sabato 11 novembre 2017

ANA - E COSI' SIA


(SERIA ANA - EPISODIO QUATTRO)

Riesco, non so bene come, ad ottenere un altro appuntamento con ventiquattroannidiculoeditette, Ana per la precisione.
Un secondo appuntamento,  un invito a cena; non male come idea anche se per niente originale, ma tant'è.  Certo, potevo provare a noleggiare un charter e portarla a bere un aperitivo a Parigi, per poi portarla a ballare nella calda notte di Barcellona? Certo,  poteva essere una grande e bella idea; magari la prossima volta cerco di organizzarmi meglio.
            Sono sotto casa che l'aspetto, ed eccola! cazzo! sono senza fiato ... è così bella, ma fuori dal finestrino sembra guardarmi con un aria che non so se sia completamente stupida o solo terribilmente agitata. Sale comunque in macchina, mi saluta con un bacio sulla guancia ed un languido "ciao", poi, per rompere il ghiaccio credo, inizia freneticamente a descrivermi cosa fa nella vita; anzi cerca di farlo, perché io sinceramente non è che capisca molto di quello che sta dicendo, abbagliato ed inebetito dalla sua presenza che in quel momento trascende come impalpabile e divina.
            Mentre rotoliamo a passo d'uomo in una Roma velata da una dolce notte mi sembra di capire che dovrebbe frequentare una specie di scuola superiore d'arte, ma s'incasina più di una volta nell'intercedere nel parlare, o forse m'incasino io nella ricezione delle sue parole, così alla fine credo di aver capito che non conclude in concreto un bel niente; quando glielo dico mi guarda inferocita, si inferocita è il termine giusto, ma fortunatamente la sua reazione mi fa sbottare in una grassa risata che riconduce le nostre anime in una tranquilla e rilassante ansa temporale.
               Decidiamo così di dirigerci verso San Lorenzo per cenare; come in un ulteriore segno di trascendenza trovo parcheggio fuori dal posto che lei mi ha indicato per mangiare. In un attimo ci ritroviamo seduti in un tavolo in fondo al locale, dove ci ha accompagnato una deliziosa inserviente con un forte accento campano, probabilmente una studentessa universitaria che si guadagna qualcosa lavorando la sera.
         Ordiniamo una "Cacio e Pepe" accompagnata da un vino rosso locale, che si rivela subito molto scadente ma che riesce comunque a detergere l'ansia strisciante che ci ha accompagnato fino a quel momento liberando finalmente parole non più prigioniere della formalità che le aveva ingessate nel pur breve tempo intercorso fra il ciao e l'ordine alla cameriera, permettendomi, così, di perdermi  nei suoi grandi  occhi neri, di essere rapito dal suo sorriso, dal  candore della sua pelle, dal suo gesticolare e dalla sua voce, assurta a una dolce melodia che mi permea estasiandomi.
            Mi ritrovo d'un tratto completamente nelle sue mani, come ipnotizzato; può prendermi a calci e io la lascerei fare; mentre mi parla riesco solo a visualizzarla sorridente sotto una cascata d'acqua nella più verde delle oasi che ride e gioca con me, che mi abbraccia, trascinandomi, infine, in un bacio delicato e vorace, senza fine.
            E poi, ancora, appesi ad un ramo nel verde lago sotto la cascata, e  in quel liquido primordiale vengo inghiottito da lei completamente e diveniamo un tutt'uno; in un infinita e impavida leggerezza il mondo sembra rinascere di nuovo, fra baci, carezze e corpi fusi, ansimanti, violenti e teneri, infernali peccatori in un eden dimenticato, unici, indivisibili, in un orgasmo che sta per esplodere soffocato nei gemiti di un abbraccio che ci lega, noi, io e lei ...
              Per secondo?
            La pur suadente voce della cameriera mi riporta bruscamente alla realtà: la guardo  come guarderei un'anatra parlante e pur sorridendo muovo l'indice da destra a sinistra declinando l'offerta, usando tutta la delicatezza che quell'interruzione non apprezzata al momento mi consente. 
             Ana ordina invece della carne, che mangia con ancora discreto appetito non appena gli viene servita; finiamo poi il vino, finiamo la sigaretta accesa dopo un amaro rigenerativo,  pagando al termine il conto e ci ritroviamo in strada, per finire in un altro posto dove servono drink.
            La nostra conversazione procede spedita come i miei ormoni in subbuglio nella mia pancia, tanto che credo che mentre le parlo io abbia un'aria da maniaco sessuale perché penso alle sue tette, al suo culo, alla sua bocca e chissà che cazzo sto dicendo. Infatti non passa molto che mi chiede di andare via. 
           Usciamo e le dico di guidare, un po’ perché non ne ho voglia, un po' perché sbaglio sempre strada in questa città  e così, pur se controvoglia si mette al volante.
            Mentre guida le guardo le mani, poi guardo fuori, poi ancora le mani, poi fuori e poi ancora le mani, che mi appaiono grandissime, enormi, tanto che sembrano avvolgere tutto il volante della macchina. Ho un sussulto, ma faccio finta di niente. Forse è un effetto collaterale dell'alcol, ad un certo punto vedi le cose giganti. Per una qualche ragione o come per uno strano ed irrazionale riflesso condizionato per un momento decido di guardarmi tra le gambe così per una volta potrei paragonarmi che ne so' a quell'attore  di porno molto famoso, di cui adesso non ricordo il nome, e che ha un attrezzo di lavoro spropositato, ma fortunatamente ritorno lucido e mi accorgo che siamo sotto casa sua e quindi sarà per la prossima volta.
            Saliamo?
            S A L I A M O?
       Neanche nella mia più ottimistica visione della serata ero riuscito a convincermi che mi avrebbe chiesto di salire a casa sua nel dopo cena, ma poi perché no?
           E certo che saliamo!
          L'allineamento dei pianeti che gravitano attorno alla mia stella in questa serata sembrano il più promettente segno astrale che potessi mai ricevere nella mia vita,  ma dopo un promettente inizio di riscaldamento, fatto di tutte le cose fatte al momento giusto, nel momento in cui avrei dovuto celebrare la divinità pagana cui mi stavo appellando da tutta la sera mi chiede di mettermi il preservativo. Nel silenzio che sembra calare all'improvviso dal soffitto mi rendo conto di non possedere un preservativo, e, oltre a ciò, se mai non fosse già abbastanza, non so neanche dove cazzo andarlo a prendere un preservativo; come colpito da un ictus mi lascio cadere sul letto, obnubilato dal ritmo sincopato del mio respirare mentre mi do del minchione per non aver pensato a dotarmene prima di avventurarmi nella notte con lei.

