martedì 11 febbraio 2020

NEW YORK UNDERWATER

Il sito web "lavocedinewyork.com" ha recentemente pubblicato un articolo a firma di Vanessa Vuji (che ho postato sulla mia pagina FB Culture Club Albano Laziale ) nel quale viene evidenziata l'incredibile temperatura recentemente registrata in Antartide di 18,3°; gradazione che normalmente in quel continente non si raggiunge neanche in estate. Nell'articolo è stato inserito questo quadro di Flavio Bragaloni :New York Underwater del 2012.




Nel recente post SAT del 20 gennaio ho scritto che "Cogliere l’essenza dell’attuale società è oramai un certificato di garanzia dell’arte in continua evoluzione di Flavio Bragaloni, che, come ho già avuto modo di dire, ha trovato la sua forma e forza espressiva, il suo linguaggio non più ermeneutico, ma vero, crudo."
Non può non farci piacere che la proposta culturale ed artistica di Flavio stia trovando un ampio consenso e venga usata per rappresentare un emergenza che forse stiamo sottovalutando ( anche se su Greta Thumberg sono stati scritti valanghe di articoli).
L'arte in generale veicola anche un messaggio sociale ed è testimone, nonché precursore a volte, di quello che domani diverrà storia; pur evitando ogni autoreferenzialismo che non ci appartiene né, tanto meno, ci interessa, credere nel talento artistico di Flavio Bragaloni ci sta facendo tornare dietro soddisfazione. Per chiudere questo post vorrei proporre un'altro dipinto: the ocean and the plastic:

l''uso e l'abuso di plastica che stiamo facendo apporterà,inevitabilmente, al nostro pianeta un ulteriore allarme (sono già visibili intere isole formatesi dall'ammasso di plastica in mare, che trascinate dalle correnti si agglomerano dove queste ultime cessano).
Si possono testimoniare gli eventi in tanti modi: Flavio ha scelto il suo. E' forte, chiaro e di qualità, se mi permettete ... a noi recepirlo e provare a fare qualcosa nella nostra quotidianità ...

sabato 8 febbraio 2020

5 DOMANDE A: PIERO BARBABIETOLA


Piero “Mizu” Barbabietola

Presentatore e public speaking (spettacoli di musica) a Varese per la scuola di musica Yamaha (1
anno);
 Dj e collaboratore alla direzione artistica del locale piano bar “Visconte” di Cassano Magnago
Varese (3 anni);
Presentatore, conduttore di serate “live” jazz presso il locale “Visconte” di Cassano Magnago (1
anno);
Regia musical Footloose - Teatro di Cannara (Perugia) anno 2000;
Presentatore, sceneggiatore, e organizzazione spettacoli per la scuola di ballo “Sole luna” Assisi
Perugia (anni 3); Sceneggiatore e narratore presso plesso scolastico di assisi con riduzione scenica per bambini del libro “Ramoso”;
Impegno presso Teatro Rinoceronte di Perugia per 4 anni circa: Corso di dizione e Laboratorio
permanente di lettura e narrazione performativa;
Partecipazione a spettacoli di narrazione: contest di lettura ( 3 edizioni) come narratore e come
musicista;
Come attore spettacolo teatrale “Hotel Mauthausen” con varie repliche (Perugia e Marsciano);
Regista, sceneggiatore, narratore, musicista nello spettacolo di teatro musica “Di vino, d’Amore e
altre storie” Torgiano (Perugia);
Blogger (Blog personale) da oltre dieci anni : “Nel cielo alto” (Blogspot);
Doppiatore documentario presentato da giornaliste freelance su SkyTG24;
Blogger da oltre cinque anni delle pagine Facebook: JazzinVersi, Nella stanza del tè, Route66 feel
the freedom, But Beautifu


Scorrendo la tua pagina fb “but beautiful” ho incontrato questi meravigliosi versi: “Se mi vieni a trovare vieni lentamente e con gentilezza per non spezzare la fragile porcellana della mia solitudine”(Sohrab Seperhi). Solitudine e social network sembrano apparentemente inconciliabili … oppure l’uno trova sostegno nell’altra?

