lunedì 12 marzo 2012

5 DOMANDE A: PAOLO CIANFANELLI


Per molti anni il veicolo principale di Paolo Cianfanelli nell’Arte è stata la Musica; è un musicista che ha condiviso e tutt’ora condivide belle esperienze. Il disegno, poi, lo ha accompagnato lungo questi anni, anche se in modo marginale e solo nel 1999 dopo un’esperienza personale molto dura….e dopo che la musica iniziava a stargli un po’ stretta ha iniziato a mettere le mani sulle tele. 
In precedenza ha frequentato un istituto d’arte che credeva lo aiutasse ad incanalare le energie (pittoriche), ma non fu così. 
Paolo tende a catapultarsi nell’ istinto espressionistico (in particolare nudi), ma poi, come nella Musica, ritiene che la contaminazione è la cosa fondamentale, essenziale, per sperimentare e tentare di arrivare ad un proprio stile.
La sua pittura ha nell'istinto la sua caratteristica principale, il bisogno personale quasi fisico di portare sulla tela energie altrimenti compresse ed implosive in lui.
Usa colori acrilici di base, colori ad olio per strutturazioni corpose e anche materiali grossolani come le paste sabbiate.
Su una delle sue prime tele, durante varie sperimentazioni ha scritto:
 “Mi libero dal pregiudizio secondo il quale un opera d’arte è tale solamente se è riconosciuta”.



"Luce negli occhi" 35x45 acrilico/olio/malta sabbiata su tela - Paolo "Pao" Cianfanelli - Aprile 2011



·         Partiamo dal colore, soprattutto in rapporto all’uso del contrasto delle tonalità calde/fredde che emerge dai tuoi lavori: è una dualità che è propria del tuo io? Oppure la tua riproposizione dell’eterno dubbio amletico delle vita: bene/male, amore /odio, vivere/morire, essere/non essere

·         - Credo che ognuno di noi abbia una sorta di dualismo…quello che vogliamo che gli altri vedono e quello che noi siamo in realtà, la pittura è un veicolo che utilizzo…ed in parte è la trasposizione di alcuni miei anfratti mentali, che comprendono sicuramente anche dubbi amletici.


·         I volti dei tuoi disegni, in molte opere inespressivi, oserei dire “di alieni, mutanti”, sembrano un manifesto generazionale…

·         Questa è una caratteristica delle linee dei volti che disegnavo in passato…osmosi mentale di un periodo poco definito ma “mutante”, con il tempo…i miei volti hanno ritrovato i lineamenti naturali.




"Riposare" 40x45 olio/acrilico/malta sabbiata su tela - Paolo "Pao" Cianfanelli - aprile 2011


·         L’uomo accovacciato con la testa fra le gambe, avvolto nella spirale che gli ruota di fianco (riposare), un opera meravigliosa per me, ad alta densità spirituale, mi torna dietro l’idea della forza che ci vuole per affrontare ogni giorno la vita, rendendoti alla fine esausto…

·         “Riposare” è uno stato d’animo…stanco dalle ripetute forzature della vita… vita che dovrebbe essere vissuta al secondo, concetto semplice ma così ostico per l’uomo.
Tutte le tele raccontano di me, questa in particolare racchiude un preciso periodo, che tra l’altro sto ancora vivendo, un periodo fatto di dolore fisico e mentale che porta ad una naturale stanchezza, comprendente vortici di mille sfumature che sublimano respiri di rinnovo naturale.

·         Il selfportrait (o almeno a me sembra il tuo autoritratto…) così caricaturale, fumettistico, con lo sguardo a metà fra la sorpresa e la paura, così originale e così minimalista…E’ il tuo approccio nel mondo?

·         Lo chiamerei istinct-selfportrait, questo perché è un disegno di getto…fatto in 30 secondi…ricordo il momento particolare pregno di sorpresa e paura, ma anche di attesa…quell’attesa che logora.
Direi che è anche un mio approccio nel mondo…ma non solo, è facile cadere nella trappola del qualunquismo, e fare una critica ed autocritica di ciò che ci circonda, che non è fatto di colori rilassanti, ma per fortuna la mia tavolozza ha svariate sfumature.

·         Per chiudere, parafrasando Herman Hesse “artista (poeta) è qualcosa che si può soltanto essere, ma non diventare”: si raccoglie in te una cifra artistica di notevole spessore che si muove fra note e pennelli … pensi mai alla solitudine che porta l’”essere artista”, ne avverti il peso nella ricerca intima necessaria a creare? E dopotutto, ne sapresti fare a meno…?

