martedì 29 novembre 2016

SI O NO?

In questi ultimi giorni dell'anno il tema dominante che sta coinvolgendo a tutti i livelli la società italiana è la proposta di modifica della legge costituzionale che sarà oggetto di referendum popolare il prossimo 4 dicembre; premetto che non essendo un elettore attivo, nel senso che non mi reco a votare da oltre venti anni, non ho alcun interesse al risultato della consultazione che avverrà a breve.
Quello che mi interessa è come la questione è pubblicamente discussa, al di là degli interessi di parte che tentano di indirizzare l'elettore dove vogliono che vada.
La Costituzione, costituita da un blocco di norme suddiviso dai Padri Fondatori in due parti (Diritti e Doveri dei Cittadini e Ordinamento della Repubblica), istituisce i Principi Fondamentali sui quali è basata la nostra attuale democrazia partendo dall'assunto decretato dall'art. 1: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".
E' stata approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre del 1947 (a breve, quindi, compirà 69 anni) e promulgata dal provvisorio capo dello stato dell'epoca Enrico De Nicola cinque giorni dopo, il 27 dicembre, data della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 298 edizione straordinaria, ed è entrata in vigore il 1° gennaio del 1948.
Ora, come tutte le leggi di cui ci siamo auto dotati, è pacifico che possa essere modificata se non interamente riscritta, in virtù di nuove esigenze che l'attuale organizzazione societaria può richiedere.
Non ha origini trascendenti, ovvero carattere immanente, non è migliore o peggiore di tutte le altre leggi costituenti esistenti, è sconosciuta alla maggior parte della popolazione italiana, e, sopratutto, è stata scritta affinché il periodo di dittatura che ha preceduto la nascita dell'attuale democrazia non possa ripresentarsi in forma legale, ovvero possa essere possibile esclusivamente tramite un'azione di forza e non  suggellato, quindi, da una votazione popolare.
Restano, dunque, parole scritte su di un foglio di carta da poche persone, che in quel determinato periodo storico si sono fatte carico di farlo, in ragione di dare un nuovo ordine ad un paese devastato dalla partecipazione alla più grande guerra mai combattuta sul pianeta; al di là del valore etico di quanto prescritto nella Legge Costituente, credo che prendere atto di ciò sia ineludibile prima o poi.
Quello che dovremmo valutare non è se modificarne una o più parti ma, bensì, se quanto indicato nella stessa abbia ancora oggi un valore imprescindibile al quale la nostra società non possa, o voglia, rinunciare.
Ho già avuto modo di scrivere come il tentativo di promulgare una Legge Costituzionale dell'Unione Europea (l'accordo di Lisbona) sia stato bloccato nei paesi nei quali l'approvazione non è stata tacita, ovvero parlamentare come nel nostro, ma sottoposta a referendum consultivo,e di come la continua cessione di sovranità alle istituzioni europee abbia già implicitamente inciso sulle regole supreme accettate nel 1947. 
La nostra società sta cambiando molto più velocemente di quanto potesse essere stato ipotizzato alla fine della seconda guerra mondiale, e l'evoluzione costante abbisogna di decisioni rapidi che l'attuale potere legislativo non può prendere in virtù dei meccanismi di approvazione cui le proposte di legge devono sottostare, appunto, in ragione delle Legge Costituente.
Credo anche che però tali decisioni debbano essere prese in forma ampiamente condivisa da un governo che abbia titolo per farlo, non quindi da quello attuale, frutto di un ignobile compromesso basato su di una ipotetica ragion di stato, che legifera in violazione della costituzione che ha proposto di modificare.
Noi scriviamo le leggi e noi possiamo cambiarle, questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Nulla di quello che viene proposto ha origini divine in quanto prorompe da uomini e non da dei. Nulla è immutabile. Nulla, infine, può essere per sempre.
Ma nulla, direi anche, può essere proposto da chi non ha alcun diritto di farlo.



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