sabato 28 aprile 2018

5 DOMANDE A: ATTILIO DI POCE



Attilio Di Poce, musicista e compositore, è nato a Roma il 13/09/1990, vive e lavora ad Anzio (RM). 
Ha studiato musica al Saint Louis Collage of Music, alla Percento Musica e con William Stravato . Suona la chitarra, la batteria, il basso il pianoforte e canta: ha iniziato a suonare dal vivo sul palco nel 200. Definisce la sua Musica come una combinazione di Rock, Funk, Blues, Jazz, Reggae, Fusion, Progressive e Soul. Esperzioni è il suo primo lavoro in studio di registrazione.





Come è nato il tuo primo lavoro? Ha avuto una gestazione lunga o l'hai scritto di "getto" ...?

Esperzioni è un Progetto che è nato dalla prima volta che ho toccato la chitarra, anzi se vogliamo dalla prima volta che ho ascoltato la musica dal vivo. Ricordo, quando ero bambino, di essere andato ad un concerto insieme a mio padre ed uno dei suoi amici musicisti, il bassista della band, mi dedicò un brano della serata, Disco Inferno, quella emozione la ricordo ancora oggi. E' stato come se un fuoco si accendesse dentro di me, indimenticabile. Perciò, si, ha avuto un lungo percorso evolutivo.


Lo ritieni autobiografico? Racconta, cioè di te?

Assolutamente si, ma non rappresenta a pieno ciò che è questo progetto. Essendo il primo, sento che sia il risultato del mio passato, ma credo che sia anche quello che spero sarà il futuro. Realizzare e suonare questi brani poi, non racconta solo la mia storia, penso che collaborare con altri musicisti e amici permetta di raccontare anche le loro esperienze. Perciò, se posso azzardare un ipotesi, direi polibiografico.


Cosa cerchi nella musica? Successo? Affermazione? Piacere?


Penso che ogni aspirante musicista abbia il desiderio di diventare famoso, veder suonare i grandi professionisti della scena musicale mondiale è veramente stimolante, quando si è giovani soprattutto. Col tempo ho compreso il motivo reale per il quale mi esprimo con quest’arte, cioè quello di conoscermi sempre più approfonditamente, per la mia crescita personale, e aspirare al miglioramento ogni giorno. Non si finisce mai di Imparare con la musica. E spero un giorno di diventare un musicista affermato, come i miei idoli.


Ne farai un lavoro?

Lavorare con e per la musica è il mio sogno. Mi sono sempre dato da fare in passato, cambiando mestieri e ambienti lavorativi, credo sia fondamentale per comprendere alcuni valori importanti della vita, come il sacrificio, la costanza, l’impegno e soprattutto il rispetto per le persone che abbiamo intorno a noi. E ho capito che comporre musica è la mia strada. 


Esistono ancora campi inesplorati nell'arte della musica? E se si, tu ti ritieni "un cercatore"?

Credo che la musica sia in continua evoluzione, d’altronde l’uomo in se lo è. In questi ultimi decenni ho potuto apprezzare un incredibile esplosione di creatività, in ogni campo della musica, sia dal punto di vista compositivo che tecnologico. Con la nascita di nuovi generi, secondo me, molto dovrà ancora avvenire. Sono positivamente ispirato da questa situazione, ed il mio modo di approcciare al nuovo panorama musicale è quello di riuscire ad essere il più personale possibile, cercando di utilizzare al meglio ciò che ho imparato e ascoltato in questi anni. C’è un bellissimo aforisma di Newton che recita così “ Io sono solo un piccolo uomo, che si poggia sulle spalle dei Giganti che mi hanno preceduto.” Io la penso così, perciò, si mi ritengo “ Un Giovane Cercatore”. 

...

