mercoledì 19 agosto 2015

ROMA - MONACO DI BAVIERA - PRAGA - BERLINO - ROMA . Capitolo 5 -

(cronaca di un viaggio in treno avvenuto nell'anno di grazia 2006 - vedi post precedente del 29 giugno 2015)

13 agosto Berlino, sera.

Appuntamento al Check Point Charlie, alla garritta, trovo fra i messaggi ricevuti. È di mio cugino A. in vacanza da queste parti.
Gli rispondo se mi sta prendendo per il culo.
E' un posto famoso …”, continua a scrivermi convinto.
Siamo a Berlino da venticinque minuti, una maggiore precisione ...?” digito sul mio cellulare rosso da donna, con la scritta Elle che non so bene perché lo uso, e dicendo a G.:
- Questo è proprio un fattone, guarda che cazzo di appuntamento ha cercato di darmi … Check Point Charlie, non ci dorme la notte … che fattone …
- D’altronde è tuo cugino dice laconico G. mentre tira su i jeans.
- E' proprio tuo cugino. …. E ride.
Viene da ridere anche a me.
Dieci minuti dopo lampeggia sul piccolo schermo della mia possibilità di comunicare con persone lontane, che premendo un tasto può diventare uno specchio,  l’indicazione di una linea metro e la stazione di fermata.
Reattivo, se non altro.
Il rendez-vous è alle cinque e trenta. Bagnati ma puntuali ci infiliamo in un fast-food iraniano, credo. Chiediamo due hamburger. Ci consegnano, chiavi in mano, due dischi volanti. Io ne mangio metà, nonostante non abbia assimilato nulla dalla sera precedente. G. se lo divora. Nel mentre spuntano in tre. A. e due suoi amici. Dopo i convenevoli di rito e chiesto dove acquistare erba, Rosenthaler ci viene riferito, viriamo tutta a dritta al museo giudaico. All’entrata si accodano a noi una pankettona abruzzese che vive a Berlino da ottobre scorso ed una buffa cinese che parla solo in inglese.  Guidati dalla calda e calma mano della marijuana ci immergiamo nell’epopea degli ebrei berlinesi. Dalle origini all’olocausto. Fra oggetti e foto, ritagli di giornali e sacre scritture, un terrificante filmato di nulla in tridimensionale e l’angosciante torre dell’olocausto, dove entri e una porta ti si richiude dietro, lasciandoti in un chiaroscuro soffocante, in cui da una fessura in altro filtra un debole luce sfiancata dalla pioggia e dietro le nostre spalle attaccata al muro c’è una scala che nessun umano di normali dimensioni potrebbe mai raggiungere. Ci assale una fastidiosa forma di panico che muore nell’angoscia. Se voleva questo chi l’ha costruita ha ottenuto il suo risultato.
Almeno con noi due.

Due cose sono infinite. L’universo e la stupidità degli uomini
 (A. Einstein)

All’uscita troviamo la cinese seduta con la testa fra le mani.
"Cazzo, deve proprio averla colpita questo posto", penso io mentre mi siedo al suo fianco.
Forse la torre ha avuto su di lei un effetto ancora maggiore di noi. Abbozzo un timido tentativo di indagine. La cinese mi risponde che no, ha solo fame ed è stanca.
Mi viene da ridere.
Poi il resto della truppa si ricongiunge. Fumiamo altra erba nel tragitto che ci porterà a cena. Prima però facciamo una tappa a Rosethaler per rifornirci.
Finiamo in un ristorante libanese. La caratteristica è questa: ti siedi fuori, poi decidi cosa mangiare, entri, ordini, passi al frigo e tiri su quello che vuoi, torni a sederti, ad un certo punto quello dal banco urla il nome del piatto, o dei piatti, ti alzi e te lo vai a prendere.
Ovviamente tutto questo avviene nell’incomprensibile, per noi e la cinese, lingua tedesca che invece la pankettonaabbruzzesemaresidenteaberlino manovra con estrema disinvoltura.
Abbiamo ordinato, grazie a lei che ci ha tradotto i menù, carne di agnello in salse varie. Un’ottima scelta a giudicare dalla voracità con cui i nostri piatti tornano a mostrare il fondo.
O più semplicemente fame tossica.
Ma per lo stomaco cosa cambia?
Voleva ed ha avuto.
Sapore e gusto abitano ad altezze per lui irraggiungibili. E probabilmente neanche le vuole raggiungere.
Chiudiamo, involontariamente, la notte in un ritrovo gay. Se ne accorge A. guardando le coppie che sono sedute nel locale. Uomouomo donnadonna.
Poi arriva il cameriere. Anellino al naso e bicipiti in mostra. Tagli degli occhi orientale. Parla flebilmente con la pank al nostro seguito, che contemporaneamente parla con lui in tedesco, con noi nella sua lingua madre e con la buffa cinese in inglese.
Come cazzo ci riesce”, dico io, eccitato ed affascinato dalla pankettona.
Che cazzo volevi che facesse su quelle cazzo di montagne in Abruzzo d’inverno …” mi dice sorpreso G., come se l’equazione sei dell’Abruzzo parli tre lingue sia alla base della matematica moderna ...
Però, in effetti ...
Poco dopo arrivano le birre.
Entra una coppia etero.
Sono fuori in due minuti.
Noi da prima.
La metro chiude le porte.
Noi gli occhi.
Buonanotte.    

