mercoledì 26 agosto 2015

IL MIO TEMPO

Cerco di ricostruire il mio tempo, in un contesto statico, soporifero, inerte, nel lascivo scorrere di quello che consideriamo tale, tracimando dall'ossessione all'osservazione, nel dipanarsi degli anni frantumati nei giri perpetui del pianeta attorno alla sua stella.
Consapevole della caducità  che gli è propria pur nell'apparente infinità, lo riconsidero metabolizzandolo nel suo incedere, lento prima, inesorabile dopo.
Mi corrode, ma non mi da più ansia, è questo il grande cambiamento. Ora sono capace di attendere, calmierando quella frenesia che lo ha contraddistinto, facendolo volgere nell'assaporarlo.
Pur correndo apparentemente mi sembra si dilati, invece, in un senso di un'ampiezza che mi era sconosciuta prima, e riesco a renderlo mio, compagno di un cammino che è entrato in una nuova dimensione, statica, vero, soporifera, vero, inerte, vero.
Ma certa, viva, indissolubile.
Certa, in quanto esistente; viva, in quanto continua; indissolubile in quanto eterea.
Ci nuoto dentro e posso plasmarlo invece di subirlo e lasciarmi plasmare; sembra nulla ma tutto cambia: prospettiva, esegesi, contaminazione.
Uno specchio deformante di una realtà non più assoluta, ma relativa, condizionata, vellutata anche nell'asprezza e morbida anche nella durezza.
Nel suo correre ora il mio tempo non ha più tempo, arrestandosi in momenti che mi portano a ricalcolare la mia posizione nell'universo che muove verso un punto prestabilito, certo nell'incertezza, consapevole nell'ignoranza, pragmatico nel futile.
Il tempo ora ha tempo, quale significato estremo del significante, ancora puerile e ottuso, certo, ma chiaro,  abbagliante nel suo manifestarsi.
Non mi viene più di voltarmi dietro.
La linea dell'orizzonte non è più così lontana, irraggiungibile.
Si può, si deve, si vuole,

Accetto il tempo, ora, nel mio apparente immobilismo, perché muovere non è più dinamico ma celebrale, e questo, questo rende il tutto meno esoterico ...

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