in seguito solo attraverso i racconti di altri e conoscevo l' ipotetica durata di questo mia nuova avventura: un anno per venirne fuori se mi avesse detto bene. E dunque con la paura e l 'incertezza, sotto le macerie del mondo che mi era improvvisamente crollato addosso, mi sono rialzata e sono salita su questo nuovo treno. Subito dopo l' intervento del 27 -12-2011 è iniziato il mio calvario. Dovevo risvegliarmi dall' anestesia senza tumore e con un seno nuovo. Invece qualcosa era andato storto. Aprendomi avevano trovato l ' ottavo carcinoma sul muscolo gran pettorale così l'asportazione di quest'ultimo aveva impedito la ricostruzione immediata del mo seno. Dunque senza seno sono uscita dall' ospedale dopo quattro giorni con la disperazione addosso. Quella che credevo fosse la parte più bella di un donna, simbolo della mia ed altrui femminilità, non c 'era più . Mi sono disperata. Quello che ho scoperto subito dopo è che i malati vengono uccisi prima dalla burocrazia e poi dalle loro patologie. Si perché in breve scoprii che per avere una protesi dalla USL avrei dovuto aspettare quasi due mesi per doverla infine anche pagare per la metà del suo valore. Così nello stesso giorno ho optato per una soluzione più rapida sono andata in un negozio di sanitaria ed ho acquistato un reggiseno con una protesi posticcia in silicone di cui fino a quel momento non conoscevo l' esistenza . Da qui dopo un mese di drenaggio e medicazioni il 30 gennaio ho iniziato la chemioterapia. Il mio fisico subiva ulteriori trasformazioni. Ad una settimana scarsa dal primo ciclo i miei capelli hanno iniziato a cadere a pioggia. Ecco i capelli- altro emblema della femminilità- improvvisamente rasati a zero. Ho capito solo allora quello che avevo letto nei libri. Ho pensato al l'umiliazione delle donne , dei bambini e degli uomini vittime dei lager : violati ed offesi nel fisico e nello spirito. Da qui è iniziato il mio vero calvario. Il mio treno lento, sempre più placido , continuava a procedere di pari passo con la lentezza e l ' immobilità dei giorni di dolore trascorsi dentro a letto. Quindici giorni al mese annientata , ferma e dolorante. Dopo ogni chemioterapia una settimana di sofferenza , due per riprendere la vita quotidiana e poi di nuovo la chemioterapia. Otto cicli , uno ogni ventuno giorni. Ogni giorno più pesante dell'altro, due settimane al mese dentro al letto e due in piedi : una vita a metà! E alla fine dopo sette mesi altri due mesi di radioterapia. Venti sedute! Non posso più prendere il sole per il resto della mia vita dopo tutte quelle radiazioni. Insomma è trascorso proprio un anno come mi era stato detto, ma per rivedermi quasi normale ne sono dovuti trascorrere tre perché in seguito ho dovuto subire altri due interventi chirurgici per farmi ricostruire la mammella. Oggi ringrazio Dio perché sono ancora qua. Vivo con una spada di Damocle in testa, continuo a viaggiare sullo stesso treno senza più fretta di divorare la vita ma piuttosto con la voglia di assaporarla piano. Senza affannarmi al pensiero di dover riuscire a fare quello o quell'altro, mi fermo a guardare fuori dal finestrino apprezzando tutto ciò che passa di fronte ai miei occhi: ogni giorno, ogni istante, ogni singola esperienza, ogni contatto umano, ogni giorno di sole o di pioggia, ogni alito di vento nei capelli e sulla pelle , ogni passo che riesco a fare senza più avere addosso la pesantezza e la debolezza della malattia. Con la consapevolezza che un giorno la spada di Damocle che ho sulla testa potrebbe cadermi addosso di nuovo, procedo con la gioia nel cuore, perché la malattia mi ha illuminata. Ho realizzato per fortuna che il mio calvario è stato più breve di quello di tante altre persone. Ho capito che il mio vero io, la mia femminilità, la mia qualità di persona non è nella mia immagine - come sono abituate a pensare tante persone che vivono solo di apparenza. Ringrazio Dio perché attraverso il mio dolore ho capito il dolore di miliardi di persone che hanno la sfortuna di confrontarsi con la malattia sin dal primo giorno della loro esistenza . Lo ringrazio perché so cosa provano le persone anziane verso cui nutro profondo rispetto e amore. Oggi conosco i loro limiti, la frustrazione che dà loro l 'essere dipendenti dagli altri e il doversi lasciare accudire. So cosa vuol dire avere il motore di una Ferrari e la carrozzeria di una malandata cinquecento: hai voglia di correre e divorare la vita ma no ce la fai. Ho compreso quante cose bisogna tralasciare nella vita che non sono importanti per essere davvero felici. Ecco dunque ritengo dopo questa esperienza che se hai la salute nella vita puoi affrontare tutto il resto con la leggerezza di chi viaggia senza bagaglio, tutto si risolve tranne la morte. Perciò amico mio esci da questo stato perché hai già tutto quello che puoi avere per essere felice . Esci da questo buco nero e guarda fuori di te perché c ' è tanta più luce di quanta tu ne immagini o ne stia cercando. E se per completare la tua vita mancasse una donna sono certa che nel ritrovare la tua positività anche questa verrà. Ti saluto con la speranza di non averti annoiato e di poterti essere stata d' aiuto. Ti abbraccio con affetto. Ciao a presto!