silenzio.

           Poi lei si alza, si china sul comodino di fianco al letto,  vi fruga dentro e poi la vedo voltarsi verso di me sorridendo: sul palmo aperto della stessa mano appare, come in un gioco di prestigio, un condom.

silenzio.

             Deglutisco nella sorpresa, sorrido anche io e ora tutto sembro tornato in una apparente normalità, ma, per l'appunto sembra; non avendolo mai usato prima nel tentativo di indossarlo mi manifesto come un avatar di un adolescente alla sua prima volta. Così dopo un paio di tentativi desisto e abbasso lo sguardo, inghiottito dalla tremenda figura di testa di cazzo che sto facendo, umiliante, deprimente, inenarrabile.            
            Ana mi guarda perplessa, ma nell'incantesimo che sto vivendo i suoi grandi occhi sembrano consolare i miei, appassiti e vitrei; forse mi sta solo prendendo per il culo, già forse; ma poi mi abbraccia, mi bacia, mi stende sul letto e sale a cavalcioni su di me. Inizia molto lentamente, ha gli occhi fissi nei miei. Lentamente le sue mani scorrono sul mio corpo, e io mi unisco al suo movimento, accompagnandolo, lentamente. Poi chiude gli occhi,  riaprendoli subito in una smorfia di dolore e piacere, aumentando la danza che balla su di me, senza frenesia, sciogliendo le briglie che sembrano legarci; inarca la schiena, si abbassa, mi bacia, si alza di nuovo, il ritmo adesso è una danza tribale che sprigiona adrenalina ad ogni sussulto, che si tramuta in sudore che imperla il suo viso ora angelico, lasciandosi, infine, cadere sul letto. Ora sono io sopra di lei, un bacio, due tre, e nel sussulto dei nostri corpi a contatto spingo dentro di lei tutto me stesso, mi sollevo ancorandomi alle sue mani, la guardo,  il nostro ballo ora è cadenzato, regolare; sprofondo nuovamente nella sua bocca, che  sembra inghiottirmi, sento i seni, li tocco, li mordo, li lecco e li mordo di nuovo, torno a muovermi lentamente, gli accarezzo i fianchi, poi le sue gambe si alzano, le ho davanti a me, e il mio movimento diviene violento, gira la testa, la gira di nuovo, e fradici di sudore anneghiamo alla fine nell'eruzione dei nostri fluidi corporali ...

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