venerdì 24 aprile 2009

COSA DIRE?

UNO

Cosa dire dopo tanti anni? Le parole oramai consunte hanno perso il vigore scintillante che le hanno accompagnate da quando le hai imparate. Oggi sono livide. Stracci inzuppati e logori che non hanno più la capacità di riportare il pavimento agli antichi splendori. E poi sono troppe. Sono enormi. Dilatate. Dilaniate. Non più ecocompatibili. Ecoballe da smaltire. In inceneritori biologici di riconversione. Per energia pulita. Finalmente pulita e non radioattiva.
Cosa dire dopo che hai detto tutto? Se è mai possibile dire tutto in quaranta anni di vita. Forse tutto quello che sei stato capace di dire. Di costruire allineando parole su di una ipotetica linea retta. Sorretta dal fiato che esce rauco e a fatica da polmoni abbruttiti dal troppo tabacco. Assunto senza soluzione di continuità. In balbettanti frasi di ripudio mai severamente accettate. In sterili disintossicazioni, più idealizzate che provate. E annacquato da ettolitri di superalcolici trangugiati come acqua nel deserto. Come cammelli in attesa di attraversare il deserto.
E poi scoprire che il deserto è quello che ti circonda. Quello che resta dopo tanto camminare. Faticare. Una strada vuota nella notte. Che si dipana davanti all’ennesimo pub. Bar. Discoteca. O come cazzo vuoi chiamarli. Tanto sono tutti uguali. Repliche infinite in specchi concentrici. Sempre le stesse facce. Culi. Tette. Cazzi eretti che saranno accarezzati sempre dalla medesima mano. Quella del padrone. Quando la porta si chiude e tutto quello che era non è più. Nell’assordante silenzio di una camera popolata di fantasmi. Eccitati. Vogliosi. Nudi. Su venti centimetri di tacchi a spillo e calze a rete bianche. Ma pur sempre solo fantasmi. Puerpere per bambini sul viale del tramonto mai cresciuti. Bisognosi di accompagno. Nel loro parco giochi privato. Infernale. Gelido ed invitante nello stesso, medesimo, esoterico momento. Mentre l’aldilà è più vicino di quello che sembra e certe volte appare come una liberazione da quelle catene invisibili eppure così tenacemente avvinghiate ai tuoi polsi.
Cosa vuoi dire dopo tanti anni?
Non è preferibile il silenzio?

pensieri (aforismi) & dialoghi tossici

OGNI TANTO

trentatre

... e restammo quasi tutta la sera in silenzio. bevendo birra e ascoltando musica e guardando video e restando assorti nei nostri pensieri e incrociandoci ogni tanto con lo sguardo e uscendo ogni tanto a fumare una sigaretta.
infine pagammo il conto. ci avviammo alle rispettive macchine. un gesto furtivo del viso, mosso all’insù repentinamente, fu il nostro saluto.
fui soddisfatto. ero stato bene. mi ero rilassato.
ogni tanto non dire nulla eleva molto di più lo spirito che un fiume di parole procacciate a forza e spogliate dell’entusiasmo.
ogni tanto la sola presenza di una persona per te importante ti rasserena e ti compiace.
ogni tanto non corrompere le tue nevrosi può aiutare a purgarle.
ogni tanto una pacata anomia irradia vuoto e rafforza quello in cui più credi.
ogni tanto.
ogni tanto.
ogni tanto.
pensieri (aforismi) & dialoghi tossici

venerdì 17 aprile 2009

QUELLO CHE VORREI

quattordici

la realtà non mi piace.
preferisco vivere nella fantasia.
è meno affollata. più stimolante. eccentrica.
e il terzo mondo è solo un posto in cui tutti vorrebbero andare a vivere.

pensieri (aforismi) & dialoghi tossici

KOUROS

DODICIGrassetto

Marilyn monroe indossava solo chanel n. 5 per andare a dormire.
Ed è bello pensare che riesumando quello che resta del suo bellissimo corpo la dolce fragranza possa di nuovo aleggiare fra la putrida aria dei gas sprigionati da quella carcassa.
È veramente bello pensarlo.
È per questo che anche io metto sempre del profumo prima di andare a dormire.
Non dovessi risvegliarmi, almeno la stanza avrebbe un buon odore di kouros.
pensieri(aforismi) & dialoghi tossici

