venerdì 8 settembre 2017

ANA - ancora lei


  
(SERIA ANA - EPISODIO DUE)

sono di nuovo in quel locale di merda. ho conservato lo scontrino dei negroni bevuti nel bar del centro il mercoledì antecedente a questo sabato. sopra ci ho scritto "brava! ma non mi è passata la voglia di vederti". ho aggiunto anche il mio numero di telefono, anche se con poche speranze, anzi nessuna. 

            arrivo al banco del bar e lei non c'è. chiedo. mi indicano freddamente quello dall'altra parte del localedimerda, ed è lì che vado, con una certa decisione. 

            quando alza gli occhi da quello che fa incrocia il mio sguardo, restando sospesa a metà strada fra l'imbarazzo e la sorpresa. non dico niente. poi ordino un cuba libre  con la consumazione garantitami dal biglietto d'ingresso e insieme a quello le lascio fra le mani anche lo scontrino del bar del centro e torno nell'altra ala della sala.

            a perdermi fra le marionette danzanti che affollano la discoteca, indisturbato e consapevole della mia unicità nei confronti del mondo, esaltato dall'alcol e dall'adrenalina in circolo nel mio sistema nervoso a livelli gargantueschi, sentendomi due volte più grande, ma anche due volte più stronzo. 

            quando dopo svariati drink alcolici si accendono le luci chiare comprendo che è la festa è terminata, come i miei soldi evaporati nell'acquisto delle consumazioni acquistate senza soluzione di continuità. cerco così, con un certo affanno ed una vistosa instabilità motoria l'uscita e me la trovo davanti. sono sfatto, ma cazzo mi sembra ancora più bella. marmorea, li in mezzo alla sala che si sta svuotando, divina e diabolica, straripante nelle forme, gentile nei modi. 

            devo dirti che ho un fidanzato.

            devo dirti che mi piaci.

            devo dirti che ... 

            non mi dire più  nulla. non m'importa. esco e fuggo via. è ancora notte. deve essere presto. salgo rapido la scalinata per arrivare al parcheggio dove ho la macchina e mi accorgo di essere solo. come da tanto, troppo tempo. ammuffito nel mio spicchio di mondo. flagellato da un uragano di spilli che mi si conficcano nella pelle e mi procurano un dolore lancinante e continuo, ormai ai limiti della sopportabilità. solo, come sempre al ritorno, solo, come sempre al mattino, solo, come sempre negli interminabili pomeriggi, nelle desolanti domeniche, negli odiati giorni di festa. solo, come un randagio che cerca solo di sopravvivere, come un barbone deluso dalla vita che rovista nella spazzatura e accatta tutto quello trova fra gli avanzi. solo, come un ergastolano in isolamento, come un condannato a morte che aspetta. solo. 

            alla fine della rampa, per una qualche ragione incomprensibile mi volto di scatto, inciampo e cado. la ripercorro così al contrario, ma stavolta scivolando sui gradini a testa in giù, battendogli ripetutamente sopra con la nuca come un cartone animato, arenandomi, infine, sull'asfalto umido dove avevo iniziato ad ascendere. 

            arrivano anche i miei compagni di scorribande notturne, e finalmente esplode fragorosa una risata, liberatrice, coinvolgente, satanica. 

            mi alzano. ridono. rido anch'io, fino alle lacrime. e all'improvviso il deserto intorno a me si rianima come il più pazzo dei bazar ...

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