·          Vorrei citare una frase di Van Gogh che ho letto la prima volta durante la mostra avvenuta a Roma nel 2011 e che in solitaria mi sono visto palmo a palmo, cercando di respirare dentro quelle tele…e un'altra mia…che ormai da anni porto con me.

“ …E’ veramente un fenomeno strano che tutti gli artisti, poeti, musicisti, pittori, siano materialmente degli infelici, anche quelli felici…”       --    Van Gogh   

             

Paolo "Pao" Cianfanelli - Maggio 2011-


 “Mi libero dal pregiudizio secondo il quale un’opera d’arte è tale solamente se è riconosciuta"...

Accomunarmi ad uno dei Pittori più importanti non è megalomania…bisogna leggere tra le righe per ben capire il sentore dello stato d’animo di un Artista, e queste due frasi in fondo soffrono in egual modo di un malcontento che racchiude il mondo dell’Arte…e dato che le mie esperienze sono nate con il mondo musicale sono convinto ancora di più di quello che sto per scrivere.
Gli artisti, tranne i pochi dei quali si rispetta più il successo che l'espressione dell'anima, vengono emarginati e bollati con le stesse prevenzioni con cui altri bloccati giustificano il loro rifiuto a coinvolgersi artisticamente: si pensa che per voler essere artisti bisogna essere infantili, irresponsabili, illusi, egocentrici, perversi, inaffidabili, pazzi, sessualmente agitati, psicologicamente instabili, eccessivi, dipendenti da alcol e droghe, sregolati in ogni cosa, ammalati di solitudine, incapaci di combinare qualcosa di buono nella vita e di creare ricchezza. Anche se affascinanti a ben guardare queste idee sono quelle che serrano pesantemente la soglia che si apre sull'anima; infatti il benpensante rinnega la propria anima poiché teme di incorrere nella follia e nell'ostracismo sociale. L'essere artista non dipende affatto dal successo che si riscuote, è piuttosto il coraggio e l'esultanza di seguire il proprio cuore, incontrando se stessi e muovendosi assecondando la necessità interiore. Solo per alcuni questa spinta è talmente forte da divenire un'essenziale scelta di vita, ma per ogni individuo il “recupero creativo” può essere una vera benedizione, un'integrazione che va a sostenere e ad illuminare ogni esistenza che si è scelto di vivere.
 L’Arte ha alleviato le mie vicissitudini di salute…la matita è mia amica, i colori la vita.


Non voglio aggiungere altro a quello che ha già detto Paolo  in questo breve ma penetrante colloquio. E' un esponente di spicco di quel movimento culturale che muove e vive nei Castelli Romani, collaborando fattivamente con la sua opera: densa, spirituale, energica, sorprendente sotto certi aspetti. Ma questo non è importante, ciò che lo è veramente è che la sua opera comunica a chi è capace di ascoltarla; emana vibrazioni. Fatevi un giro sulla sua gallery...


Paolo Cianfanelli
Per info e vedere la sua gallery  http://www.myspace.com/paolocianfanelli






lunedì 27 febbraio 2012

TI HO VISTO ANDARE VIA...

Ti ho visto andare via  nel giorno incipiente...raccogliere ii tuoi vestiti sul pavimento, dove erano finiti nell'esultanza di due corpi avidi di scoprirsi, toccarsi, entrare l'uno nell'altro.
Ti ho visto andare via  in un silenzio irreale, nella penombra di una flebile luce di un lampione filtrante dalle fessure della persiana che affaccia sulla strada.
Ti ho vista andare via, e avrei voluto dire tante cose. Ma tante cose non sono, forse, nessuna cosa? 
Il tuo occhi rivolti verso il basso, cercando di sfuggire il mio sguardo...i tuoi gesti furtivi...veloci...come i tuoi pensieri...
Poi la porta, il portone, suoni sordi e violenti come pugni...e poi più nulla.
Ero nel letto, riverso su di un lato, e lì sono rimasto a guardarti...poi mi sono girato ed ho acceso una sigaretta...
E mi sono tornate in mente tutte le volte che hanno visto andare via me...furtivo, a volte con le scarpe slacciate, o senza cintura, o la camicia d'estate...quante volte in quei silenzi imbarazzanti solo per non dormire in un letto con qualcuno...per non dargli l'abitudine mi dicevo...chissà poi perché....una scusa come un'altra.
Ho rivisto le strade deserte nella notte più profonda, in mattine appena annunciate, ancora fredde e vitree...
Ho sentito di nuovo la voce di Skin degli Skunk Anansie.... "I don't want  you to forgive me...You follow me down..." ...nei finestrini abbassati per fumare nel gelo pungente.
Ho sentito ancora le voce di chi mi chiedeva di restare...che pensava altro...che mi insultava...
Ho pianto, mentre la mia macchina del tempo ripercorreva tutte le strade percorse in tutte le notti nelle quali hanno visto me andare via...
Infine ho capito...che quella maledizione non può avere fine...mentre il sole era già di nuovo alto e striava il muro fendendo la barriera posta a limitarlo.
Ti ho visto andare...ed è stato come se il tempo riavvolgesse sempre lo stesso film, in un paradosso temporale che scambiando i ruoli ha scambiato anche le forti emozioni percepite dagli attori in scena...
Ti ho visto andare via nel silenzio di un giorno che mutuava una notte che avevo vissuto tante, troppe volte...

