martedì 15 gennaio 2013

5 DOMANDE A: PAOLO CATAPANO



Paolo Catapano è nato a Roma nel 1960, dove vive tutt'ora. Lavora per L'Agenzia delle Dogane ed è impegnato nel sociale. E' alla sua prima pubblicazione.



Come nasce la pubblicazione di "DIARIO DI UN VIAJE"?

 Il grosso del “Diario”, ovvero le mail che mandavamo ai parenti ed agli amici quando eravamo in Colombia per adottare Alejandra e le loro contestuali risposte, non nasce espressamente per essere pubblicato. L’idea della pubblicazione è nata, però, già da qualcuno di questi parenti/amici che, assolutamente coinvolti anche loro nella straordinaria esperienza che stavamo vivendo così lontano, ce l’hanno già iniziato a suggerire negli ultimi giorni “sudamericani”. C’è da dire, però, che senza il tuo determinante stimolo e incoraggiamento, cui si è aggiunto anche dopo quello di qualche altro amico, Maurizio Centi in particolare, il “Diario” sarebbe potuto rimanere anche per sempre nel mio personale cassetto dei sogni, insieme a quello infantile e molto banale, ovviamente ormai irrealizzabile, di diventare un calciatore di serie A.

 

"Mancanza, deprivazione"; sono, per chi è nato in una famiglia "normale", concetti con i quali non è abituato a fare i conti e che percepisce, forse, in un contesto di "sfortuna" comunque lontano da lui/lei...la tua esperienza conferma questa impressione dal di fuori?

Le mancanze e le deprivazioni cui ti riferisci, di un genitore, di un’attenzione, di amore, di essere genitore, di amore filiale, generano in chi le ha provate sicuramente tantissima sofferenza, che determina conseguenti danni in proporzioni diverse tra il bambino, non ancora strutturato ed a cui l’amore e l’educazione genitoriale sono assolutamente indispensabili, ed i “mancati” genitori biologici, i quali, a seconda del loro vissuto e della loro forza interiore, riescono comunque in qualche modo, chi più, chi meno, a superare questa sofferenza. Che poi questo possa essere percepito, all’esterno, come una “sfortuna” è assolutamente vero. Il problema, a mio parere, è che la “diversità” di nascita, così come la “diversità”  di pelle, così come la disabilità, così come tutte le “diversità” sono scarsissimamente accettate da questa società così fortemente competitiva che pretende sempre di stare al “top”. E così tutto ciò che questa società ci indica come diverso, non conforme, ci fa paura, va allontanato… è soprattutto un problema di ignoranza e di solitudine individuale.

 
"Il processo di riparazione", l'incontro. Le tue parole sono molto toccanti in proposito. Ti, vi sono mai venuti dubbi dopo aver completato l'iter per l'adozione di aver forse imboccato una strada sbagliata?

La risposta è categorica : NO, mai. Mi reputo un genitore adottivo convinto. Le sofferenze cui accennavamo prima, quando non ti fanno soccombere, ti danno una forza ed una determinazione incredibili, ma soprattutto l’unione di queste sofferenze, e maggiormente l’unione di questi bisogni, produce, una volta superate le legittime diffidenze del bambino che ha già subito una deprivazione ed ha generalmente delle pessime esperienze con gli “adulti”, un AMORE SENZA PARI. E poi, come dice sempre il nostro bravo Don Giampaolo, conosci qualcosa di veramente bello, intenso, puro cui tu possa arrivare senza lottare, senza soffrire… le cose belle sono sempre difficili da ottenere.

 
La pubblicazione del "Diario" cosa rappresenta per te e la tua famiglia? e per tutte quelle persone, istituzioni che ruotano a questo incredibile impegno sociale?

Schiettamente e banalmente per me una soddisfazione enorme a cui tempo fa difficilmente avrei creduto, e di questo devo ancora ringraziarti per averci creduto quasi più di me. Per la mia famiglia la risposta è un po’ difficile, sicuramente Mara è molto soddisfatta, ma Maurizio e Alejandra hanno goduto di una certa popolarità senza ancora avere, credo, l’esatta percezione dell’essere protagonisti di un libro, chi per le sue oggettive difficoltà, chi per la sua tenera età.  Chissà in futuro se saranno orgogliosi o meno di questa esperienza. Per il resto, l’intento del “Diario” è proprio quello di portare un piccolo contributo che serva non solo alle potenziali coppie in attesa di adozione, ma anche a sfatare i tanti luoghi comuni che ruotano attorno all’argomento dell’adozione  per far comprendere che non è importante come si diventa genitori, ma come lo si è. Infine, essendo il “Diario” vita vissuta, c’è anche tanto della vita di Maurizio, il nostro figlio “speciale”: uno dei “messaggi” cui teniamo di più è che dalla lettura del libro si comprenda come l’adozione, o la nascita, di un figlio “diverso” non deve significare necessariamente e solamente sofferenza, ma anche e soprattutto gioia, recupero dei veri valori della vita, allontanamento dall’ipocrisia, crescita e maturazione personale nel confronto con la loro purezza e col valore aggiunto del loro essere “diversi”.