14 agosto Berlino

Il sole risplende alto ed imperiale, almeno da queste parti. La canna mattutina permea di tranquillità i nostri spiriti. La pianta della metro è quasi sempre capovolta. Ma visto che lo siamo anche noi la cosa funziona a meraviglia. Arriviamo alla porta di Brandemburgo giusto in tempo per l’appuntamento con le napoletatine conosciute alla stazione ferroviaria di Praga. Bacini e via, sul lungo viale che ci condurrà dall’angelo esultante per la vittoria di una guerra, non ricordo quale visto che la Germania ne vanta parecchie nel suo curriculum vitae. Ci arrampichiamo a fatica nel ventre dell’angelo su di una ripida scala a chiocciola. Io arrivo ultimo. E scendo per primo. E aspetto. Che si rolli una canna. Che questa giornata prenda la giusta aria. Che il nostro mondo cambi prospettiva. Che la smettano di spararsi addosso. Per le prime tre posso garantire. Per l’ultima la speranza è sempre l’ultima a morire.
Ci facciamo una canna.
Entriamo in sintonia con gli elementi naturali.
Ognuno di noi ha il suo punto di vista.
Da qualche parte del globo però sembra che ancora si sparino.


14 agosto pomeriggio Berlino

Su di una arabescata nuvola attraversiamo la città, from est to ovest. Fra pazzesche risate fino alle lacrime e strade sotterranee da ricercare. O in sopraelevata. Destinazioni che si incrociano in punti di scambio, valutazioni se prendere l’ autobus, orari ed una birra ogni tanto. Nella splendida atmosfera berlinese. Fra biciclette e residui  del movimento punk, porsche cabriolét e autobus lindi, corse ai semafori pedonali, che durano non più di tre secondi e alla nostra velocità rischiamo ogni volta di finire nelle grinfie di qualche automobilista assetato di sangue, e file agli stessi, perfettamente incolonnati, smarriti fra i cieli di morbidi palazzi in perfetta sintonia con l’ambiente che li circonda e suonatori di violino nelle stazioni delle varie linee della metropolitana.
Le napoletatine si divertono. Noi anche.
Berlino lo stesso, sembra.
Le berlinesi sono bone.
L’erba pure.
Vediamo il cartellone del Vladimir Luxuria locale candidato per le amministrative berlinesi.
Un riposino?” viene buttato lì da qualcuno nell’ultima pausa prima che scenda la sera su Alexanderplatz.
Ci accordiamo con V. e S..
Appuntamento alle dieci.

See you after.


14 agosto notte Berlino

Mangiamo un’ottima pizza in un quartiere elegante della città. Poi ci sediamo in un lunge bar poco più avanti. Mi costringono a bere un qualcosa chiamato sexonthebeach, visto che ne avevano parlato a cena le napoletatine, esaltandone il gusto.
Era meglio il mio solito negroni.
Stranamente, o forse solamente stanchi, non chiediamo il bis o qualcosa di diverso. Dalla fontana sulla nostra sinistra all’interno del locale arrivano spruzzi d’acqua. Dalla stufa alla destra un rassicurante calore.
Una splendida valchiria bionda nei pressi dell’uscita, e in attesa del resto della sua compagnia, mi guarda più volte. Io contraccambio aggiungendo un sorriso. Arrivano le sua amiche. Hanno un cenno d’intesa. Poi lei, mentre si volta verso la sua direzione, mi regala il più adorabile fra i sorrisi che ho ricevuto in regalo finora durante la mia piccola traversata della mittleeuropa, aggiungendo un delicato saluto con la mano.
Guardo verso l’orizzonte e sospiro. G. V. e S. sono in silenzio.
Che ci accompagnerà fino al punto di scambio.
Noi un treno.
Loro un altro.
Bye bye.