Il poeta, pittore e scrittore iraniano Sohrab Sepehri ha scritto anche che:
Dobbiamo lavare i nostri occhi

Dobbiamo vedere diversamente le cose
Dobbiamo lavare le parole
Le parole possono essere vento
Le parole possono essere pioggia
Dovremmo chiudere gli ombrelli
Dovremmo camminare sotto la pioggia
Dovremmo portare la nostra mente e i nostri ricordi
Sotto la pioggia, Dovremmo sentire la pioggia.
Sotto la pioggia si possono trovare amici
Si può cercare l’amore
La vita è continua saturazione
La vita è nuotare nell’acqua di questo momento.
Leviamo i nostri abiti
L’acqua è a un solo passo
Assaporiamo la luminosità.


Troppo spesso nell’universo social trionfa una realtà irreale e inautentica, dove per usare l’espressione heideggeriana di Essere e Tempo  “ognuno è gli altri e nessuno è se stesso”. Dove ognuno pensa come si pensa, vive come si vive, desidera come si desidera e non dissente come si dissente. Questa pagina, come tutte le mie pagine, è soltanto “un gioco” per resistere a questo continuo processo di morte della soggettività. Nelle mie pagine cerco di distillare gocce di pioggia viva, perché viva è la parola, evocativa l’immagine. Ma poi bisogna uscire “sotto la pioggia”. Dobbiamo “sentire la pioggia”, “Sotto la pioggia si possono trovare amici”
.. Scongiurare quella che viene chiamata “fomo” (dall’inglese fear of missing out), la paura di sentirsi tagliati fuori se ci si stacca da Facebook o Instagram. Ansia, depressione, solitudine. E’ molto reale il pericolo che solitudine e social creino un cortocircuito. La poesia, l’arte, la cultura, la musica, La Bellezza, sono un antidoto. Ma ripeto, “l’acqua è ad un solo passo” dalla blogosfera dei social. “Assaporiamo la luminosità”. Le mie pagine hanno un che di “artigianale” che le rende vere, sincere. Nel mio spazio virtuale accolgo persone vere. Certo che il riscontro dei feedback provenienti dalla community dei lettori è importante.  Altrimenti scriverei un diario come si faceva in tempi lontani. Il Blog, la Pagina, sono un diario di “rete”, di relazione. E l’artigianalità della gestione conferisce alla pagina il giusto argine alle tentazioni di perseguire solo “like” e consensi fini a se stessi. Le parole possono essere vento e pioggia, ma le parole hanno un peso. Hanno un’anima. Devono avere un cuore. E il Blogger che le usa, che le “spaccia”, deve metterci il suo di cuore in gioco. Affinchè, malgrado tutto,  possa risuonare dentro ognuno di noi quella voce interiore, figlia del disincanto, ma capace di visione e sogno: “but beautiful”… però Bello..!!


Il Cha no yu (la cerimonia del tè), rito sociale e spirituale giapponese praticato in una stanza dove tutti gli uomini sono uguali, dove l’ostentazione non è ammessa. Nella tua stanza del tè entrano idealmente i tuoi tanti followers; sono tutti disarmati e offerenti amicizia?

Nella stanza del tè” è il luogo dove non si chiedono amicizia e amore ma si offrono. Come il tè. Come il pane. Roque Dalton sosteneva che la poesia è come il pane, di tutti. Come il pane ha un fine, un senso. Nutrire tutti. Il pane in una dieta “povera” è l’alimento di prima necessità. Così come la poesia, offerta come il tè. I tanti followers sono umanità che chiede, che cerca ristoro spirituale, un momento di pensiero gentile che fa riflettere e pacifica. Un’umanità che lotta, sopravvive, fatica, sogna, desidera, e cerca nutrimento, sorriso, complicità, condivisione e cuore, cuore, cuore. Tutti noi abbiamo bisogno di pane ed un sorso di tè. Come il nostro vivere. Piccoli gesti di coraggiosa, spesso eroica, caparbietà, resistenza, resilienza. Siamo tutti disarmati. “Nella stanza del tè” è il luogo dove dissetarsi per riprendere il cammino.  Dove quello che è nascosto sia presente. Dove la parola è profonda, discreta, gentile. Perché “La gentilezza nelle parole crea fiducia; la gentilezza nel pensiero crea profondità; la gentilezza nel dare crea amore.” (Lao Tzu).
  