lunedì 20 febbraio 2012

5 DOMANDE A : MAURIZIO CENTI




Maurizio Centi è nato nel 1959 a Roma, dove tuttora vive, lavora come doganiere, e scrive.
Nel 2007 ha vinto il 2^ concorso letterario nazionale “Laboratorio Gutenberg” col racconto Orizzonte, pubblicato nell’omonima antologia del premio (Laboratorio Gutenberg, Roma, dicembre 2007).
Nel 2008 ha pubblicato il mio primo romanzo, I panni sporchi (Ibiskos Editrice Risolo, Empoli, maggio 2008).Nel 2009 è stato finalista del “Premio Logos, IV edizione” col racconto Fuori dalla tana, pubblicato nell’antologia del premio (Perronelab, Roma, giugno 2009). A partire da allora molti suoi racconti, già inseriti in diverse antologie, sono stati riuniti assieme ad altri nella raccolta antologica Fuori dalla Tana (Edizioni Creativa, giugno 2010, premessa di Claudio Lolli), che ripercorre idealmente trent’anni della vita dell’autore.E’ stato il curatore dell’antologia Racconti di frontiera (Laboratorio Gutenberg, ottobre 2010, premessa Prof. G.Ruozzi, Dip.to Italianistica Università Bologna), venticinque racconti liberamente ispirati al tema della frontiera scritti dai doganieri italiani.Recentemente ha vinto il concorso letterario nazionale “Ibiskos 2011”, sez. racconto breve, col racconto Un nuovo inquilino.Attualmente è in corso di stampa il libro fotografico Hotel Rebibbia (Herald Editore, Roma), che contiene tre suoi racconti sul tema del carcere.

Iniziamo dal tuo ultimo lavoro "Fuori dalla tana". Una raccolta antologica dei tuoi lavori pubblicati in diverse antologie. È stata una necessità che avvertivi quella di riunire in un unica raccolta la tua produzione ?

La risposta a una domanda di questo genere implica un accenno al racconto breve, che è la forma di scrittura più in armonia col mio carattere e col mio modo di vedere la realtà. Ero un ragazzino quando ho cominciato a scrivere racconti ed è ancora il genere di letteratura a cui mi dedico tuttora, e nel quale mi esercito a trovare una forma di scrittura solo mia. È quindi la mia passione e il mio laboratorio, per certi versi la mia storia. Per questo ho cercato Claudio Lolli per chiedergli due righe di premessa al libro e ho avuto la fortuna di trovarlo disponibile e di berci assieme due bei bicchieri di traminer.

Riunire in un libro i miei racconti è stata perciò un’idea che non poteva non venirmi, anche se forse – nell’impellenza di riunirli tutti – né io né l’editore ci siamo resi conto che alcuni di loro legavano con difficoltà con gli altri, finendo per dare l’impressione di un libro non del tutto coerente. Ma Fuori dalla tana è stata e rimane un’esperienza interessante, anche perché mi ha dato l’opportunità di lavorare con Gianluca Ferrara di Edizioni Creativa, una persona schietta e amichevole, il che non è consueto nell’ambiente editoriale.




La Garbatella. Da quello che scrivi sembra un posto fiabesco, magico...é una visione che ti é rimasta dentro dall'infanzia e non ti ha mai abbandonato?