sabato 4 aprile 2009

REVOLUCCION

trentuno

reality show. guardoni in tempo reale. segaioli di idiozie altrui. eiaculatori precoci di realtà apparente.
cosa c’è di reale? se non il pubblico contato dall’auditel. troppo povero di materia grigia per un offerta migliore. troppo sodomizzato da altrui incapacità per rendersi conto delle proprie. troppo preso da programmi di evasione per approfondimenti culturali. che barba. che noia. che cazzo.
è vero. sempre problemi. sempre discussioni. sempre distorsioni di un sistema che non è più capace di raddrizzarsi. incapace di rialzarsi. di darsi una nuova dignità. una nuova veste. una dimensione da paese occidentale evoluto e proiettato nel terzo millennio. come la chiesa. perchè come dice vasco “loro ragionano così, mica giorno per giorno”. e come dargli torto se questo è il nostro modo di affrontare il “giorno per giorno”?
siamo ancora capaci di guardare al futuro nella nostra componente più “bassa” della società? la casta dominante ha un reale interesse affinché ci sia uno step superiore e decisivo verso un maggior livello di apprendimento di una parte importante della società? oppure ha un interesse diverso?
grande fratello. l’isola dei famosi. la talpa. che cazzo ne so io, sono solo il piatto giusto da offrire a subumani incatenati alle tenebre e destinati ad un purgatorio eterno?
chi è che fa più tenerezza? chi partecipa o chi guarda? le regole del mercato a chi sono veramente interessate? il businnes è businnes oppure altro?
non so darmi una risposta. non ne sono capace. è possibile che dietro tutto questo ci sia altro oppure è solo la pochezza di autori che non riescono semplicemente a partorire idee migliori?
siamo veramente in uno stato così confusionale? e tutto quello che viene prodotto e offerto è solo il risultato della nostra società ?
è una domanda pertinente, andrea?
auditel. raccolta pubblicitaria. vendite. star system. alta moda. vite sulla “fab line”. tutto ciò rappresenta “solo” un programma ben studiato e di cui si sta dando attuazione?
e se così fosse, sapremmo reagire un giorno a tutto ciò?
domande. che cazzo solo domande. dammi risposte andrea. su dammele. ne ho bisogno. sono a rota di risposte. le voglio. ne sono in astinenza. le voglio!!!!!!!!
risposte?
si.
non ne ho.
non sei solo, purtroppo. non siamo soli.
credi che sia grave?
credo nell’uomo. ma forse difetto di ottimismo. e ora che la realtà non è più realtà ma è costruita a tavolino, basata su altre esigenze, non credi che sia ora di riprendere certi discorsi?
quali discorsi?
revoluccion.
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IL SINDACALISTA