Attilio è un ragazzo che sta cercando la sua strada con dedizione ed impegno in un contesto complicato e ricco di offerta, che viene consumata a velocità siderale. Creare è un esercizio faticoso, fare arrivare il tuo lavoro al pubblico lo è ancor di più, pur se oggi può sembrare esattamente il contrario vista la quantità di mezzi a disposizione, farlo restare nella memoria una grande scommessa con se stessi. Trovare un piccolo spazio nel nostro tempo fagocitato dal troppo, molte volte futile, ascoltarlo potrebbe rivelarsi piacevole ... 

sabato 14 aprile 2018

IL LIMITE INVALICABILE

Conoscerai come la Necessità,
 guidando la volta celeste,
 costringe gli astri a tenere i confini ...

(PARMENIDE, DK, fr. B10)

"La tecnica è di gran lunga più debole della necessità" (Téchne d'anankes asthenestéra makro) ebbe a dire Prometeo nel momento in cui decise di donare la "tecnica" agli uomini rendendoli "da infanti, quali erano, razionali e padroni della loro mente", così da ottenere da loro stessi ciò che un tempo chiedevano agli dei (ESCHILO, PROMETEO INCATENATO).
Così l'uomo, o l'Adam se considerato dal punto di vista religioso cristiano, pur abitando nel "tempo che invecchia", che mette a nudo, cioè, la sua condizione di mortale (Brotos) nell'alba della sua esistenza iniziò a credere di avere una speranza, seppur falsa, di poter dominare tutta la sua esistenza possedendo, appunto, la tecnica, finanche la natura, governata nella sua regolarità dalla Grande Legge (Nomos).
L'ampliamento del proprio orizzonte, la possibilità di entrare in possesso della "conoscenza", o di ciò che riteneva, e ritiene ancora oggi, tale ha condotto l'uomo, l'Adam, a ritenersi così libero dai vincoli imposti dalla natura intesa come legge cosmica e di potersi congedare nel corso del tempo dalla sua narrazione storica credendo, appunto, di poterla manipolare, modificare, con la tecnica; così l'"animale non ancora stabilizzato" (Nietzsche) si è via via persuaso di poter alterare la sua natura operando tecnicamente.
La speranza di "tutto potere" sostenuta dalla falsa ipotesi di poter produrre illimitatamente pur al di là di una limitata immaginazione dovuta all'umana condizione ha generato un mondo virtuale nel quale l'uomo, l'Adam, crede di vivere e, sopratutto, crede di possedere ovvero di averne sotto controllo gli effetti che ne derivano.
L'assuefazione alla tecnica, che oggi potremmo chiamare "era" nell'ottica della narrazione storica cui siamo stati abituati sin dalla nascita ci ha condotti a considerarla quale dottrina, dogma, inalienabile e quindi, per natura, totalitaria, rendendoci sottomessi a ciò che noi stessi abbiamo generato e in ragione di ciò passivi (il nichilismo della rassegnazione di Nietzsche).
L'annullamento dell'insegnamento di "colui che pensa in anticipo" (Prometeo), ovvero l'anticipazione di ciò che sarà, la responsabilità e padronanza, cioè, insita nel prevedere, e non quindi l'irresponsabilità e l'impotenza di fronte a  ciò che ne scaturirà, reca il massimo pericolo nel quale possa cadere l'uomo, l'Adam, l'insignificanza, cioè, del suo stesso esistere ritrovandosi a vivere in una condizione in cui la "tecnica" accade a sua insaputa. 
Se la natura stessa ha posto dei vincoli a ciò che possa accadere (necessità) perché mai l'uomo dovrebbe cercare di oltrepassare un limite invalicabile? E' forse questa limitata capacità di comprensione il vero "limite" dell'Adam? E se così realmente fosse il dono ricevuto da Prometeo, o chi per lui, tale non era? E a cosa sottendeva allora? La razionalità ha un limite oltre il quale non è possibile accedere? E' per questo che la disubbidienza dall'imperativo biblico trascendente non è stata mai perdonata? Cercare di valicare il "limite" è paragonarsi a Dio?