1     La Route 66 (feel the freedom) ha rappresentato l’icona della beat generation di Kerouack materializzando, in un certo senso, l’idea di libertà. L’epopea beat è’ stata poi usata e strumentalizzata in vari modi, ancorché, inoltre, largamente incompresa. La tua pagina ha un legame con quello che era il vero spirito di vivere “beat”, o è solo un omaggio ad un movimento iconoclastico?

“Route 66” è la metafora del viaggio, della vita in movimento. Di uno spirito di libertà, di apertura. Più “On the Road” di Jack Kerouc, che “Owl” di Allen Ginsberg. “Echi” di un movimento importantissimo, certamente ancora da approfondire. Nel contest di questa pagina il legame con lo spirito “beat” è sostanzialmente una citazione. Senza strumentalizzazioni,  né adesioni. Questa pagina sposa una visione di libertà come apertura, come accoglienza del mistero, delle domande irrisolte, del cammino a cui tutti siamo chiamati. Che lo vogliamo o no. E la modalità è di mettersi in cammino, aprire il cuore, dilatare la coscienza, per uscire da rigidità e visioni manichee, con la forza della parola, delle immagini, della musica.  Per Kerouac la  Beat Generation era una “Generazione Ritrovata”.  “Route 66 feel the freedom”, per restare nell’ambito dei riferimenti alla Beat Generation,  è un luogo, meglio ancora una “strada” che ha un cuore nel significato Beat-Whitmaniano di umiltà, un vuoto interiore (libero da sovrastrutture) ma  ricettivo alla visione. Disincanto senza rinuncia al sogno. Dove più di ogni meta possibile conta il viaggio. Un viaggio in se stessi. Il motto di questa pagina potrebbe essere: “Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati. Dove andiamo? Non lo so, ma dobbiamo andare.”  (Kerouac). E il manifesto, se proprio vogliamo restare nel “gioco” dei rimandi e delle ispirazioni, non può che essere  “non ti salvare” del poeta Mario Benedetti:

Non rimanere immobile
sull’orlo della strada
non raffreddare la gioia
non amare indolente
non ti salvare ora
né mai
non ti salvare
non riempirti di calma
non tenerti del mondo
solo un angolo quieto
non chiudere le palpebre
pese come sentenze
non restare senza labbra
non dormire senza sonno
non pensare senza sangue
ma se
malgrado tutto
non lo puoi evitare
e raffreddi la gioia
e ami con indolenza
e ancora ti salvi
e ti riempi di calma
e ti tieni del mondo
solo un angolo quieto
e lasci cadere le palpebre
pese come sentenze
e ti asciughi senza labbra
e dormi senza sonno
e pensi senza sangue
e giudichi senza tempo
e immobile ti fermi
sull’orlo della strada
e ti salvi
allora
non restare con me.

Jazzinversi e l'improvvisazione. Può divenire "veramente" ordinario ciò che nasce straordinario?