ventinove

sono nella mia stanza al lavoro. seduto alla scrivania e guardo il computer nel quale è aperto il software della microsoft excel. sto cercando di elaborare un foglio di calcolo che mi aiuti in complicati, almeno per me, calcoli contabili. la mia è una grande azienda nazionale con varie sedi dislocate in varie province italiane. produciamo in generale per l’aeronautica ed in particolare per il settore militare.
comunque, questo non è importante andrea.
essendo una grande azienda, credo che siamo circa tremila dipendenti in tutta l’italia, è estremamente sindacalizzata, specie nel settore operaio, meno in quello dove lavoro io, ovvero l’amministrazione.
d’improvviso mi entra in stanza un sindacalista, un rompicazzo che non facendo nulla tutto il giorno divide le sue ore fra il caffè alle macchinette e assemblee sindacali estemporanee, ovvero cercando proseliti fra i non iscritti, ovvero in questo caso io.
ciao caro, come va?
non lo degno di uno sguardo borbottando qualcosa a metà fra bene e che cazzo te ne frega.
allora hai deciso finalmente cosa fare con questa iscrizione? siete rimasti in pochi e sai che fra breve inizieremo a discutere con i padroni delle persone da dislocare nella nuova sede fuori roma.
e quindi, caro, mi stai minacciando?
nooo, ci mancherebbe, è solo che più iscritti abbiamo più potere possiamo rappresentare durante lo scontro.
più che rappresentare dovresti usare la parola esercitare e più che scontro dovresti usare il termine concertazione, o se per te è troppo complicata da inserire in un discorso, dialogo. ah, e più che potere dovresti usare la parola potenza, migliore chiarificatrice del peso eventuale, nel discorso dei numeri, di rappresentanza dei quali si è in possesso.
il tipo, basso e brutto, mi guarda e resta a bocca aperta.
i concetti di potere e potenza sono una dicotomia di influenza, che può essere esercitata in modo coercitivo, potere, e delegato, potenza, ovvero riconoscimento di una superiore propensione per l’incarico per il quale delle persone appunto ne delegano una terza.
il sindacalista è ancora lì a bocca aperta.
l’azione sindacale può e deve essere esercitata nell’ambito di un confronto civile, volto ad ottenere benefici maggiori per la comunità lavorativa espressione di quell’incontro preciso. i padroni, espressione alquanto arcaica e superata nella moderna vision mondiale dell’economia, rappresentano la controparte, il datore di lavoro, ovvero colui il quale, i quali, offrono salari in cambio di prestazioni lavorative, cercando nel contempo di ottenere dalla differenza un guadagno monetizzabile. in questo contesto l’influenza dei numeri potrebbe avere una importanza decisiva nel momento di firmare l’accordo con condizioni soddisfacenti per entrambi i gruppi di pressione.
il sindacalista si gratta il naso e si siede, sempre a bocca aperta.
la deriva politica nella quale il sindacato italiano è precipitato ha ricondotto la nobile tutela del lavoratore a misera contesa ideologica basata su logore logiche di partito. con i lavoratori presi nel mezzo, solo numeri su tabelle e da esibire come prova di forza (potenza) nelle oramai stantie oceaniche adunate, con tanto di bandiere e trombette.
il sindacalista adesso mi ascolta a bocca chiusa.
le innumerevoli sigle sindacali sorte di fianco a quelle confederate, tutte basate sull’ipotesi che sto sostenendo in questo preciso momento, ovvero che le tre sigle storiche non fossero più in grado di assicurare la giusta tutela essendo prese da altre “questioni”, confermano questo. la tutela del lavoratore non è univoca, nel senso di raggiungimento di un maggior benessere, ma regolata adesso dalla capacità di costituire serbatoi di voti politici, autodeterminadosi come lobby tese ad ottenere benefici per un particolare gruppo. quindi l’incontro non è più determinato al raggiungimento di un fine, salario, ma a costituire un mezzo che possa essere poi speso al momento opportuno della disputa politica.
il sindacalista accende una sigaretta anche se non è più possibile fumare dentro gli uffici da tempo immemore.
il gruppo di pressione ha così occasione di mettersi in mostra e tentare la scalata verso i lidi meno restrittivi del confronto politico, ed aspirare ad una eventuale giusta ricompensa, per il gran lavoro svolto a tutela dei salariati, che può materializzarsi sotto diverse opportunità. il mezzo diviene così il fine. per il proprio di obiettivo. no quello comune.
il sindacalista spegne la sigaretta.
ragione per la quale il sottoscritto ritiene che la rappresentanza così delegata diventi una tessera di partito e se ne guarda bene da sottoscriverne una.
quindi, caro, non mi iscriverò nel tuo sindacato, né, ovviamente, in qualunque altro. nel momento delle decisioni sulle scelte aziendali, farò quello che ritengo più opportuno per me. adesso scusami ma ho da fare. altrimenti mi licenziano per nullafacenza.
il sindacalista si alza e si dirige verso la porta. prima di varcarla ci ripensa e si gira verso di me, acciglia lo sguardo e assume un’espressione da padre storico delle lotte sindacali.
non capisci un cazzo di sindacato. peggio per te. ciao.
riprendo il mio lavoro e mi viene da sorridere.
è incredibile come le appendici del sindacato, quelli “sul posto”, quelli sulla “base” abbiano un così tale eloquio e preparazione tecnica da costituire una moral suasion irresistibile per nuovi adepti. è incredibile come sia così radicato e impenetrabile il verbo massone del sindacato da non poter essere trasmesso se non agli eletti. è ancora più incredibile che questo ermetismo dogmatico riesca a penetrare dove non ci sia un livello culturale così elevato come fabbriche ed amministrazioni.
sarà un dono divino? venuto dall’alto? come per i vecchi re ed imperatori medioevali?
tu cosa ne pensi andrea?
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TI PREGO

trenta

“non tampono oramai più l’emorragia velenosa che origina dalla mia solitudine. invecchio e non vivo. arranco fra pretesti. ne cerco come oro. ma sono sempre più radi. nebulosi. iconoclastici. divento cattivo ogni giorno che passa. sono un animale raro chiuso nello zoo visitato da passanti incuriositi. paganti. che guardano bestie in gabbia e si rallegrano della propria libertà. divento ogni giorno più triste. e sorrido sempre meno. il mio sguardo sul mondo appassisce. il mio corpo si deteriora. la mia anima langue. del futuro non mi importa più nulla. aspetto solo l’ora. di quella che è l’unica cosa certa.
ti prego, andrea, almeno tu resisti. cerca di starmi vicino. “
“ti prego.”