Probabilmente sì, mi colpisce il fatto che tu l’abbia dedotto da quel poco che ho scritto al riguardo, ma effettivamente questo quartiere romano rappresenta per me e per molti altri qualcosa di speciale che non saprei definire se non usando un torrente di parole. Ci ho respirato dentro quasi tutti i giorni da ragazzo, negli anni Settanta, ci ho conosciuto gli amici che ho tuttora; l’ho setacciato assieme ad un gruppo universitario di ricerca antropologica da grande e ho scritto un’appassionata tesi sulla sua realtà; e poi…






I sette sorsi alla fontana Carlotta (Alla Garbatella ci sta la fontana Carlotta..ndr); un tuo desiderio che si è avverato...

Proprio così, non ti è sfuggito neanche questo. Però poi, oltre all’amore per una donna molto bella che da allora mi sta accanto, mi è rimasto l’impulso ad andare avanti e a lasciare un segno, la voglia di raccontare in quante forme si può vedere il mondo e di trovare un modo sempre più convincente di farlo. Scrivere, si sa, è una sfida con se stessi, è tentare e ritentare, sperare di trovare prima o poi la strada. Oppure il bello è proprio questo continuo camminare a tentoni, senza mai quelle certezze che lasciano sfuggire lo sbadiglio.

Credi che sia possibile, oggi, "sfondare" nel mondo articolato dell'editoria senza le "necessarie" conoscenze?

Non voglio crederci, non posso farlo. Da una parte viene da dire che se pure fosse non mi cambierebbe proprio niente, perché scrivere è una necessità personale. Ma a essere sinceri va a finire che uscire allo scoperto oltre che paura in fondo dà piacere, e non si può negare. Perciò l’ottavo sorso di Carlotta, quello di cui nessuno ha mai parlato, è dedicato proprio a questo genere di sogni. Come un giocatore che si prepara giorno dopo giorno per arrivare in perfetta forma all’impegno più importante, voglio continuare a lavorare per poter saltare sul mio treno di volata se un giorno dovesse mai passare. Io ci sto provando, chi lo sa.

Per concludere, so che stai concludendo un importante progetto editoriale...

Mi dai l’opportunità di parlare di qualcosa di importante, e che è costato tre anni di tempo e un bel po’ di fatica. Entro primavera uscirà con la collana ‘Quaderni dal carcere’ di Herald Editore il libro di foto e racconti Hotel Rebibbia. Si tratta di un libro centrato sulle splendide foto fatte nel carcere romano dal fotografo Gaetano Pezzella, a partire dalle quali un gruppo di scrittori ne ha tratto ispirazione per scrivere i racconti incastonati tra le immagini del libro. Il tutto, come in qualsiasi manuale di ricette, è stato infine legato assieme dal filo rosso del racconto di una notte in cella dal poetico realismo di Cristobal Munoz, mediatore culturale all’interno dello stesso carcere, e dall’abilità di grafico di Danilo Rosati.

Hotel Rebibbia non è la solita denuncia, né un libro che cavalca l’onda. Mostra una realtà più vicina alla nostra di quanto non ci sembri, un’esistenza in vita nonostante, e tanto ci è bastato.

È un libro in cui crediamo molto.

Al di là di ogni altra considerazione sia possibile fare sui lavori di Maurizio Centi, mi preme sottolineare la continuità che ha saputo dare alla sua passione di scrivere, segno inequivocabile di una ferrea determinazione. La continua ricerca della frase che fosse “solo sua” lo ha portato a sperimentare, fino reputare il racconto la sua migliore forma espressiva. Una forma artigiana, densa; mai copiosa, torrenziale, logorroica, ma schietta e diretta. A volte nostalgica (…O forse per quell’aria da Roma sparita che ti avvolge ogni volta di nostalgia…), ma vera, e vissuta.



domenica 5 febbraio 2012

5 DOMANDE A: MELANIA BUHALAKIS






Melania Buhalakis nasce a roma il 9 febbraio del 1987, sotto il segno dell'acquario; durante gli studi della maturità inizia a cucire abiti da autodidatta.
Sulla crescente passione  della creazione fine a se stessa (allargando i suoi orizzonti anche agli accessori) si iscrive allo IED ( istituto europeo di design ) nel corso triennale di moda: 
“Ho  sentito il bisogno di creare qualcosa di mio, di esprimere il mio mondo anche attraverso gli accessori,  perché esprimono appieno il carattere di una persona".
Parallelamente sviluppa un forte interesse per la fotografia e al termine del corso di studi sulla moda frequenta la Scuola Romana di Fotografia, immergendosi nella sperimentazione e affinando il suo, già sviluppato seppur embrionale, senso estetico, lavorando sopratutto su se stessa attraverso la tecnica dell'autoscatto.