 Il Jazz è la metafora della vita. Per i grandi pionieri di questa musica ne è stato anche l’incarnazione. Suoni il tuo vissuto ci ricordava Parker, e Evans detestava le classificazioni ideologiche e le etichette e le teorizzazioni sul Jazz  e ripeteva che questa musica è feeling, scoprire una parte di noi che non conosciamo. Il Jazz è metafora della vita perché più di ogni altra musica ne traduce canto e graffio, l’alterazione degli accordi, o gli accordi aperti, i cromatismi, le dissonanze, le poliritmie, le melodie, raccontano una storia. La nostra. E nell’ordinario della nostra vita è celata, per essere rivelata, la nostra straordinarietà. Siamo unici ed irripetibili. Non esiste un altro noi. La nostra individuale verità, forza e fragilità, bellezza e brutalità, luce e oscurità, innocenza e consapevolezza, controllo e abbandono, siamo noi, tutto ciò che siamo ed abbiamo. La nostra ricchezza per amare ed essere amati. Il nostro ordinario “straordinario”. Nell’atto dell’improvvisazione l’anima si commuove nell’intuizione dell’istante. Questo è il senso nella mia pagina, del recente evento “Storie di ordinaria improvvisazione”. La nostra vita, come ogni grande esecuzione, improvvisazione jazzistica, è straordinaria. Quello che tento di fare attraverso questa pagina è cercare uno sguardo nuovo nell’ascolto, è liberare da rigidità e preconcetti, da tecnicismi elitari ed autoreferenziali, è ritrovare quella commozione, quel cuore che è proprio della nostra essenza e della musica. Per usare le parole dello psichiatra Nelson Mauro Maldonato “come espressione vitale e prodigiosa della creazione, l’improvvisazione è accompagnata dalla duplice cifra della sua possibile esistenza e della sua scomparsa. Si tratta di una forma espressiva che porta in sé lo scandalo della propria casualità, di una natura enigmatica, di un’immediatezza insoddisfatta e inesplicabile. Non somiglia a niente. Anche per questo, comprenderne le connessioni metaforiche, le intuizioni, le trame profonde, è tra i misteri più affascinanti della conoscenza. Tutti dovrebbero tenerla nella massima considerazione. Ad ogni livello”. Noi stessi siamo questo mistero. Straordinario. L’ordinario è solo un velo dello straordinario da scoprire e riscoprire sempre. Solo l’arte, con la sua enorme forza – sosteneva Rilke – “proietta nel nostro cuore oscuro e inesplicato, come specchi rovesciati, l’inconsapevolezza e l’imperturbabilità delle cose. L’arte ha il compito di salvare le cose. Ma salvarle vuol dire sostituire l’opera dello sguardo con un’opera del cuore: l’unica che apre orizzonti mentre altri tracciano confini”. Vedere lo straordinario nell’apparente ordinario. Questa è la sfida e la novità di questa pagina: una rilettura della discografia Jazz, attraverso il cuore e lo sguardo di chi ascolta, piuttosto che come trama storico-tecnico-musicale dei giganti che hanno reso grande e affascinante questa musica. La rivelazione della nostra ordinaria straordinarietà attraverso l'ascolto di questa musica straordinaria.

3    Quattro pagine facebook ed oltre 50.000 followers: il tuo grande impegno nella ricerca di temi ed argomenti da proporre è molto apprezzato: nella tua sfera cosa vedi nel prossimo futuro?

Pier Paolo Pasolini fu un grande critico del consumismo. Precursore di grande intelligenza ed intuito, capì come “l’edonismo della società consumistica” stesse appiattendo ogni cosa: persone ed idee. Il mio impegno nel Social-web nel gestire (da solo) le mie pagine è tutt’altro che semplice. Ricerca continua di testi, immagini, musica. Un fiore nel deserto, al cui profumo non rinuncio. Almeno per ora. Credo che la risposta all’edonismo vorace, arrogante, massificante, sia la via della Bellezza. In senso poetico, letterario, social-divulgativo, musicale, filosofico, teologico. Di certo questa “ricerca” fa bene a me. Mi consente di “resistere” al processo in atto di impoverimento dell'anima che pensa, riflette, si interroga, ama. Le mie pagine sono il successivo tentativo di condividere questo percorso. Se serve anche solo ad una persona, delle tante che seguono le pagine, ad aprire una finestra nel proprio cuore e moltiplicare così questa con-divisione, allora ne è valsa la pena. Del futuro non so. Ho qualche idea ma.. la scopriremo solo vivendo.

...
Non smette mai di sorprendermi Piero da quando lo conosco, dal lontano, oramai, 1995. La sua cifra culturale è cresciuta di pari passo con il tempo trascorso ed al suo impegno nel cercare di diffonderla nel contesto nel quale vive, Umbria, prima Assisi e poi Perugia, non tralasciando i circa 10 anni vissuti a Varese, dove ci siamo conosciuti ed abbiamo iniziato a frequentarci. Gli devo molto, perché è lui che mi ha inoculato il virus della scrittura durante le nostre interminabili discussioni sull'arte, la musica, la letteratura, la pittura ... su ciò, in definitiva, che chiamiamo cultura. Nell'attuale società, definita liquida da Bauman, Piero si erige quale monolite solido ed incrollabile di divulgatore culturale; averlo ospite sul mio piccolo blog è per me qualcosa di veramente speciale ...