e il suo sguardo si fissò nel vuoto, restandone ammaliato.
come un pazzo, attratto dal magnete della follia.
ebbi paura, per un momento.
poi compresi.
se c’è un prezzo da pagare per essere qualcosa
quello era il suo.
ma lo stava schiacciando e la pressione l’avrebbe dilaniato.
chiusi gli occhi e tentai una preghiera.
non mi uscì una sola parola.
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MODERNITA'

la matematica binaria, base del computer, è stata sviluppata dalle ricerche matematiche di leibniz.
queste ricerche sono partite da quando il filosofo si rese conto che esistevano due serie di numeri.
una maschile ed una femminile, rappresentati da trattini, alcuni interi, altri interrotti.
l'origine di questa scoperta è data da un'opera cinese, il sistema del ching I, un sistema simbolico che fu elaborato in cina fra il 1500 e il 500 a.c. e portato in occidente da un viaggiatore.
fu consegnato a leibniz che, incuriosito, imparò il cinese mandarino e riuscì a leggerlo.
spiegava l'esistenza di due serie di numeri.
(TITOLI DI CODA)

venerdì 3 aprile 2009

MASTERCARD

CINQUE

Il film noleggiato narra la storia di un amore. E mentre i fotogrammi si susseguono vertiginosi con sottofondo musicale nel bacio hollywoodiano dei protagonisti una lacrima scende furtiva dal tuo viso scarnito e rugato.
Un bacio.
Quando è stata l’ultima volta che un bacio ha rapito i tuoi sensi? Un bacio tenero. appassionato. tenue. Arrossato. Nel palpito nel cuore. E non nel duro del cazzo in qualche anfratto notturno con una troia che non vede l’ora di succhiartelo?
Vattelo a ricordare.
E il film non è più un film. Diviene la tua personale storia d’amore con quella splendida protagonista. E ti scopri ad accarezzargli i capelli. In un lento, esasperante magico momento di occhi negli occhi. In un lento ed esasperante momento di catarsi elettrica e melodica. Nell’ondivago e tremulo battere di ciglia in accordo con il sangue arterioso che all’improvviso fluisce docile dal tuo muscolo non più battente a ritmo di acdc, ma dondolante sulle note fragili e sospirate di allevi.
Ed il rigurgito di tempi passati ti inghiotte come un mulinello nelle acque di un lago vulcanico nell’agosto scintillante di un estate frivola e spensierata. E dolce è l’abbandono in quel naufragar poetico di prevert. Smielato, ma cazzo se desiderato. Quanto saresti disposto a pagare? Quale potrebbero essere il prezzo? È mai possibile quantificarlo nella vile moneta con la quale oramai misuri tutto quello che la tua misera vita può darti? I calcoli si sgranano matematici in addizioni e sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni. Ma il conto non torna. Non può tornare. Per quanto cerchi di arrivare all’uguale sei sempre costretto a ricominciare. E lo fai. E inizi a piangere. E ricominci. E piangi di più. E di nuovo. Ed ora il profluvio è torrenziale. Insostenibile. Incontenibile. E il conto non torna. E la penna cade.il foglio scivola in terra. Il film continua a girare. Il mondo si capovolge. Tu ti allontani.
Non c’è prezzo.
E non hai nemmeno mastercard per tutto il resto.

pensieri (aforismi) & dialoghi tossici

L'ETA' DELL'ORO

un giorno crescerò
diventero un uomo vero
attento al particolare
mi eleverò a ideali immortali
guardando con disprezzo quel che ero
finirò in mezzo a tanta ipocrisia
ma sarò sobrio e rispettato
gentile ed educato
gommoso placido benestante
non più vampiri allucinazioni danneggiamenti celebrali
schiocchi improvvisi di connessione
autocommiserazione
assaporerò interminabili domenica mattina
sorriderò con moderato gusto
parlerò più a modo
nella mia nuova età dell’oro
avrò mare e neve
non avrò più sete
follie omicide pazzi suicida puttane sbornie colossali
frammenti di amori teneri eterni leggiadri viziosi omertosi scandalosi
amori
cederò
si cederò
diluendomi nel magma eretico di chi crede di sapere
ascolterò
senza più verbo
ci sarò
umiliato
ma ci sarò