Accessori di moda espressione della personalità. Oggetti unici rappresentativi dell’Io, di quello che è o si vorrebbe essere. Distintivi tribali di epoca contemporanea… sono forse troppo azzardati come termini di paragone?

In parte si. Gli accessori che creo, sono collegati ad un mio mondo sotterraneo in  cui convergono il mio amore per la natura, in tutte le sue forme, e le epoche passate, come i primi del 900. Gli anni 20-30 sono permeati, secondo me, di un fascino seducente e noir. Un’altra figura che mi ha ispirato è stata Frida Kahlo, pittrice messicana. Leggendo la sua biografia, mi piacque molto il suo attaccamento verso la sua terra natia e a dimostrazione di questo, indossava tipiche collane o bracciali messicani, i capelli intrecciati con fili di lana variopinti  e costumi tradizionali. in tutto questo, si esprimeva la sua personalità.



La fotografia imperniata sull’autoscatto. Egocentricità o necessità di trovare una forma espressiva che completi le tue creazioni?

La necessità dell’autoscatto è nata prima delle mie creazioni. C’è in parte dell’egocentricità, penso che in ognuno di noi ci sia, ma per me è stato ed è tuttora un modo di sperimentare me stessa e in questo mi sento molto affine a Francesca Woodman, una fotografa americana che ho amato dal primo momento in cui ho sfogliato un suo libro. Tutto il suo lavoro ruotava sull’autoscatto e prediligeva i paesaggi interiori che si creavano dentro se stessa.


IED e Scuola Romana di Fotografia, hanno influito sulla tua comunicazione artistica? Se      si, in maniera determinante?

Hanno influito, ma non in maniera totalizzante. Certamente, mi hanno dato gli strumenti necessari per sviluppare di più il mio senso estetico e sia per quanto riguarda la moda e la fotografia, mi hanno mostrato il lavoro complesso che c’è dietro un semplice scatto o un abito.




Il fine (creare) necessita di un mezzo che modelli il tuo pensiero. Quelli che hai scelto tu si sono fatti trovare loro o sei tu che li hai cercati sperimentandone anche altri?

Entrambi, dipende dal momento. Spesso è accaduto di aver cominciato un progetto, che poi si è evoluto in tutt’altro modo, altre volte si sono fatti trovare loro attraverso una fotografia scovata in una rivista, in un film, in tutto ciò che mi circonda!




Per chiudere, vivi la creazione in modo ansioso, ossessivo? O nell’elegia del momento avverti più un contatto spirituale che ti conduce serena verso l’obiettivo?

Una delle fasi della creazione che preferisco: è l’ispirazione. Sento una grande energia dentro di me, tutto può aiutarmi affinché ciò che ho nella mia mente prenda forma, e si avvicini di più all’idea che ho costruito nel mio Iperuranio. Confesso che nel pieno della produzione, non vedo l’ora di avere tra le mani l’oggetto finito.

Melania Buhalakis muove i suoi primi passi nell’etereo mondo dell’arte, con espressività, sentimento, personalità, eccentricità e tanto, tanto altro ancora. Mi sono imbattuto nei suoi lavori per caso e ne sono stato subito toccato, avvertendo in lei una certa sensibilità creativa che, a mio modo di vedere le cose, mostra notevoli potenzialità espressive.  Seppur in uno stato embrionale la sua idea sta prendendo corpo e sostanza, cercando luce che la riscaldi e le dia linfa vitale, assemblando materia e creando immagini da uno scatto…

Per saperne di più...

lunedì 30 gennaio 2012

PIET MONDRIAN

Seppur con colpevole ritardo ieri sono andato al Vittoriano a vedere la mostra "MONDRIAN L'ARMONIA PERFETTA" (che termina oggi...), dedicata ad uno dei fondatori dell'arte contemporanea, appunto  l'olandese Piet Mondrian (1872/1944)..
Un pittore difficile da interpretare, noto al grande pubblico ma non così celebrato e frequentato, seppur dotato di un immenso talento e di una visione artistica incredibilmente ampia e profonda.

"non rappresento oggetti ma esprimo relazioni..."

E' sull'onda di queste parole che bisogna surfare per addentrarsi nel suo percorso artistico per cercare di stabilire un contatto con Mondrian. Ha attraversato vari periodi (alcuni solo accennati), dagli inizi figurativi al luminismo, dal cubismo al neoplasticismo, lasciando sempre una sua impronta e guardando sempre all'armonia del perfetto equilibrio tra linee, colore e composizione.