Vorrei chiudere con una citazione di una parte di una mail (capitolo MAIL DI RISPOSTA 18): "E' la forza dell'amore, quell'amore che è in grado di mettere al centro della propria vita le cose vere e uniche e di darne il giusto valore". Leggere le mail mentre eravate in Colombia cosa ha aggiunto alla vostra esperienza?

Chi ha letto il “Diario” e si è emozionato a leggere le mail, le nostre e quelle dei nostri amici, può facilmente comprendere come questa emotività abbia raggiunto livelli debordanti vissuta in tempo reale, sia da noi che da loro. Si è creata, sin dalle prime mail, una sorta di condivisione emozionale “intercontinentale” che ci ha continuamente sostenuto, incoraggiato, accompagnato nelle nostre avventure nel “Nuovo Mondo”. Il risultato è stato una carica esplosiva che ci ha fortemente aiutato a superare le mille difficoltà affrontate in quella speciale situazione, la base della pubblicazione del “Diario” e, soprattutto, un’esperienza come mai ci era capitato di vivere. Un enorme GRAZIE a tutti i protagonisti delle mail!



 
A volte, nella vita, si fanno incontri fuori dall'ordinario; il mio incontro con Paolo è uno di questi.  A volte corriamo così frenetici incontro a qualcosa che non conosciamo, che ci attrae come un magnete, che ci  sfuggono gli elementi essenziali della vita stessa. A volte, corrosi dall'io, dimentichiamo gli altri. A volte, corrosi dal nulla, dimentichiamo anche noi stessi.
Le pagine del Diario sono come un unguento per le ferite che portiamo nella nostra anima e spingono verso un emozione, che qualunque essa sia, è il sale della vita. Emozionano, fanno riflettere ed invogliano. Leggetelo.
A volte dentro pagine riempite di lettere si può comprendere il significato della parola amore.




sabato 12 gennaio 2013

COITI CREATIVI

ed ora ci sarà solo silenzio...
e pagine lette
e pagine scritte

svegliandomi, bevendo, mangiando, defecando e tornando a dormire

questa è la vita
il resto è solo l'illusione di viverla

nell'evanescente vanità del fare e dell'esistere
nell'assurda calamità dell'accumulo
nella lurida follia del possesso

arrancando nel girone infernale del lunedì venerdì
nell'attesa dell'eden domenicale
spurgando i tossici peccati nel sabato del villaggio

occorre tutto ciò per sentirsi vivi!
occorre di più per sentirsi migliori!

mangio, bevo, defeco...

ascoltando il pernicioso rumore del dovere
nelle scintillanti mattine corrose di quotidianità
nei brumosi pomeriggi dell'attesa del fine giornata
nel tenebroso candore della notte

e aspetto...

che tutto questo venga sepolto
dallo sbocciare di un fiore
e che qualcuno non venga condannato ad esistere

dalle ceneri di una notte d'amore
nei gemiti soffusi
di carezze e baci
di corpi immersi nel liquido pagano
di coiti creativi...