"l'arte è un'attività intuitiva, non istintiva. L'istinto è rivolto alla conservazione del se; l'intuito ha la negazione del se come conseguenza. La cultura mira allo sviluppo dell'intuito a spese dell'istinto..."


AVOND (sera, ovile e cascina), opera degli inizi, è fra quelle che più mi hanno colpito. Un silenzio irreale in una luce sensazionale è il primo pensiero che mi ha attraversato quando l'ho vista. Mi ha rapito, trasportandomi in quel luogo che infondeva spiritualità alla mia presenza.

Come PAESAGGIO CON DUNE
opera meravigliosa e densa, che rasserena seppur in uno spazio apparentemente senza fine, placido nella sua inerzia. E' stata realizzata nel periodo luminista, caratterizzato da tinte vivaci e spirituali (rosa e celeste su tutte), quello che preferisco (IL CONTADINO DELLA ZELANDA è un'altra opera entusiasmante di quel periodo come IL FARO CON NUVOLE, un monolite nell'universo...).

Un cammino artistico incredibile nel suo sviluppo e nella sua qualità, alla ricerca di una intensa spiritualità celebrata nell'armonia, che trova il suo percorso successivo nel periodo cubista (notevole è IL GRANDE NUDO...) e la sua definitiva consacrazione nel neoplasticismo , un linguaggio figurato astratto che lo porta a dipingere le sue varie "COMPOSIZIONI" utilizzando i colori primari (rosso, giallo, blu), linee e piani, creando le opere per le quali forse è più conosciuto;


come ha scritto Danilo Maestosi sul Messaggero "un artista...che incapsulando lo spazio entro moduli di recinti geometrici e colori primari ha pilotato la pittura del Novecento verso una sorta di ultimo viaggio senza ritorno. Imponendosi con la forza esclusiva, riconoscibile come un marchio doc, delle sue icone, seminando frutti rigogliosi in altri territori confinanti, come l'architettura, la grafica, il design ... ".
Linee ipnotiche, comprimenti e dilatanti lo spazio in una specie di illusione ottica, apparentemente incomprensibili e ripetitive, ma di notevole impatto ed energia, e colori a bilanciare lo stesso spazio, in un tutto perfetto ed armonico.
Un'idea di un viaggio senziente,  verso l'io spirituale, compiuto attraverso un totale distacco dalla realtà ottenuto con la sua completa destrutturazione.


giovedì 26 gennaio 2012

sembra andata diversamente ...

In  STATUS QUO ANTE su Callisto Tanzi ho scritto:
Peccato che ha 70 anni ed in galera non ci metterà piede. Per i suoi soci in affari pene leggermente inferiori, ma considerando l'appello e la cassazione eventuale i reati andranno sicuramente prescritti (ovvero, niente galera).
EVVIVA!

Per correttezza di informazione c'è necessità di dire che attualmente Tanzi è detenuto dal 5 maggio scorso nel carcere di Parma dopo la condanna definitiva a otto anni e un mese per aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso dei revisori... (ricordiamo che in primo grado ha preso 18 anni...).

 Il 10 gennaio scorso è iniziato il processo di appello a Bologna e il suoi difensori hanno richiesto la detenzione domiciliare per non meglio specificate "precarie condizioni di salute".
Per il suo Avvocato Belloni, così non c'è rieducazione, ma ''solo una dimensione afflittiva nei confronti di una persona anziana''. Di più: ''ci si sforza di tenere in vita una persona per consentire la prosecuzione della carcerazione''. E, conclude, ''dopo cinque ricoveri e cinque ritorni in carcere vi è da pensare che si sia innescata una spirale in cui il ricovero serve per il ritorno in carcere, e il ritorno in carcere serve per il ricovero''.
Mi sbagliavo sul fatto che Tanzi avrebbe evitato la galera. Anche se con la pena notevolmente ridotta e fra l'entrare ed uscire dagli ospedali. Seppur in clamoroso ritardo e forse ancora per poco (il Tribunale di Sorveglianza dovrà comunque esprimersi sulla richiesta di domiciliari) e sicuramente, al momento, per uno solo (ma questo è in linea con il pensiero precedentemente esposto).
Ritenevo doveroso fare questa precisazione, perché se è un giusto diritto (oltre che un dovere) esercitare critica sul sistema giudiziario italiano è anche giusto riportare le sue (al momento ) parziali condotte in accordo con le aspettative degli italiani onesti.
Questo non significa essere giustizialisti e/o forcaioli. Se c'è un conto da pagare va pagato. Se la giustizia degli uomini ha previsto la privazione della libertà per delle azioni che vengono definite come REATI è giusto che questa condanna venga attuata (pur se con la garanzia di avere in cura un uomo malato).
Ma ricordiamo anche che la Cassazione si è pronunciata favorevolmente sulla richiesta di risarcimento di 108 milioni avanzata dalle vittime, ma precisiamo di nuovo , comunque, che Callisto Tanzi è nullatenente e che difficilmente qualcuno vedrà soldi da lui...
anche questo per il giusto  diritto (oltre che dovere) di esercitare critica...

a buon intenditor...

lunedì 23 gennaio 2012

Utopia

Mi ritrovo a camminare in una notte luminosa/
 Abbacinante/
 Su di un asfalto fluorescente/
 Sospinto da un Placido vento/
 Come un veliero senza più timone/
 Né pensiero/
 Case come nuvole/marciapiedi come onde/luna come ancora
 Cercando la mia stella polare/
 Un volto fra miriadi di stelle/
 In un delirio onanistico/
 Radente la follia...la magia/
 Case come nuvole/marciapiedi come onde/luna come ancora
 Nell'eclissi della fede/
 Delle possibilità/
 Seguo la mia mappa immaginaria/
 Alla ricerca del tesoro/
 Occultato nel cuore del mondo/
 ...te...

sabato 21 gennaio 2012

Last Minute Market

Last minute market è una società spin-off (in questo caso accademico, ovvero una società nella quale una università partecipa in qualità di socio) dell'università di Bologna, creata da Andrea Segrè, da sei anni preside di Agraria Nel medesimo ateneo. lo scopo è quello di recuperare i prodotti alimentari invenduti che i supermercati ritirano dal commercio, dirottandoli dall'inceneritore verso mense ed enti caritativi in tempo utile prima che scadano. Seppur la scadenza impressa sui prodotti sia solo un espediente commerciale inventato per garantire la rotazione delle merci nei supermercati. Il Professore, infatti, mangia tranquillamente yogurt scaduti da 4 mesi e pacchi di spaghetti stagionati da 6. Il progetto, nato nel 2000, oggi vede 43 città aderenti e si cerca un'applicazione su scala nazionale. In una intervista rilasciata al " il giornale", il professor Segrè ci fa sapere che " le scadenze suoi cibi esistono Da quando è cominciata la dittatura dell'HACCP, il metodo di autocontrollo igienico inventato dalla NASA americana per proteggere gli astronauti da contaminazioni di origine alimentare che avrebbero potuto mettere a repentaglio le missioni spaziali. E che prima di allora ci si regolava con il buon senso. Io (Andrea Segré) faccio ancora così. Guardo il coperchio dello yogurt conservato in frigo, finché non si gonfia, è commestibile..." Definisce, inoltre, lo spreco come un "fenomeno planetario", ovvero dal 30 al 50 per cento di ciò che la catena agroalimentare produce sulla terra va perso. In Italia vengono gettati via ogni anno 20 milioni di tonnellate di alimenti, che potrebbero sfamare 44 milioni di persone per 12 mesi... Sul sito www.lastminutemarket.it potrete approfondire, volendo, l'argomento e sottoscrivere la "Declaration Against Food Waste, ovvero una Common Action in the prevention and reduction of food waste on a global and european scale ( dichiarazione contro lo spreco di cibo, da realizzassi attraverso una azione comune di prevenzione e riduzione Dello spreco su scala europea e globale). Da questa possibilità tutti ne trarrebbero dei vantaggi: i supermercati e tutto il loro indotto per una riduzione dell'invenduto e dei costi di smaltimento dei rifiuti; le istituzioni caritatevoli per avere cibi gratuiti a costo zero; e tutta la collettività per un sistema che produrrebbe meno rifiuti e meno inquinamento. Aggiungere un commento a quanto detto è superfluo. Vivere in un mondo ecosostenibile dipende in prima istanza sempre da noi. Una maggiore attenzione nelle cose quotidiane può condurci verso una aspettativa di qualità di vita Migliore, educando,inoltre, le future generazioni ad un rispetto massimo dell'ambiente che ci permette di vivere. Le regole del business devono poter coesistere con le regole dell'educazione civica e del rispetto dell'uomo nella Sua totalità. Non aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa per noi. Facciamo noi qualcosa per noi stessi e per gli Altri.