mercoledì 2 gennaio 2013

ILLUMINARSI

Nel 1784, negli Atti dell'Accademia delle Scienze di Berlino (consideratela come una specie di New York Review of Books dell'epoca...), uscì un piccolo saggio a firma Immanuel Kant "Che cos'è l'Illuminismo".
Egli sosteneva che era l'uscita dell'umanità dall'infanzia in cui essa stessa si era ridotta per: pigriza, stupidità, abitudine a fare sempre quello che viene insegnato di fare.
"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto  senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da un difetto di  intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e di coraggio di servizi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro" ...
"La pigrizia e la viltà sono cause per cui tanta parte degli uomini rimangono volentieri minorenni per tutta la vita  e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. E' tanto comodo essere minorenni: se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha la coscienza per me, un medico che decide per me sulla dieta che mi conviene ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero da me. Purché io sia in grado di pagare, non ho bisogno di pensare."
L'altro giorno mi è ricapitato fra le mani un libricino di Maurizio Ferraris (professore ordinario di Filosofia Teoretica all'Università di Torino), KANT E L'ILLUNIMISMO pubblicato da La Biblioteca di Repubblica, nel quale fa ha questa straordinaria intuizione: "Bisogna riflettere su questo punto (secondo capoverso in grassetto n.d.r.) straordinariamente attuale, perché oggi siamo tornati a delegare gli altri a pensare per noi...".
Mi ero ripromesso di rifletterci sopra ed eccomi qua...ora, in questo momento, la considerazione di Ferraris non solo mi trova in completo accordo ma direi ancor di più....non solo siamo tornati a delegare...oserei dire che in moltissimi casi non siamo più in grado di pensare...
E' un pensiero che mi fa orrore, ma che continua a girarmi per la testa da molto tempo e che quando mi è capitato di trovarne appoggio in questo scritto mi si è sempre più insinuato come una certezza.
Pur deprimendomi, ho cercato di isolare questo pensiero additandolo ad una certa forma di "depressione intellettuale", nel senso che forse, a volta, ingigantisco troppo quello che credo sia la realtà che mi circonda e tendo a divenire cupo ... ma poi, sul Messaggero del 1° dicembre sono incappato in una intervista a Tullio De Mauro (linguista italiano) fatta per Il trimestrale Il Mulino e la depressione ha lasciato il campo allo sconforto...dal 1995 l'OCSE ha iniziato a raccogliere dati sui livelli di alfabetizzazione usando indagini comparative internazionali ed osservative sui livelli degli adulti; dal prossimo anno i dati a disposizione dovrebbero essere triennali. Lo studioso definisce i dati "drammatici".
"...è interessante notare che in tutti i Paesi ci sono fenomeni di regressionei n età adulta rispetto ai livelli formali, e questo del resto è il motivo per cui l'OCSE ha sposato questa indagine. Questo, oramai bisogna rassegnarsi, è un dato fisiologico...ma noi siamo alla patologia...i nostri dati sono impressionati. Un 5% della popolazione in età adulta e di lavoro, quindi non vecchietti e vecchiette, ma persone tra i 15 ed i 65 anni non è in grado di accedere neppure alla lettura di questi questionari (l'osservazione riguarda il comportamento delle persone dinanzi a sei questionari graduati e vedendo come gli interpellati rispondono se rispondono, a richiesta di esibire capacità di lettura e comprensione, scrittura e calcolo) perché gli manca la capacità di verificare il valore delle lettere cha ha sotto il naso. Poi c'é un 38% che identifica il valore delle lettere ma non le legge. E già siamo oltre il 40%. Si aggiunge ancora un altro 33% che invece legge il questionario al primo livello, dove le frasi si complicano un po', si perde e si smarrisce: è la fascia definita pudicamente "a rischio analfabetismo". Si tratta di persone che non riescono a prendere un giornale o a leggere un avviso pubblico, anche se è scritto bene, cosa tutta da vedere e verificare. E così siamo a tre quarti della popolazione...resta un quarto della popolazione su cui la seconda indagine infierisce, introducendo domande più complesse, di problem solving, cioè di capacità di utilizzazione delle capacità alfanumeriche dinanzi a problemi inediti. Così facendo, si arriva alla conclusione che solo il 20% della popolazione italiana è in grado di orientarsi nella società contemporanea, non nei suoi problemi, beninteso...siamo al di sotto di qualsiasi standard...tra i Paesi considerati bisogna arrivare allo Stato del Nuevo Leon in Messico, per trovarne uno più malmesso di noi...penultimo posto della graduatoria..."
Dati catastrofici...pur apparentemente  distanti le due cose dal mio punto di vista sono invece strettanmente correlate, perché chi non sa orientarsi, infine, è costretto a chiedere a chi è in grado di farlo, o almeno si pensa.
Credo che la deriva italiana nasca da una molteciplità di problemi, ma la regerssione dell'alfabetismo in età adulta racchiude tutti gli altri.
La scuola e la famiglia recitano il ruolo di primo piano in questo ritorno al passato (i dati sono ancora più incredibili, anzi paradossali, se si pensa che questo Paese conta fra il 75% e l'80% di diplomati....).
L'uscità da questo stato di minorità diviene, a questo, punto un imperativo categorico al quale nessuno può più sottrarsi, perché varrebbe a dire rinunciare a tutte le conquiste che sono state raggiunte dal dopo guerra ad oggi.
Certo mi rendo conto che la domanda sul come diviene imbrazzante allo stato delle cose. Occorre, di certo,  una nuova coscienza sociale, abbandonando retoriche trite e consunte che ci stanno divorando e ci stanno lasciando alla mercè di tutti quegli individui parassiti e senza scrupoli che gravitano attorno all'osso fregandosene di chi resta a bocca asciutta.
Tutti possiamo fare qualcosa. Mettiamoci in moto.
E qualcosa deve pur accadere...