sabato 7 gennaio 2012

...from your lips

... e nella penombra della sala di attesa del ristorante, aspettando un tavolo per cenare, due occhi accecanti varcarono la porta d'ingresso, materializzando in quella grande stanza vento freddo e un'improvvisa luce; sorridevano, e accompagnavano un uomo felice di quella presenza che aveva al fianco.
Rimossi il mio sguardo annoiato dai riflessi di uno specchio che mi restituiva  l'immagine di me stesso immalinconito a scorrere la rubrica telefonica del cellulare, appoggiato con le spalle al muro, ancora involtato nella giacca di pelle e soffocato dalla sciarpa attorno al collo,  e lo agganciai al suo, proiettato, ora, verso l'accesso alla sala; nello stesso momento, con un'impercettibile movimento del viso, lei mi guardò e tenne fissa i suoi occhi nei miei per un tempo che a me apparve infinito.
Un refolo di vento di ponente sembrò investirmi improvvisamente, riequilibrando il mio stato d'animo verso lo zen della serenità. 
Mi passò davanti decisa, scavandomi ancora una volta con i suoi occhi, con un movimento rapido e significativo; lo stesso fece il suo accompagnatore, nella mia totale indifferenza. Portai, poi, la mano destra sulle labbra, e iniziai a farci scorrerci sopra l'indice ed il medio, come sempre faccio quando mi viene in mente un qualche pensiero che mi stuzzica. 
Poi, una voce stentorea e professionale mi invitò ad accomodarmi: le stelle erano propizie, e me lo manifestarono nel tavolo che mi assegnarono, di fianco a quella donna e al suo compagno. 
La cena scorse sulle ali di un ottimo vino e di un sensazionale piatto di spaghetti moscardini e parmigiano,  di occhi negli occhi, di lampanti momenti furtivi e di accennati sorrisi viranti al vago. Alzando il bicchiere di jack daniels che stava per chiudere la mia cena la salutai, mentre il suo accompagnatore stava dirigendosi alla cassa per esercitare il suo diritto/dovere di cortesia da ospite. 
Il suo viso si illuminò, espandendo luce sulla parte oscura della mia luna; la marea iniziò così a montare sull'influsso che emanava dal mio spirito liberatosi dalla prigionia del mio corpo.
Indossò, infine, il cappotto in un movimento elegante, poi un foulard, che aggiungeva un tocco di aristocrazia alla sua innata eleganza.
Si passò le mani attorno al collo per far defluire i capelli sulle sue spalle e poi scosse la testa per cercare un comodo aggiustamento a quella bionda cascata. Continuai a guardarla, sorridendo sempre più convinto a quella presenza così lieve e magnetica:  "...domani, stesso posto, stessa ora...", sono le parole che udii mentre si voltava per dirigersi verso l'uscita della sala, dove l'attendeva l'ospite. Restai attonito, fissando la sua camminata attraverso il mio jack nel bicchiere che ne ampliava l'immagine a dismisura.
Le sue labbra si erano mosse e alcune parole sembravano essere uscite dalla sua bocca, ma ora, in quell'estasi immaginifica non ero propriamente convinto che fossero quelle che nella mia testa stavano circolando impazzite:"... domani, stesso posto, stessa ora ..."; era veramente andata così? Ordinai un altro jack Daniels, per sublimare l'accaduto e obnubilare ancora più i miei sensi già pesantemente intorpiditi dagli eventi succedutesi come in un incantesimo; no, non  era decisamente possibile che mi avesse dato un appuntamento: sono fuori di testa, devo smetterla di bere così, devo assolutamente smetterla.
Mi alzai e mi diressi alla cassa per esercitare il mio dovere di avventore. "domani"... " fanno cinquantacinque euro " stesso posto ...", tenga il resto, grazie signore e buona serata!, "stessa ora ...". All'uscita un vento gelido mi schiaffeggiò violentemente, riportandomi nella cruda realtà. Cercai la macchina, e con fatica la ritrovai. Barcollavo, così accesi una sigaretta nella speranza di avere dal tabacco quello che stavo cercando dentro dentro di me. Accesi anche il motore, e si accese anche la radio, che dalla stazione sulla quale era sintonizzata stava suonando un pezzo che a me piaceva molto ed il primo verso che ascoltai fu "but I wanna hear it from your Lips ..."., che mi suonò come profetico.
"Domani, stesso posto, stessa ora ..." : ci sarò, certo che ci sarò!.
E la macchina s'addentrò nella notte, guidandomi nella luce proveniente dalla luna ... I wanna hear it from your lips ...